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San Marino, piattaforma espositiva internazionale

da Redazione

Nel 1982 la Repubblica è stato il primo micro-Stato presente alla Biennale di Venezia, prima di Lussemburgo, Malta e altri che hanno partecipato negli anni dopo. Dal 1963 al 1983 il periodo d’oro delle grandi mostre: “Oltre l’informale”, Mario Merz. Per la prima volta sulla Penisola fu organizzata la mostra sulla Transavanguardia Tedesca; i graffitisti americani. Ruolo trainante del nuovo Dicastero della Cultura e dell’Associazione Artisti Sammarinesi.

di Saverio Mercadante, collaborazione di Pier Paolo Coro

 

Nel 1974 nasce l’esigenza di tutelare il patrimonio d’arte moderna e contemporanea di proprietà dello Stato. Emergeva così una nuova consapevolezza che trainava anche la necessità della creazione del Dicastero Cultura. S’impone così una spinta nuova per promuovere l’arte anche con grandi retrospettive. Per la prima volta gli artisti sammarinesi qualche anno dopo parteciparono alla Biennale d’Arte di Venezia. I momenti di questo viaggio attraverso il racconto di chi l’ha vissuto, Gilberto Giovagnoli, forse l’artista sammarinese più rappresentativo di questi anni. Il 1974 è stato un anno importante per la prima ricognizione del patrimonio d’arte moderna e contemporanea di San Marino.

 

Cosa ricorda dell’esposizione del 1974, curata da Mario Penelope, che faceva il punto della collezione delle opere d’arte dello Stato?

 

“Nel 1974 ero studente all’Accademia di Belle Arti di Urbino: terzo anno nel Corso di scultura. Ero amico di Marina Busignani Reffi, artista sammarinese. Mi disse che era interessata a dare una ‘scossa’ al contesto culturale sammarinese. Affermava la necessità di catalogare e quindi di far emergere il patrimonio di acquisizioni dello Stato: prevalentemente pitture, sculture e disegni delle Biennali di San Marino entrate nella collezione dal 1957 al 1967: giacevano in magazzini o in edifici dello Stato. Marina aveva un buon rapporto con il critico Mario Penelope che fu uno dei Commissari generali delle Biennali d’Arte di Venezia nel 1970 e 1972. Fu così incaricato da San Marino di catalogare e redigere un elenco di tutte le opere di proprietà dello Stato. In quella mostra venne fatta una selezione. Credo che ci fossero un centinaio di opere. Pitture, sculture e disegni. Ricordo una bellissima opera di Vic Gentils, artista belga, esposta alla Biennale del 1965: era composta da tanti tasti di un pianoforte. Poi i quadri di Franco Francese, Giorgio Bellandi, Enzo Brunori, Marcolino Gandini, e altri ancora, sempre presenti alla Biennale del 1965. Quella mostra fu il punto d’incontro tra gli anni sessanta delle Biennali di San Marino e gli anni Settanta”.

 

L’incontro con Mario Penelope è stato quindi determinante per far emergere l’importanza della grande collezione dello Stato.

 

“Mario Penelope aveva partecipato al Premio Titano del 1956, era stato nella giuria. Ma riguardo al Premio Titano, uno dei promotori fu Giordano Bruno Reffi, politico e direttore dell’Ufficio Turismo. E da lì, sono nate le grandi Biennali di San Marino. In seguito sfociate nelle grandi manifestazioni del 1963, ‘65, ‘67. In particolare va ricordata quella del ’63, ’Oltre l’informale’. Con un anno d’anticipo rispetto alla Biennale d’Arte di Venezia, si poté vedere per la prima volta in Italia l’opera Jim Dine e degli artisti della Pop Art, e anche gli artisti del Nouveau Réalisme come Villeglè, Christò, Dufrene, Winifred Gaul, Raymond Hains. Poi, la grande stagione dell’Arte Cinetica con artisti come Julio Le Parc, Günther Uecker, Otto Piene, Martha Boto, Gerhard Von Graevenitz, Gianni Colombo e altri grandi artisti fondamentali come Morris Louis, Kennet Noland, Asger Jorn. Si chiamava ‘Oltre l’informale’ perché voleva far assaporare le nuove esperienze che sorpassavano il passato decennio d’oro dell’Astrattismo e dell’Arte Informale. Ricordo, sfogliando il catalogo, opere di Mario Schifano e di Jannis Kounellis: a distanza di qualche anno sarebbero diventati i protagonisti dell’arte europea e poi mondiale”.

 

Verso la fine degli anni Settanta nasce la prima associazione degli artisti sammarinesi, Asart, e lo sviluppo del primo nucleo della Galleria Nazionale d’Arte Moderna. Come si svolsero questi eventi e il panorama culturale di quel momento?

