di Alberto Rino Chezzi
La settimana scorsa ho avuto modo di conoscere la storia di due lavoratori, persone queste che pur non essendo cittadini sammarinesi, hanno dato il loro contributo professionale alle società per cui lavorano, con grande umiltà, serietà e professionalità. Contributo importante che è stato perciò dato anche al nostro Paese. Storie che vorrei brevemente raccontare. La prima è quella dell’allenatore del San Marino Calcio, Mario Petrone, che il 29 maggio, al termine di una prestazione esaltante contro la Carrarese, ha sfiorato la finale dei play off per il salto di categoria. Mario Petrone ha lambito l’impresa dopo un anno d’intenso lavoro, promuovendo i giovani della squadra, impostando un lavoro fatto di grande professionalità e umiltà. Con le risorse e budget a disposizione, che non sono certamente quelli di un grande club, ma di una squadra che appartiene a una realtà che sta vivendo un momento di grande difficoltà economica. Un professionista “pulito” che lavora in un ambiente, quello del calcio, balzato oggi alle cronache nella vicina Italia, per ben altri motivi. Il secondo è l’ingegner Gian Carlo Venturi, cittadino italiano frontaliero, dipendente della Cotes cui è stata conferita il 2 giugno la stella al merito del lavoro dall’Ambasciatore d’Italia a San Marino Giorgio Marini. Una persona l’ingegner Venturi, di grande umiltà e professionalità, che ha contribuito in maniera importante allo sviluppo dell’azienda per cui lavora. Con un profondo e sincero sentimento di gratitudine per chi l’ha accolto. Questi eventi mi hanno fatto riflettere profondamente sull’importanza che può avere per un Paese il contributo, onesto, professionale, silenzioso, rispettoso della nostra piccola Repubblica, da parte di tanti “stranieri”. Soprattutto in un Paese, San Marino, che ha conosciuto un importante fenomeno di emigrazione dei propri figli in tutto il mondo. Di “stranieri” però, ve ne sono tanti anche nel nostro interno, tra i nostri cittadini, che lavorano in silenzio nella pubblica amministrazione, facendosi carico di responsabilità e ricoprendo indirettamente ruoli che non sono i propri, senza prospettive di carriera, senza indennità. Quelli che chiamo i “veri servitori dello Stato”. Così come vi sono tanti lavoratori autonomi, commercianti e artigiani che da decenni lavorano onestamente, in silenzio e in umiltà, rispettosi delle leggi e producendo nello stesso tempo ricchezza per il Paese. A tutti questi “stranieri” non è mai stato detto un grazie, non si è mai riconosciuto il loro contributo a uno sviluppo sano della nostra piccola realtà. Sarebbe stato meglio, invece di licenziare leggi che discriminano, e quindi promuovono divisioni, tra frontalieri e residenti, tra dirigenti e impiegati, tra pubblico e privato, fare una piccola legge che riconoscesse il lavoro, quello vero, e non il facile guadagno, come fattore base dello sviluppo del nostro Paese. Che riconoscesse, in definitiva, anche i meriti di chi silenziosamente e onestamente ha dato e dà il proprio contributo a uno sviluppo sano di San Marino.