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CIS: previdenza integrativa, l’importanza del Fondo

da Redazione

IMG_3993Parliamo di riforma previdenziale a San Marino, dell’introduzione del secondo pilastro contributivo. Intervista a Marco Micocci, Vice Presidente del Credito Industriale Sammarinese. “Il FondISS? Un modello virtuoso, ma serve una governance adeguata”.

di Saverio Mercadante

 

IMG_3993Il Prof. Marco Micocci (nella foto), Professore Ordinario di Matematica Finanziaria ed Attuariale presso l’Università degli Studi di Cagliari, Vice Presidente del Credito Industriale Sammarinese S.p.A., è stato uno dei relatori del convegno organizzato dal CIS “Previdenza integrativa e assistenza sanitaria: parliamone”. Lo abbiamo intervistato sulle questioni che girano intorno ai temi proposti dall’incontro e che riguardano il futuro di milioni di persone e naturalmente anche dei sammarinesi.

Per garantire che lo Stato tedesco, tanto per fare un esempio concreto, possa pagare le pensioni occorre che gradualmente l’età dell’uscita dal lavoro sia alzata: la legge in vigore prevede che al 2029 tutti lascino l’impiego a 67 anni. Ma non basta. Questo limite andrà alzato a 69 anni entro il 2060, cominciando ad allungare il periodo di lavoro con gradualità da coloro che sono nati nel 1977. E’ questo il solo unico futuro, di fatto non smettere mai di lavorare, per non far crollare il sistema?

“Non solo la Germania ma tutti i paesi di vecchia industrializzazione stanno sperimentando l’allungamento della vita attiva dei loro lavoratori mediante la previsione di età di pensionamento più avanzate, meccanismi automatici di retirement age shifting (all’aumentare della longevità della popolazione) e parificazione delle donne agli uomini per quanto attiene i requisiti di pensionamento. Dovrei dire che la risposta alla sua domanda è ‘sì’ nel senso che in virtù delle dinamiche demografiche e macroeconomiche delle nostre nazioni non si vedono alternative praticabili nel breve e medio termine all’inasprimento dei requisiti pensionistici”.

Si allungano le aspettative di vita, nelle cosiddette società avanzate la natalità decresce verticalmente, i sistemi previdenziali affrontano difficoltà mai conosciute in passato. Nella cornice dell’introduzione di nuovi pilastri un nuovo patto tra pubblico e privato per la trasparenza e il controllo dei risultati diventa decisivo per il cittadino?

“Direi che la trasparenza è solo condizione necessaria ma non sufficiente per evitare che le ricorrenti crisi economico-finanziarie si scarichino sugli iscritti al secondo pilastro (nel caso di San Marino la previdenza complementare obbligatoria). Difatti non c’è dubbio che durante la recente crisi dei mercati finanziari tutti i fondi pensione europei a contribuzione definita fossero largamente trasparenti e, in molti casi, pubblicassero tutto ciò che li riguardava addirittura su web. Tuttavia i fondi scampati alla flessione dei mercati sono solo quelli che hanno impostato la loro governance sul controllo attivo del rischio; normalmente queste realtà hanno affiancato al CdA un consulente (advisor, ndr) in grado di segnalare in tempo reale il verificarsi di eventi di crisi, hanno strutturato dei mandati di gestione flessibili ed hanno costruito processi decisionali in grado di facilitare la reazione alla crisi al fine di consentire un’uscita rapida da tutte le situazioni potenzialmente pericolose in cui il fondo poteva incorrere. Il monitoraggio del rischio ovviamente deriva dall’applicazione di modellistiche specifiche che tengono in conto anche l’aspetto soggettivo”.

Fondi a contribuzione definita, fondi a prestazione definita. Può spiegare ai nostri lettori cosa sono e come influiscono sugli obiettivi previdenziali?

