
A molte persone la cifra sembra fuori misura, sproporzionata, ma nessuno dice come ci si è arrivati nel concreto, nel calcolo vero e proprio. Noi siamo entrati nelle maglie, per capire come si calcola l’importo.

Come le mollichine di pollicino. Ogni settimana San Marino Fixing trova una piccola traccia sul percorso infinito dell’Ismar 5, il modulo che viene riempito su richiesta dei frontalieri per trasferire in Italia i 315 euro mensili per la sanità italiana. A molti quella cifra sembra fuori misura, sproporzionata, ma nessuno dice come ci si è arrivati nel concreto, nel calcolo vero e proprio. Due settimane fa abbiamo scritto che i criteri generali sono indicati nel capitolo VII – Disposizioni Finanziarie, all’interno dell’Accordo Amministrativo per l’applicazione della Convenzione tra la Repubblica Italiana e la Repubblica di San Marino in materia di sicurezza sociale sottoscritta a Roma il 10 luglio 1974. Questa settimana, scriviamo che lo Stato italiano ha “sparato” quella cifra per indicare il costo medio annuo perché ha diviso i costi generali della spesa sanitaria italiana non sull’intera platea degli assistiti ma solo sugli assicurati riducendo così notevolmente il numero delle persone. Insomma, quella cifra non indica la spesa sanitaria procapite italiana perché per assicurati s’intende soltanto i lavoratori dipendenti, indipendenti e i pensionati ordinari e non tutta la popolazione esistente sulla penisola italiana servita dalla sanità pubblica o convenzionata o privata. Tanto è vero che secondo le ultime statistiche dell’OCSE la spesa sanitaria in Italia è stata pari a 2.870 dollari pro capite nel 2008, sotto la media Ocse che è di 3.060 dollari. Per incidenza sul Pil la spesa risulta pari al 9,1% contro una media Ocse del 9%. La spesa pro-capite nella Penisola è suddivisa tra 2.216 dollari a carico del sistema pubblico e 654 del privato e nel periodo 2000-2008, la spesa reale annuale è aumentata dell’1,9% (contro +4,2% Ocse). Ricordiamo ancora che la spesa sanitaria sammarinese non è più alta rispetto a quella italiana. Anzi, al contrario, la spesa pro capite di finanziamento pubblico sammarinese è più bassa della media italiana, di quella dell’Emilia-Romagna e della maggior parte delle regioni italiane. San Marino spende per ciascun abitante infatti 1.707 euro, la media italiana è di 1.787 euro, il dato dell’Emilia-Romagna è di 1.868, quello delle Marche, l’altra regione limitrofa, è identico al Titano (1.707 euro) e diverse altre regioni italiane superano o sfiorano quota 2.000 euro pro capite. I dati provengono dalla relazione al Bilancio per l’Istituto per la Sicurezza Sociale Anno 2009. Addirittura, secondo la consulta sociale e sanitaria, quei 1.707 euro se fossero depurati della cifra stanziata per il servizio sanitario italiano e relativa ai frontalieri, e di un ulteriore tre per cento relativo alla spesa farmaceutica netta e non lorda, si arriverebbe a una spesa sanitaria procapite di 1.600 euro.
Il nodo dei sammarinesi residenti in Italia
La Consulta, il primo giugno del 2010, poneva anche un altro problema in qualche modo sottovalutato dall’opinione pubblica, in relazione al bilancio della sanità sammarinese: quello dei sammarinesi che abitano in Italia. Si denuncia “l’elevato numero di assistiti residenti che figurano occupati in Italia che non versano alcun contributo e chiede che la Direzione e la Segreteria alla sanità verifichino da subito questo grave fenomeno i cui costi si riversano pesantemente sul bilancio dell’ISS”. Insomma, si fa intendere che ci sono parecchi sammarinesi che hanno residenze fittizie in Repubblica. Ma vivono e lavorano in Italia e non fanno richiesta di Ismar 5 alla USL di Rimini, la quale così non trasferisce la quota prevista alla sanità sammarinese. Sempre in quel documento si afferma che il dott. Petrini e il dott. Pasini, rispettivamente Direttore Amministrativo e Direttore Generale dell’ISS, abbiano avuto per il problema dei frontalieri italiani “due riunioni a Roma, presenti le regioni vicine, in cui hanno subito un fuoco di fila perché esse puntano ad avere i soldi dei frontalieri pensando di sanare i loro bilanci e non considerando che questi vanno al Servizio Sanitario nazionale Italiano. Anzi la Provincia di Rimini, che ha il maggior numero di frontalieri, 4.000 su 6.000 considera che potrebbe aggiungere circa 15 milioni di entrate all’anno sui suoi bilanci. Petrini sostiene che alla luce della tassazione in Italia, San Marino non dovrebbe più pagare questi importi procapite, di cui mensilmente dal Ministero arriva una lettera che chiede trecento euro mese per tutti i frontalieri classificati Ismar 5, e riferisce che come Direzione ISS si è disponibili a rivedere le aliquote e che a tal proposito hanno inoltrato specifiche proposte alle competenti istituzioni italiane e alle segreterie di stato di San Marino ed Esteri, in cui si dichiara la disponibilità a corrispondere metà di quello che San Marino incassa sul piano fiscale”. Forse, sarebbe il caso di ripartire da questa proposta per risolvere il caso eterno e oltremodo spinoso dell’Ismar 5.