 

“Nel ‘78 nasce l’associazione degli artisti Asart. Per merito innanzitutto di Marina Busignani Reffi. Seppe aggregare un gruppo di artisti tra i quali c’erano, oltre al sottoscritto, Walter Gasperoni, Leonardo Casadei, il prof. Valentini, Patrizia Taddei, Rosolino Martelli, Riccardo Faetanini, Giulio Giulianelli. E’ stato il gruppo originario. L’associazione, nacque anche in seno all’Associazione Generale dell’Unesco. Fu redatto uno statuto e fummo poi riconosciuti ufficialmente dallo Stato di San Marino. Dopo qualche anno realizzammo diverse mostre in giro per l’Europa. In Romania al Museo di Bucarest, a Grenoble a Lubiana. Nacque quindi l’esigenza di creare una Galleria Nazionale d’Arte Moderna. Il nostro sogno: un museo permanente per le opere acquisite dallo Stato e che nel tempo diventasse una palestra per gli artisti sammarinesi. E per esporre artisti emergenti italiani, o artisti anche già noti. In quel periodo nacque il Dicastero Cultura di San Marino. Prima esisteva solo il Dicastero della scuola. Giordano Bruno Reffi ne era stato Segretario. Con il governo di centrosinistra intorno al ‘78, il primo Segretario di questo nuovo Dicastero fu Fausta Morganti Rossini. A lei si deve il merito di aver creduto di poter istituire una Galleria dello Stato, in sinergia con l’Associazione degli Artisti e con le diverse personalità della cultura di San Marino. Fondamentale fu l’attenzione e la recettività attiva di Giordano Bruno Reffi: persona qualificata e attenta ai fenomeni artistici, sensibile ai temi della cultura”.

 

In quel periodo partirono anche esposizioni di grande spessore, e alcune furono promosse dall’Associazione stessa.

 

“Certo. Dopo la mostra di Penelope, ci fu un periodo in cui non si fece molto. Ma dal ‘79 ci fu una ripresa con la prima grande mostra di Renato Guttuso. Poi quella di Remo Brindisi. Nell’80 Corrado Cagli, nell’81 Emilio Vedova, e nel 1982 Achille Perilli. E infine, quella più importante di Mario Merz nell’83 al Palazzo dei Congressi”. Oltre alla mostra di Mario Merz prima ci furono anche quelle dedicate alla Transavanguardia Tedesca. “La mostra di Mario Merz è stata la più significativa. Ma sempre nell’83 ci fu l’esposizione sulla Giovane Transavanguardia Tedesca, promossa dall’Asart. Ma certamente più importante fu quella sulla Transavanguardia Tedesca del 1982. Erano presenti opere di Baselitz, Luppertz, Penck, artisti già molto noti, e in seguito di fama mondiale. E quella mostra all’ex Silos di San Marino si colloca già nell’attività della nascente Galleria d’Arte Moderna di San Marino, che Fausta Morganti consegnò alla direzione di Leonardo Casadei. Anche se in effetti, la Galleria ancora non esisteva in senso fisico. C’era un piccolo ufficio all’ex chiesetta di Palazzo Begni. Ma ci fu il pieno sostegno del Dicastero Cultura e dell’Associazione degli artisti. E a mio avviso, rimane una delle mostre più belle fatte sul Monte. Fu la prima mostra nella penisola italiana con opere di questi grandi artisti tedeschi”.

 

Credo che siano in pochi a conoscere questo primato espositivo della Repubblica. E’ una dimostrazione dell’eccellenza dell’offerta sammarinese in quel periodo.

 

“Quella della Transavanguardia Tedesca fu la prima mostra nella penisola italiana. E fu fatta dalla Galleria D’arte Moderna a San Marino”.

 

Anche quella di Mario Merz fu la prima mostra completa che un Museo dedicò all’intera sua opera.

 

“Certamente. Merz aveva già esposto con grandi mostre in America ed Europa. Ma la più completa, apparivano anche i suoi primi lavori pittorici degli anni Cinquanta, è stata quella di San Marino”.

 

Queste grandi esposizioni misero in luce San Marino: una piccola-grande piattaforma conoscitiva della cultura artistica contemporanea internazionale.

