Home FixingFixing E’ già allarme rosso in tutto il mondo per una nuova bolla 2.0

E’ già allarme rosso in tutto il mondo per una nuova bolla 2.0

da Redazione

Goldman-Sachs

 

 

Nei mercati ipervalutazione per le imprese di grande successo in Rete. Per il sito Linkedin, in Borsa, un +110% in un solo giorno. Ma non solo: in internet molti altri esempi.

di Saverio Mercadante

 

Gli anni zero si aprirono sotto il segno del 5,408.62. E fu un disastro, una carneficina. Undici anni fa il Nasdaq raggiungeva l’apice a quota 5,408.62. VA Linux si quotò nel dicembre 1999 e il titolo balzò del 698% da 30 a 238.25 dollari. Pochi si accorsero del pericolo, lo sboom delle dot-com che avrebbe fatto sgonfiare la bolla della New Economy. Il Nasdaq crollò a quota 2,340.68,54. Da allora non ha mai più recuperato la vetta dei 5000. E un brivido corre di nuovo lungo la schiena dei nuovi re dei social network e degli investitori piccoli e grandi. I sintomi di un’altra drogata e malsana euforia ci sono tutti. L’ultimo: l´incredibile rialzo in Borsa del sito Linkedin (+110% in un giorno) viene guardato dal New York Times come un fenomeno da baraccone, ma che fa paura. Tanta paura. “L´azienda è ancora troppo fragile dovrebbe crescere in modo incredibile per giustificare un prezzo così alto”. Undici miliardi di dollari di valore in Borsa, per una società, una sorta di Facebook per contatti di lavoro,  che ha appena 240 milioni di fatturato. Gli scambi sul mercato grigio dove si vendono titoli non ancora quotati in Borsa o i prezzi che alcuni investitori hanno già pagato per assicurarsi delle partecipazioni, Goldman Sachs per Facebook e Jp Morgan per Twitter, sembrano senza senso. Da Shangai arriva un altro segnale sinistro: il sito Renren ha già perso il 20% del suo valore nella Borsa cinese. Eppure la Cina ha quasi mezzo miliardo di utenti Internet  che arriveranno a 700 milioni entro cinque anni. Il commercio online cinese è destinato a quadruplicare, dai 70 miliardi di dollari attuali a 300 miliardi. Intanto a Wall Street, i furboni di Goldman Sachs si sono già sbarazzati della quota in Linkedin, portando a casa la plusvalenza. L’eccessiva valutazione di questi fenomeni mondiali sta nel paragone con aziende storiche dagli enormi fatturati. Facebook, il social forum più famoso al mondo, mezzo miliardo di frequentatori,  ancora non si sa quando verrà collocato in Borsa. Viene valutato a 50 miliardi. E’ possibile che valga più della Boeing, l’azienda di jet sui quali da generazioni viaggia l’universo mondo? L’uccellino Twitter vale più della Ford. Groupon, offre coupon online per sconti su acquisti, lo abbiamo già raccontato nelle scorse settimane ha disdegnato i 6 miliardi che offriva Google per acquistarla: preferisce quotarsi in Borsa.  Sono sicuri di valere almeno 15 miliardi, anche se il suo fatturato è di soli 760 milioni. Ma continuiamo nel paragone con la bolla delle dot.com degli anni zero. Nel 2000 c’erano pochi utenti, utenti web sul fisso in crescita, modelli di business imprecisi, non c’erano precedenti di crisi, inflazione in discesa, crescita in occidente, era appena finita un’altra crisi finanziaria. Oggi, invece, molti utenti, utenti web mobile in crescita, modelli di business più chiari: almeno la pubblicità, inflazione in ascesa,  crescita in oriente, e sono ancora presenti gli effetti della precedente crisi finanziaria. Oggi come nel 2000 le banche gonfiano i titoli. E sono scarsi i parametri di valutazione. Undici anni fa, iniziava il successo commerciale di Internet e la crescita del mercato Pc. Oggi la tecnologia è “pervasiva”. Le applicazioni proliferano all´infinito e così le opportunità di guadagno per chi sa sfruttare queste piattaforme: si vendono ormai 450 milioni di smartphone all’anno. Un’altra somiglianza: anche all’epoca i venture capital spendevano moltissimo, mentre i ricavi delle start-up erano bassi. Oggi si assiste all´ingresso in campo di nuovi investitori: ai venture capital (22 miliardi di investimenti l´anno scorso) e agli “angeli” che accudiscono gli incubatori di nuove imprese (20 miliardi l´anno) si affiancano hedge fund, private equity, e anche le grandi banche di Wall Street come Goldman Sachs e JP Morgan. Un altro tipo di valutazione è il costo utente. Groupon, web company di sconti collettivi presente anche in Italia, se prezzata 15 miliardi valuterebbe ciascuno dei 35 milioni di utenti 428 dollari. Molto più di Facebook (ogni utente varrebbe 104 dollari se valutata 52 miliardi) e Zynga (104). Numeri lontani rispetto ai quasi 5mila dollari di un cliente Tiscali all’apice della bolla del 2000, ma superiori ai multipli di Yahoo!, Geocities (apripista del fenomeno blog acquisita da yahoo! per 3.5 miliardi di dollari, venne chiusa nel 2009 come “ramo secco”) e Netzero (un tempo tra i più grandi Internet service provider americani). Numeri che potrebbero far gonfiare di nuovo la bolla 2.0 e affondare il modello di business della nuova era di dot.com.

 

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