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Il sindacato: adesione di massa allo Sciopero generale, eravamo 4 mila

da Redazione

SAN MARINO – Lo sciopero più partecipato degli ultimi decenni, nonostante la controinformazione governativa: hanno affollato il Piazzale del Multieventi oltre 4mila persone per chiedere legalità e trasparenza, equità e giustizia sociale, lavoro, rinnovo dei contratti. Adesione di massa, dunque, allo sciopero generale proclamato dalla CSU. Dopo la grande manifestazione del 14 dicembre per l’equità e contro la Finanziaria, a mobilitare migliaia di lavoratori di tutti i settori, pensionati e cittadini, stavolta si è aggiunta, ai temi generali, l’imminente riforma del fisco.

Al raduno nel piazzale del Multieventi centinaia di cartelli per un solo messaggio: “Giustizia sociale”. Tanti i lavoratori in maglietta bianca con stampata la bandiera di San Marino, il Tricolore e la scritta “Uniti per l’equità”. Un lungo corteo diretto a Serravalle ha fatto sosta alla rotonda della superstrada. Numerosi gli striscioni e i cartelli per manifestare il malessere che attraversa il mondo del lavoro: Tra questi: “Tassate noi, evadete voi”.” “San Marino si salva se si salva il lavoro”. “Cancellate dalla lista la tassa razzista”.

Una manifestazione per dire che va introdotta la piena trasparenza con lo scambio di informazioni subito, e che non si possono più tollerare forme di segreto bancario; che senza gli accordi con l’Italia il paese va al fallimento: che occorre un progetto di sviluppo per creare nuova occupazione; che la riforma fiscale va fatta per allargare la base imponibile e non per tassare maggiormente i lavoratori; che va cancellata la odiosa tassa discriminatoria per i frontalieri; che va eliminato subito il precariato nella PA; che vanno rinnovati tutti i contratti di lavoro; che San Marino deve integrarsi nell’Unione Europea.

Abbiamo voltato le spalle al Palazzo del Potere. I segretari CSU Giuliano Tamagnini e Marco Tura hanno spiegato così la scelta di scioperare a Serravalle e non in piazza della Libertà. “Per marcare una distanza che, simbolicamente, rappresenta quanto è successo in questi ultimi tempi: una politica asserragliata nella torre d’avorio, distante dai cittadini e insensibile ai loro bisogni. Questa volta non sono i lavoratori che devono salire sul Pianello, ma è chi ci governa che deve uscire dal Palazzo e scendere in mezzo alla gente. Abbiamo ritenuto di dare un forte segnale politico di discontinuità rivolgendoci direttamente al paese reale, quello civile ed economico, che è il vero titolare della sovranità.”

Prima del corteo, hanno preso la parola i segretari generali di CSdL e CDLS. “Quello di oggi – ha affermato Giuliano Tamagnini (CSdL) – è lo sciopero per la giustizia sociale e civile. Il prossimo, se il Governo va avanti così, sarà per la democrazia, perché questo è un Esecutivo autoreferenziale, maggioritario in parlamento solo per effetto del premio di maggioranza, che non ascolta la voce dei lavoratori e del paese e che ci ha convocato, quasi provocatoriamente solo passato ieri, per mettere in piedi improbabili tavoli di confronto, non dando però nessuna concreta disponibilità alla risoluzione dei tanti problemi. Con i suoi comportamenti sta minando le basi della convivenza civile e democratica. Il tentativo di dividere il paese e i lavoratori non è passato e non passerà. Voi qui oggi ne siete la più lampante dimostrazione! Pretendiamo lo scambio automatico delle informazioni immediato ed unilaterale, non per compiacere Tremonti, ma per ripulire il nostro paese dal malaffare. Per salvare quindi l’economia sana e buttare a mare i faccendieri e quella parte di classe politica ad essi legata, e per combattere le infiltrazioni malavitose, che in tempi di crisi sono ancora più pericolose. Dalla crisi si esce sostenendo il lavoro ed i diritti dei lavoratori. Altre ricette, come la competitività basata sul maggiore sfruttamento dei lavoratori, saranno da noi fortemente contrastate.”

“La riforma Tributaria – ha detto Marco Tura (CDLS) – è uno snodo inevitabile. Non possiamo chiudere gli occhi di fronte alla realtà: la crisi economica internazionale e la paralisi diplomatica con l’Italia, che sta togliendo ossigeno alle imprese, ha fatto crollare i vecchi capisaldi su cui si reggeva il modello San Marino. È definitivamente saltato il patto sociale che prevedeva una bassa fiscalità per il lavoro dipendente e una diffusa e tollerata elusione ed evasione da parte dei ceti professionali, delle imprese e delle società. Un dato su tutti: 5000 soggetti economici, pari al 77% dei contribuenti da lavoro autonomo, dichiara un reddito massimo di 25.000 euro, cioè meno della media dei redditi dei loro dipendenti. È chiaro che questo sistema non tiene più”. Il segretario CDLS ha poi puntato il dito contro chi “per calcolo politico o per opportunismo di corporazione, cerca di dipingere il sindacato come conservatore, inutile e superfluo. A loro noi rispondiamo con la sfida del cambiamento, della trasparenza e delle riforme”. E ancora: “Non ci interessa cambiare il colore dei Governi. Ci interessa quello che fanno e in che modo lo fanno. E fino ad ora questo Governo ha fatto poco e male. Noi chiediamo un cambio di passo, a partire dall’apertura di un dialogo vero sulla riforma fiscale”.

CSU

c.s.

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