“Riferendoci al secondo pilastro, parliamo di fondi a contribuzione definita per individuare fondi che investono i contributi degli iscritti man mano che questi affluiscono ed al momento del pensionamento erogano una pensione che dipende dai contributi versati e dai rendimenti realizzati dalla gestione finanziaria. E’ evidente che in questo caso migliore è la gestione della finanza, più elevata sarà la pensione. Un’altra cosa è un fondo a prestazione definita che eroga una pensione sulla base di regole predefinite ma legate solo indirettamente alla contribuzione: per esempio un fondo a prestazione definita è un fondo che per ogni anno di servizio riconosce una percentuale dell’ultimo stipendio, o della media degli ultimi stipendi; un altro esempio di prestazione definita è quello nel quale la prestazione è addirittura nota dall’inizio, per esempio 500 euro mensili. In questi casi la contribuzione serve a finanziare il fondo e la gestione deve realizzare rendimenti sufficienti a pagare la prestazione ‘predefinita’ ma se le cose vanno bene o male in termini di performance questo non interessa più di tanto all’iscritto, visto che la sua prestazione viaggia su regole diverse”.


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Più rischi nel medio e lungo periodo per i sistemi pensionistici ma anche più conoscenze. Quanto sono e saranno determinanti gli strumenti di calcolo attuariali per costruire modelli stabili che riescono a governare le eventuali crisi di sistema?

“La previsione su base attuariale è il minimo che si possa fare per conoscere in anticipo le future dinamiche dei sistemi previdenziali e di quelli sanitari ed il loro carico di oneri prospettici per la finanza pubblica. Prevedendo su base demografico–finanziaria gli sviluppi futuri si può intervenire con largo anticipo minimizzando e diluendo nel tempo quanto più possibile i sacrifici che graveranno sugli iscritti – assistiti”.

La non autosufficienza della persona in tarda età è il tema del futuro. Come dovrà essere declinato per non pesare troppo sui redditi delle persone?

“Anche qui la tempestività è fondamentale. Inserire in un collettivo relativamente giovane un programma di Long Term Care (copertura di non autosufficienza, ndr) chiamando tutti a contribuire consente di finanziarlo con importi decisamente modesti che, se il promotore è lo Stato, diventano oggettivamente contenuti rispetto al loro enorme valore sociale. Se lo stesso programma lo si propone in contesti più anziani diventa talmente più costoso da non essere praticabile. Le porto due mie recenti esperienze professionali dirette: un noto fondo sanitario italiano è riuscito nell’opera di gestire in proprio una copertura LTC precedentemente offerta tramite polizze assicurative in modo di ribaltare agli assistiti il lucro altrimenti goduto dalla Compagnia; il pieno successo dell’operazione è stato possibile in virtù delle caratteristiche demografiche degli assistiti. In un altro caso, invece, ci è capitato di constatare che il collettivo era ormai troppo anziano per poter autofinanziare una copertura LTC significativa. Ovviamente in questo secondo caso non è fruttuoso neanche il ricorso al mercato assicurativo”.

Il caso Casagit, la Cassa autonoma di assistenza integrativa dei giornalisti. Rimettere i conti in ordine governando la spesa facendo scelte mirate. Più oncologia meno aspirine. Basta solo questo, meno sprechi?

“Nel caso dei fondi sanitari non ci sono regole generali. Anche in questo caso l’approccio più fruttuoso è quello implicitamente descritto in precedenza ovvero l’analisi preventiva attuariale finalizzata alla comprensione dei rischi futuri ed all’intervento conseguente. Detto questo è ragionevole pensare che in un contesto di progressivo invecchiamento della popolazione l’attenzione e le coperture si sposteranno verso le situazioni più importanti a discapito di quelle routinarie”.

Nella nuova riforma sammarinese viene introdotto il FondISS. Un modello da esportare?

“Il FondISS è un modello virtuoso ma non è di per sé un modello nuovo perché incarna la concezione classica di un secondo pilastro a contribuzione definita. La parte sfidante dell’operazione FondISS sta, secondo me, nella strutturazione di una governance adeguata che riesca ad evitare ai sammarinesi quei rischi che si sono concretizzati per i lavoratori di gran parte degli stati europei nel recente passato a seguito delle crisi finanziarie del 2008/2009”.

Il principio della disincentivazione degli smobilizzi anticipati per garantire gli obiettivi è decisivo?

“Direi proprio di sì. Immagini di lasciare piena mano libera agli iscritti e di permettere a ciascuno di essi di attingere alla propria posizione per finanziarie qualsiasi necessità gli passi per la testa. C’è il rischio che molti di essi al momento del pensionamento si ritrovino con macchine nuove e belle ma con un tenore di vita che non gli consente di fare benzina quanto vorrebbero”.

 

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