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Usa, Obama: la paura per l’economia e il debito federale

da Redazione

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Il Washington Post e l’ABC hanno pubblicato un sondaggio che rivela come gli americani non siano contenti del loro presidente. Solo il 47% degli intervistati ha approvato l’operato di Obama, convinto che stia facendo un buon lavoro come capo del governo. Una percentuale negativa record, sette punti  in meno rispetto allo scorso gennaio. Aumentano, quindi, coloro che hanno dichiarato di non avere fiducia in lui: il 37% dice che “disapprova fortemente” la sua conduzione del Paese. Ma la percentuale di scontenti aumenta quando si chiama in causa direttamente l’economia: il 57% pensa che la Casa Bianca non stia facendo bene. Sono soprattutto gli elettori indipendenti ad avere questa opinione. Il piano di intervento dell’amministrazione non convince. L’unico motivo di consolazione per Barack Obama è il fatto che (secondo il sondaggio) un eventuale rivale repubblicano non sarebbe più convincente di quanto lo sia (ora) il presidente. Dopo la bocciatura di S&P (definita dalla Casa Bianca come “politica”), dopo la battaglia sul budget con i repubblicani, e nonostante i dati economici siano migliorati rispetto a qualche mese fa, Barack Obama deve ora affrontare la sfida più importante: mutare la percezione che gli americani hanno della situazione economica e di come il presidente la stia governando. Per “vendere”il suo piano per abbattere il deficit pubblico, presentato la settimana scorsa, il presidente è partito per un mini-tour che lo porterà a fare tre discorsi in tre giorni in giro per l’America. Era già previsto, ma la mossa di S&P di declassare il debito sovrano degli Stati Uniti (e la conseguente ondata di preoccupazione) gli ha dato un senso speciale, quasi una missione di rassicurazione dell’opinione pubblica. Rassicurazione, ma anche messa in guardia: gli Stati Uniti vivono al di sopra delle proprie possibilità ed è l’ora dei sacrifici, è il concetto espresso dal presidente. Obama parla della sua idea di come tagliare 4.000 miliardi di dollari in un decennio e lo fa anteponendo la sua proposta a quella dei repubblicani. Per lui bisogna colpire con le tasse i ceti più abbienti e continuare a investire in istruzione, grandi infrastrutture e nell’energia rinnovabile. I repubblicani, invece, non vogliono togliere gli sgravi fiscali dell’Era Bush e insistono nel dire che bisogna razionalizzare la spesa per il welfare state. Presto, entro il prossimo maggio, potrebbe esserci un’altra fondamentale tappa tra queste due Visioni d’America. Per una legge d’inizio del secolo scorso, il Congresso vota un adeguamento annuo al limite del debito federale. Che è fissato (ora) a 14.300 miliardi di dollari. Tetto che verrà superato tra un paio di mesi. Se democratici e repubblicani non troveranno un accordo sulla nuova cifra, c’è il rischio che il Dipartimento del Tesoro non possa più onorare il pagamento dei debiti già contratti. Tecnicamente, si andrebbe verso una sorta di bancarotta.

 

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