 

“La mostra di Mario Merz ebbe una risonanza a livello internazionale. All’inaugurazione c’erano grandi personalità, artisti e curatori dalla Germania, dalla Francia, dall’Olanda e poi artisti famosi come Kounellis, Gilberto Zorio, Giuseppe Penone, oltre a critici e galleristi di fama come Lucrezia De Domizio, Mario Diacono. Ovviamente a San Marino non fu completamente capita. Siamo già a 15-20 anni di distanza dalle Biennali degli anni Sessanta. Attirava, come allora, molto di più un pubblico ristretto, attento e sensibile alle novità. All’epoca della mostra di Merz siamo negli anni Ottanta nel fervore della Transavanguardia. E’ il momento dei grandi artisti americani come Julian Schnabel, e di quell’ondata artistica e culturale. Invece a San Marino, ci furono addirittura interpellanze in Consiglio Grande e Generale. Destava stupore vedere fascine di rami secchi, Igloo, opere al neon. Dicevano: ‘Ma è arte questa?’. Emergeva il fatto, come spesso accade, che i grandi artisti sono sempre un po’ più avanti rispetto al pubblico. Merz poi era uno dei capisaldi storici del movimento dell’Arte Povera”.

 

L’associazione aveva in un certo senso a San Marino, risvegliato l’interesse per l’arte contemporanea?

 

“Per quello che mi riguarda, ero sempre molto attento alla contemporaneità. E mi permettevo ogni tanto di suggerire cosa si poteva fare a Leonardo Casadei. A proposito di Merz, suggerì vivamente di esporre un grande artista dell’Arte Povera. Nello stesso periodo a Rimini avevano proposto la mostra di Kounellis. Dissi a Leonardo: ‘Perché non esponiamo Merz?’. Così la proposta fu inoltrata a Fausta Morganti, e fu subito d’accordo. All’inaugurazione disse: ‘Questa è una mostra di rottura!’. E, in effetti, per San Marino fu una mostra di forte impatto e di rottura con una certa tradizione”.

 

Un piccolo salto all’indietro. Al 1982 risale anche la prima partecipazione di San Marino alla Biennale d’Arte di Venezia. Com’è nata?

 

“In quegli anni insieme a Walter Gasperoni, andavamo a vedere le Biennali di Venezia. Nell’edizione dell’80 dicevo a Gasperoni: ‘E perché un domani anche noi di San Marino non potremmo essere alla Biennale? Potrebbe essere un sogno!’. In quell’edizione era stato presentato uno spaccato su l’arte degli anni Settanta. Artisti come Polke, Penck, Baselitz: oggi sono parte stessa della storia dell’arte. C’era la prima mostra della Transavanguardia e artisti emergenti americani come David Salle. Ne parlai con Marina Busignani Reffi: si entusiasmò all’idea di un Padiglione di San Marino alla Biennale di Venezia. Avevo letto che per i Paesi che non avevano un padiglione, era possibile fare una richiesta per avere un proprio spazio espositivo. Avevamo visto padiglioni costruiti ad hoc ai Giardini, proprio per quei Paesi che non l’avevano. Da lì mi venne l’idea che anche San Marino, magari col tempo, avrebbe potuto avere un proprio padiglione. Ma fu un idea dettata dal desiderio di una cosa che forse si poteva realizzare. Accettando anche l’eventualità che non si realizzasse”.

 

Ma le cose poi andarono bene…

 

“Ma come nei sogni. Marina Busignani Reffi si attivò con Giordano Bruno Reffi che era Segretario di Stato agli Esteri. Il quale inoltrò ufficialmente la richiesta per la partecipazione di San Marino all’Ente della Biennale di Venezia. Io, Leonardo Casadei e Marina Busignani Reffi, nel 1981 tramite l’interessamento del prof. Grego, andammo a Venezia per un incontro con Giuseppe Galasso, presidente dell’Ente della Biennale di Venezia. Ci procurò un incontro con Luigi Carluccio, Commissario Capo delle Arti Visive della Biennale. Era il novembre del 1981. Carluccio fu contento di entrare in contato con questa ‘piccola’ realtà. Era un profondo conoscitore e storico dell’arte, molto interessato a ‘realtà’ che uscivamo del classico stereotipo della Biennale di Venezia, le grandi nazioni e i grandi paesi”.

 

San Marino è stato il primo piccolo Stato alla Biennale di Venezia.

 

“E’ stato il primo micro-Stato presente alla Biennale. Il Lussemburgo, Malta e altri sono venuti dopo. Della prima partecipazione di San Marino nel 1982, si ricorderanno anche molti cittadini sammarinesi che andarono a vederla. Il padiglione progettato dall’architetto Dardi, uno degli allestitori della Biennale, sormontava come un ponte le due parti dei Giardini divise dal canale. Molto bello e suggestivo: un centinaio di metri d’esposizione. C’erano i grandi quadri di Walter Gasperoni, i miei quadri, e due grandi sculture in pietra di Marina Busignani Reffi ”.

 

Il curatore di questa prima partecipazione di San Marino alla Biennale è stato Achille Bonito Oliva. Com’è nato questo collegamento?

