La riforma tributaria, tema decisivo per il futuro dell’economia di San Marino. E Fixing ha interpellato Marino Albani, Presidente dell’Ordine Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili.
di Saverio Mercadante
SAN MARINO – Riforma fiscale al centro dell’attività del governo che in questi giorni ha dato il via ad una serie di incontri con i partiti e le parti sociali per illustrare le linee guida.
Dovrà essere avviata all’iter legislativo entro il prossimo 30 giugno.
Marino Albani, Presidente dell’Ordine Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili della Repubblica di San Marino, risponde alle domande di San Marino Fixing su un tema decisivo per il futuro dell’economia del Paese.
La Repubblica di San Marino ha bisogno veramente di una riforma fiscale o di semplici aggiustamenti?
“Auspichiamo da tempo un ammodernamento della legge istitutiva dell’IGR del 1984: ha subito una serie di piccole riforme, che però non ne hanno mutato nella sostanza l’impianto. La parte più carente è quella dell’accertamento e quindi del contenzioso, ma vi sono lacune normative da colmare per i vari tipi di reddito, ed evidenti distorsioni da correggere per quanto concerne il sistema delle deduzioni e delle detrazioni: privilegiano in maniera indiscriminata il reddito di lavoro dipendente, a dispetto dell’equità fiscale. Per non parlare delle aliquote degli scaglioni d’imposta che andrebbero ridotte di numero ed importo. Con un po’ di coraggio si potrebbe affrontare in maniera più radicale una vera e propria riforma fiscale, alla luce dei sistemi tributari più evoluti di altri Paesi, privilegiando la semplificazione e la chiarezza di applicazione. Resta tuttavia una questione pregiudiziale da risolvere: la normalizzazione dei rapporti con l’Italia. In mancanza di questo fattore determinante ogni riforma fiscale potrebbe essere vanificata nei suoi obiettivi e nei suoi effetti.
Come vanno declinati i concetti di equità, efficienza e trasparenza all’interno della riforma?
“Da diversi anni l’ordine sostiene che il nostro sistema economico debba essere caratterizzato proprio dai principi di equità, efficienza e trasparenza, per essere giusto ed efficace all’interno ed attrattivo verso l’esterno. Il Paese deve darsi nuove regole, semplici ed efficaci, una loro applicazione non complicata da procedure e adempimenti eccessivamente burocratici. Nuove regole impositive per fare sì che tutti contribuiscano alle entrate tributarie dello Stato in maniera equa e quindi in proporzione alla propria capacità reddituale. Questo principio indiscutibile può essere temperato in funzione di esigenze sociali fondamentali: per esempio, la tutela delle categorie deboli e le agevolazioni al nucleo famigliare. Ma lo Stato deve dotarsi anche di strumenti di controllo e di nuove regole per l’accertamento dei redditi per combattere l’evasione fiscale: questo non significa che gli evasori alberghino solo in certe categorie di contribuenti e che perciò l’attenzione e l’azione repressiva degli organi e degli uffici preposti debbano concentrarsi solo su certi soggetti passivi d’imposta. La trasparenza non è più eludibile, è indispensabile per dare attrattività e competitività al sistema economico, attraverso una rete di accordi fiscali con gli altri Paesi, con l’Italia innanzitutto, per rischiare di entrare in devastanti black list: isolerebbero San Marino e la sua economia dal resto del mondo”.
Le tasse sono troppo basse a San Marino?
“Il giudizio è sicuramente soggettivo, ma io direi che sono mal distribuite fra le categorie di contribuenti, a dimostrazione che non c’è equità vera”.
E’ giusto pensare a una patrimoniale?
“Non credo che faccia parte storicamente del nostro bagaglio culturale, come invece in Francia. Ma un’esenzione fissa, uguale per tutti, sulle rendite catastali della prima casa, potrebbe avvicinarci di molto all’equità ed assicurare oggettivamente maggiori entrate allo Stato, recuperando un imponibile non indifferente”.
Come andrebbe rimodulata la tassazione sulle imprese?
“C’è chi sostiene che occorrerebbe una minimum tax per le imprese, dal momento che il gettito tributario è assicurato da circa solo 300 società: dipende dai criteri di applicazione, in funzione del fatturato, dei dipendenti, eccetera. Ma potrebbe essere un fattore determinante per la chiusura di tante piccole aziende, che assicurano comunque un indotto non trascurabile in termini, per esempio, di affitti, leasing, servizi professionali e tasse di licenza. Andrebbero assicurati invece, a tutte le aziende, maggiore certezza e serenità nei rapporti con l’Italia, un diritto a fare impresa che ora non è tutelato, una rete reale di favorevoli accordi internazionali, l’appartenenza ad un Paese trasparente e inserito solo in white list”.
E’ giusto introdurre l’Iva?
“Non è solo giusto, è doveroso: porterebbe il Paese in un circuito virtuoso per combattere le truffe fiscali che invece hanno finora portato tanti guai e problemi al nostro Paese. Un inserimento nel sistema europeo dell’Iva significherebbe allineare San Marino agli standard internazionali e porterebbe indubbi vantaggi anche in termini di nuove e consistenti entrate fiscali, sui beni ma anche sui servizi”.
Quali sono infine i pilastri intorno ai quali va costruita una riforma fiscale coerente per il bilancio dello Stato, per i cittadini, e per le imprese?
“Una riforma fiscale ideale non deve aumentare la pressione fiscale sulle imprese e le attività economiche: già la crisi economica e le difficoltà nell’interscambio italo-sammarinese stanno riducendo la base imponibile nazionale. Rischiamo una progressiva erosione del differenziale fiscale con l’estero. Si indebolirebbe pericolosamente questo residuo fattore di localizzazione di attività economiche nella Repubblica di San Marino. Ma una riforma fiscale che porti maggiori entrate attraverso un tendenziale riequilibrio nella distribuzione dell’onere fiscale in capo ad ogni categoria di contribuenti, sia dipendenti che autonomi che imprese, nel breve periodo non potrà bastare a colmare l’atteso pesante deficit nei conti pubblici. Occorre soprattutto una decisa politica di contenimento della spesa pubblica. Tagli decisi e consistenti: il settore privato non può più sostenere il settore pubblico e il sistema previdenziale. Occorre una politica coraggiosa di Bilancio dello Stato, che agisca prioritariamente sulle uscite, perché non possono essere più garantiti gli attuali livelli di spesa pubblica. Governo, categorie economiche, parti sociali e cittadini si mettano attorno ad un tavolo, come si dice, senza pregiudizi, mobilitazioni strumentali, veti e condizioni pregiudiziali, per trovare insieme un patto sociale che permetta a questo Paese di continuare a guardare avanti con maggiore fiducia nel futuro e ritrovate concordia e solidarietà. Allora anche la nostra categoria, quella dei commercialisti, non si tirerà indietro”.