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La recessione ha diviso i fratelli siamesi

da Redazione

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I Fratelli siamesi della sinistra mondiale hanno incontrato un chirurgo che li ha divisi per sempre. La dottoressa Crisi ha preso il bisturi ed ha separato i destini di José Luis Rodriguez Zapatero e Barack Obama.

zapatero4I Fratelli siamesi della sinistra mondiale hanno incontrato un chirurgo che li ha divisi per sempre. La dottoressa Crisi ha preso il bisturi un anno prima della fine del secondo mandato e ha spedito a casa il premier socialista spagnolo José Luis Rodriguez Zapatero. Ha annunciato che non si ripresenterà alle prossime elezioni del 2012.

Sembra però l’adozione di uno standard virtuoso che anche José María Aznar aveva seguito in precedenza.

Nel 2004 era addirittura in vantaggio nei sondaggi eppure decise di non ripresentarsi dopo due elezioni vinte e di lasciare spazio ad altri. I futuri inquilini del palazzo governativo della Moncloa non lo potranno facilmente a ignorare. C’è chi auspica, come El Pais, una legge in questo senso. I possibili candidati per il dopo Zapatero: il vicepremier e ministro degli interni Alfredo Rubalcaba: i diplomatici americani nei documenti confidenziali fatti girare da Wikileaks, lo definivano il ‘ministro più intelligente’ del governo spagnolo, e la catalana Carmen Chacon, 40 anni, ministro della difesa, una vera figlia politica dello stesso Zapatero. Il premier, anche segretario generale del Psoe, ha chiesto che il suo successore, sarà il candidato premier socialista nel marzo 2012, sia nominato attraverso delle primarie dopo le elezioni regionali e amministrative del 22 maggio. Intanto Bambi rimarrà alla guida del governo fino alle prossime politiche.

La recessione e l’involuzione economica della Spagna hanno però pesato molto sulla mancata ricandidatura del premier spagnolo. Il quale con una certa continuità ha proseguito nella politica economica del conservatore Aznar. Liberista più che socialista: la percentuale di contratti di lavoro atipici nella Spagna socialista è senza paragoni in Europa. E non ha fatto sconti a nessuno in materia d’immigrazione clandestina. Zapatero ha avuto la fortuna di aver intercettato una grandiosa crescita economica, gridava al sorpasso dell’Italia, sostenuta dai motori da mille cavalli dell’edilizia e delle banche, ambedue deflagrate con conseguenze spaventose. La faccia del socialismo, quella che ha fatto urlare ai progressisti europei, “Viva Zapatero”, si è espressa in materia di diritti civili, il “ciudadano”: le leggi per il matrimonio dei gay, l’estensione dell’aborto e l’accorciamento del divorzio, che hanno scatenato in patria massicce manifestazioni di protesta promosse dai vescovi spagnoli.

barak-obama-elezioni-meta-mandatoObama e Zapatero hanno avuto in comune l’opposizione al conflitto iracheno. Il Blair spagnolo appena eletto, ritirò le truppe spagnole dall’Iraq, dove le aveva portate il predecessore Aznar, bushiano convinto.

Barack sembra, a differenza di Zapatero, risorgere invece dalle ceneri della crisi. La recessione lo stava dilaniando, le elezioni del midterm sono state un disastro. Ma la modesta inversione di tendenza della disoccupazione, 8,8 per cento, 216 mila posti di lavoro in più, e una Borsa che sembra essere tornata a camminare, gli hanno dato la benzina per una sua ricandidatura.

Anche perché a tutt’oggi nel campo repubblicano è il deserto. E poi c’è la prospettiva nient’affatto peregrina che da qui a venti mesi, alla fine del suo mandato, possa chiudere la partita su tre fronti di guerra: Iraq, Afghanistan, e si spera, la Libia. E sarebbe la prima volta per un inquilino della Casa Bianca.

Obama ricomincia da dov’era partito. E da un altro slogan: “It begins with us” , Tutto comincia da noi. Il web e la parola sono il suo mestiere. Video sul suo sito e sulla sua pagina di Facebook. Email e sms ai suoi sostenitori. “Stiamo facendo questo adesso – si legge nella email inviata dal presidente americano – perché la politica in cui crediamo non inizia con costose pubblicità alla televisione o con grandi eventi ma con voi: persone che si organizzano passo dopo passo, parlando con i vicini, i colleghi e gli amici e questa campagna richiede tempo per l’organizzazione”. Il titolo del video pubblicato sul sito barackobama.com è appunto “It begins with us”. Il filmato dura 2 minuti e dieci secondi. The president non compare, sono i suoi elettori a parlare. Saranno, come sempre in America, i soldi a contare terribilmente nella campagna elettorale. L’Obama 2.0 punta a raccogliere un bilione, cioè la bellezza di un miliardo di dollari, un quarto in più della volta scorsa. E sempre dalla sua Chicago comincia la campagna elettorale, come se si presentasse per la prima volta.

I sondaggi non sono ancora buoni. Solo il 42 per cento approva l´operato del presidente contro il 48 che non l´approva affatto. Ma solo due presidenti negli ultimi 60 anni hanno rinunciato a ripresentarsi per un secondo mandato alla Casa Bianca. Truman nel 1952 – ma era già presidente da sette anni – e Lyndon Johnson nel 1968. Negli ultimi 120 anni soltanto una volta un presidente democratico in carica non fu eletto. Si chiamava Jimmy Carter. Sembra insomma che solo Obama possa perdere le elezioni. Soprattutto se in campo repubblicano potrebbe scendere gente come Donald Trump, già scattato a corteggiare la destra populista del Tea Party.

 

Saverio Mercadante

 

 

 

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