 

“Quando nacque la partecipazione di San Marino alla Biennale di Venezia, come associazione di artisti Asart, chiedemmo al Dicastero Cultura che nominasse un curatore, e facemmo una serie di nomi. Avevamo dei buoni rapporti con Bonito Oliva e suggerimmo lui: era ed è uno dei più prestigiosi critici italiani. E stranamente accettò la proposta. Venne a San Marino. Per due giorni visitò tutti gli studi dei pittori, scultori e artisti di San Marino. Andò da Rosolino Martelli, da Patrizia Taddei, venne da me, da Walter Gasperoni, da Marina Busignani Reffi. Si documentò sull’attività degli artisti di San Marino, attraverso i cataloghi delle mostre che avevano fatto e gli studi compiuti, per poi tirare fuori una serie di nomi. E per la prima partecipazione fummo scelti io, Marina Busignani Reffi, Walter Gasperoni. Il Commissario di San Marino fu la professoressa Carla Nicolini, stimata storica dell’arte e docente di storia dell’arte. Lo stesso criterio è stato adottato per la Biennale dell’84. Ovviamente non tutti potevano andare alla Biennale di Venezia. Si mise in moto un meccanismo di rotazione. Gli artisti allora erano dieci o poco più. Non come oggi che sono 100 e tutti sono artisti! Su una popolazione di 30mila abitanti! Nell’edizione del 1984 andarono Patrizia Taddei, Giulio Giulianelli, e Rosolino Martelli, con i commissari Carla Nicolini e Marina Busignani Reffi, e come critico Armando Ginesi. Nel 1986, Verdiano Marzi, un bravo mosaicista che lavora in Francia e il ‘Progetto Santachiara’. Nel 1988, commissario Marina Busignani Reffi e curatore Bruno Corà, fu la volta di Giangiacomo Spadari, non proprio sammarinese, ma era nato qui e con i genitori aveva vissuto per vent’anni a San Marino, ed era già un artista molto conosciuto e importante. Nel 1990 Claudio Spadoni fu il curatore, e commissario Marina Busignani Reffi, e fu scelta Rita Canarezza. Infine, la Biennale che doveva tenersi nel 1992, ma che per vicende politiche italiane slittò al ‘93, coincise con la nomina di Achille Bonito Oliva quale Direttore della Biennale di Venezia. In quell’occasione per la partecipazione di San Marino fu proposto un artista storico Sammarinese. Un iniziatore del processo ‘moderno’ a San Marino, con un omaggio a Bartolomeo Manzoni Borghesi (Meo). Commissario era Marina Busignani Reffi e critico Claudio Spadoni”.

 

Cosa successe all’Asart ?

 

“Il suo ruolo si snaturò e l’associazione si aprì a tutti, con criteri molto discutibili. In particolare, quando coloro che ne facevano parte si trovarono a rappresentare San Marino in eventi come la Biennale di Venezia. Io e Walter Gasperoni siamo usciti dall’associazione dall’83, per nostra scelta. Credo che un’associazione di artisti debba seguire un percorso di rigore a partire dagli stessi associati. Con una maggiore tutela verso gli artisti che puntano sul valore del loro lavoro, attraverso esposizioni e un curriculum di continuità e professionalità. Se posso dire: per tenere alto il nome dell’arte”.

 

Poi l’esperienza dello spazio espositivo Gruppo 102.

 

“Si, insieme a Walter Gasperoni, affittammo un piano dell’ex fabbrica di ceramica Titano, per fare i nostri studi e dar vita a uno spazio libero, dando così anche la possibilità a giovani artisti del luogo di esporre e farsi conoscere. Ci fu un’esposizione di giovani sammarinesi e una mostra con due artisti molto bravi. Oggi purtroppo uno è venuto a mancare, Biagio Caldarelli, pugliese, e Paolo Laudisa, romano. Organizzammo – nel 1983 – una bellissima mostra dal titolo ‘Effetto Speciale’, portando per la prima volta a San Marino opere di Keith Harring, James Brown, Ronnie Cutrone, i Grafitisti Americani, che stavano esplodendo nel mondo dell’arte in quel periodo; la mostra era curata da Antonio D’avossa. E in contemporanea alla mostra di Mario Merz. Venne a visitarla lo stesso Mario Merz facendoci i complimenti, e anche il famoso critico internazionale Harald Szeemann: fu molto colpito da questo fermento sammarinese. Fu un grande motivo di gioia e soddisfazione. Purtroppo il sostegno da parte delle istituzioni non c’era, e le difficoltà si presentarono subito e furono insormontabili: non ci riconfermarono più la possibilità di stare nell’immobile. Però è stato un piccolo seme che abbiamo lanciato a San Marino e che purtroppo non è stato raccolto”.

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