E’ un motore silenzioso a cui San Marino non dedica l’adeguata attenzione. Ogni sammarinese in media sostiene almeno 3 enti. Intervista al Presidente della Consulta delle Associazioni, Augusto Ciavatta, da Fixing n.9 in edicola questa settimana.
San Marino e il terzo settore: parla Augusto Ciavatta,
Presidente della Consulta delle Associazioni.
di Loris Pironi
SAN MARINO – Il mondo del terzo settore, ne abbiamo parlato il mese scorso, nel precedente numero del nostro inserto di approfondimento culturale, è un motore silenzioso che anima, letteralmente, la nostra società. Migliaia di persone sono vicine o si impegnano attivamente in associazioni, fanno volontariato (nel senso che prestano gratuitamente il proprio impegno, il proprio tempo) in ambito sociale e culturale. Organizzano, creano. Producono. E anche se tutto questo non viene registrato nei valori del PIL, rappresenta una importantissima risorsa per il Paese.
Abbiamo già detto, il mese scorso, che a San Marino l’area del no profit è lasciata decisamente a se stessa. Manca una legge organica che regoli il settore, che faccia chiarezza, che assicuri un ruolo preciso alle associazioni e ai volontari.
Augusto Ciavatta è il Presidente della Consulta delle Associazioni, un organismo che, tra mille difficoltà e con mezzi limitati oltre misura (dallo Stato riceve la miseria di 13 mila euro l’anno, tanto per intendersi) cerca di coordinare e assistere le associazioni sammarinesi in questo mare periglioso. Da lui apprendiamo che il prossimo 16 marzo è in programma un incontro con la Segreteria di Stato di riferimento, la Segreteria alla Cultura, per cercare di segnare la prima tappa di una road-map che dovrà portare alla stesura di una legge sul terzo settore che raccolga anche le osservazioni delle stesse associazioni. Nel frattempo, alla deriva dopo la prima lettura, c’è un altro progetto di legge sulle associazioni, che dovrà andare a regolare un altro aspetto importante, quello della gestione dei fondi, inserita nell’ambito delle pressanti necessità legate all’antiriciclaggio Perché anche tra le pieghe del no profit si possono infilare i tentacoli della malavita organizzata.
“Innanzitutto dobbiamo dire – afferma il Presidente Ciavatta – che in Italia il terzo settore è più avanti rispetto a noi. Esistono normative ed una catalogazione delle varie associazioni e strutture che è più avanzata. A San Marino le associazioni di volontariato e culturali sono ovviamente molto diverse tra loro, ma hanno un unico status giuridico, che le inquadra semplicemente come società non lucrative. Non c’è una legge che riconosce gli operatori del terzo settore. E su questo ci battiamo da anni, speriamo si possa trovare una soluzione”.
Come Consulta avevate già formulato una proposta, già nel 2004.
“Sì c’è una proposta che aveva già ottenuto il consenso di tutte le associazioni, una bozza che ad ogni cambio di Governo puntualmente ripresentiamo al Segretario di Stato competente. Ma finora non c’è mai stato esito positivo. Questa bozza distingue le due categorie in cui si suddividono le associazioni, adesso con il nuovo percorso che andremo ad iniziare con il Segretario Romeo Morri e il suo staff ci auguriamo di poter aggiornare ed integrare la vecchia bozza nella speranza di arrivare ad un testo condiviso.
Adesso una domanda che può suonare retorica. Perché è necessaria una legge sulle associazioni?
“Guardi, le statistiche ci dicono che a San Marino c’è un’associazione ogni 100 cittadini. Solo alla Consulta sono iscritte in 150 tra associazioni culturali e cooperative culturali (che rappresentano il 15-20%, ndr), più ce n’è un’altra cinquantina che sappiamo esistono ma che non fa parte della Consulta, associazioni peraltro molto importanti, come ad esempio Allegrovivo o la Papa Giovanni XXIII. Quindi ci sono le cooperative culturali e le fondazioni, tra cui le associazioni religiose, che sono un’altra cinquantina. Di quelle che conosciamo, ogni associazione vanta dai 30 ai 1.300 iscritti, con una media di 2-300. Il volontariato e l’associazionismo pervade totalmente la società civile sammarinese. Sicuramente ogni sammarinese è iscritto ad un’associazione e ne sostiene in media 2-3. Ecco perché diciamo che una legge è indispensabile. Tutte queste associazioni oggi sono ogni anno alle prese con complessi adempimenti a carattere giuridico-normativo: basti pensare che ci sono alcune associazioni che, con bilanci di 5-600 euro, sono costrette a pagare avvocato e commercialista per tenersi in regola. E allora vanno aiutate. C’è bisogno di una legge che preveda un albo, un registro del no profit, che regoli i rapporti con le strutture pubbliche. Una legge che permetta di gestire il terzo settore in maniera più facile e trasparente, ma anche per dare un volto civile, pubblico, a questo movimento nel nostro territorio”.
La Consulta intanto ha le mani legate: se non lo può dire lei lo facciamo noi.
“La Consulta è un ufficio che fa riferimento alla Segreteria alla Cultura, ha personale Uasc e i servizi che possiamo erogare sono minimi, o peggio ancora. Faccio un esempio: se noi come Consulta riusciamo a procurarci uno sponsor privato che ci permetta di pagare ad esempio un tecnico informatico o un paio di commercialisti da mettere a disposizione delle associazioni, purtroppo dobbiamo declinare la generosa offerta perché siamo un ufficio dello Stato. È una situazione di stallo da un punto di vista dei servizi che blocca una realtà che dal canto suo è estremamente vivace. Ogni anno ci sono almeno 10-15 nuove associazioni che chiedono l’iscrizione alla consulta.
E con i 13 mila euro annui che ricevete dallo Stato cosa fate?
“Riusciamo a dare contributi esorbitanti alle nostre associazioni, contributi che arrivano fino a 150 euro, sebbene di contro siano costrette a fare i conti con regole ‘italiane’ in fatto di burocrazia. In verità le idee non mancano per far fiorire ulteriormente il terzo settore, a partire dalla defiscalizzazione dei contributi elargiti alle associazioni, magari con un tetto limite. Si possono trovare meccanismi di risparmio reciproco, per le associazioni e per lo Stato, ma serve davvero un cambio di passo”.
TERZO SETTORE, LA PRIMA PUNTATA