Come linea, solitamente, rifuggiamo le polemiche. Ma come si fa a non dire niente dopo le sparate di Angela Venturini sui frontalieri? Il fatto è che in questo caso non ci troviamo di fronte semplicemente ad un’uscita infelice (sia pure reiterata).
di Loris Pironi
Come linea, solitamente, rifuggiamo le polemiche. Cerchiamo di avere un approccio positivo e propositivo a tutte le questioni, evitiamo di commentare le dichiarazioni dei politici perché, sinceramente, riteniamo che ne valga la pena molto di rado. Questo perché quando si tratta di uscite strumentali o demagogiche anche soltanto rispondendo a tali dichiarazioni si offre una piattaforma per rilanciarle. Quando invece ci troviamo di fronte ad affermazioni infelici, talvolta capita, queste generalmente finiscono per affossarsi da sé, senza la necessità di un nostro intervento. Questa volta però facciamo un’eccezione alla regola. Perché le uscite relative alla questione dei frontalieri da parte di Angela Venturini, oltretutto una collega giornalista oltre che membro del Consiglio Grande e Generale e Presidente di un movimento politico che fa parte dell’attuale maggioranza, sono qualcosa di peggio di una semplice uscita infelice. E non soltanto perché sono state reiterate. Non ci pensiamo proprio a replicare punto su punto ad affermazioni come quelle del Consigliere Venturini, che prima ha accusato i lavoratori italiani impiegati nelle imprese di San Marino di sputare nel piatto dove mangiano (immagine infelice quanto banale), e poi ha rincarato la dose lanciando la sfida ai frontalieri con la promessa di vendere cara la pelle e con l’invito a tornarsene a casa, che tanto ci sono marocchini, tunisini, libanesi, egiziani che farebbero carte false per poter avere la stessa busta paga. E se è vero, come dice, che tanti sammarinesi hanno condiviso le sue considerazioni, ce ne sono altrettanti – chissà magari anche molti di più – che pensano invece che questo approccio sia completamente fuori luogo. Tanti sammarinesi che temono la deriva pericolosa presa da questa politica, sempre più distante dalla realtà delle cose, sempre più incapace di risolvere i veri problemi. Sgombriamo il campo da equivoci: noi non stiamo prendendo le parti dei lavoratori frontalieri. Per il semplice fatto che non hanno sempre ragione. Non per noi almeno. Non se si fanno guidare dalla rabbia e dal risentimento (che poi è indirizzato verso la classe politica, non certo verso la Repubblica) proponendo lo sciopero dei consumi o altre iniziative di “vendetta”. Ciò non toglie – e Fixing lo ha dimostrato numeri alla mano – che in questi anni i frontalieri hanno rappresentato un valore aggiunto per il Titano, hanno prodotto ricchezza e portato benefici al Paese. Noi siamo abituati a ragionare in termini economici, non di impatto emotivo. Non abbiamo bisogno di cercare consensi a tutti i costi. Sappiamo quanto i frontalieri siano preziosi, in termini di professionalità qualificata, per le imprese e sappiamo anche che sono insostituibili, anche se qualcuno si illude di poterli scambiare con fantomatica manodopera proveniente dal sud del mondo. Tuttavia siamo convinti che nessuno debba pretendere di poter incassare debiti di riconoscenza: chi lavora sul Titano sa bene che gli conviene farlo, chi cerca lavoratori oltre confine lo fa perché a San Marino non ha valide soluzioni in casa. Il sistema si è retto su questo equilibrio fino all’altroieri, se la politica ha alternative valide può benissimo tirarle fuori. Se invece cerca consensi istigando lo scontro sociale, cercando di mettere gli uni contro gli altri, ci dispiace dirlo ma è davvero fuori strada. Oggi i sammarinesi, gli elettori, possono sì farsi prendere dalla rabbia. Ma al momento di votare i propri rappresentanti, statene certi, non si lasceranno abbindolare e guarderanno soltanto ai risultati conseguiti.