Alcune doverose riflessioni dopo le dichiarazioni del Comandante della Guardia di Finanza di Rimini sul rapporto tra San Marino e la malavita organizzata.
SAN MARINO – Le dichiarazioni del Comandante della Guardia di Finanza di Rimini relative alla pericolosità dei tentacoli della camorra che avvolgono parte del tessuto economico della riviera romagnola e della Repubblica di San Marino hanno squarciato il velo di una ipocrita leggerezza. Quella che alla fine si può chiudere un occhio sui quattrini di dubbia provenienza perché tanto alla fine non serve neppure la mascherina per maneggiarli, non ci si sporca le mani e non c’è pericolo. In realtà il pericolo c’è eccome, perché i clan camorristici non si limitano a fare bonifici ma controllano il territorio. E la politica, quella parte trasversale della politica che ha sottovalutato la questione in questi anni, ora deve prendere atto del fatto che la leggerezza con cui si è affrontato finora il problema ha portato ad un colpevole ritardo nel prepararsi a una vera e propria guerra con la criminalità organizzata.
Questo naturalmente non significa sottovalutare i passi avanti compiuti da San Marino in questi ultimi due anni sulla strada della trasparenza, perché la messe di leggi e decreti approvati in materia di riciclaggio di denaro sporco rappresenta un dato di fatto, e la collaborazione con le forze dell’ordine italiane (finalmente!) sta già portando a frutti importanti. Ma fare le leggi non basta, occorre applicarle con convinzione, occorre capire che non si può giocare con chi gioca sporco e con chi non si fa scrupoli. Perché questo è stato fatto fino all’altroieri, forse fino a ieri. E occorre impedire con tutte le forze possibili che qualcuno provi a continuare a giocare anche oggi, malgrado tutto. Sarebbe da irresponsabili.