Home NotizieSan Marino Unione per la Repubblica San Marino: il discorso di Marco Podeschi

Unione per la Repubblica San Marino: il discorso di Marco Podeschi

da Redazione

San Marino, Unione per la Repubblica, il discorso di Marco Podeschi

SAN MARINO – Perché la Costituente di Centro

Questa sera portiamo a compimento un percorso iniziato ormai da alcuni mesi, condotto alla luce del sole e in assoluta trasparenza.
Il Movimento dei Democratici di Centro e gli Europopolari per San Marino, dalle rispettive collocazioni politiche di opposizione e maggioranza, hanno ritenuto ragionevole avviare un confronto in virtù delle comuni radici culturali e politiche.
I primi dialoghi, poi divenuti organici confronti, hanno portato alla comune volontà di avviare un percorso di prospettiva per costituire di un soggetto politico nuovo, legato all’esperienza cattolico-liberale, popolare e riformista, ma fortemente aperto alla società sammarinese.
Oltre all’inclusione del Gruppo consiliare degli EPS, di quello dei DdC è e sarà nostra intenzione aprirci alla società civile: il mondo della scuola, dell’associazionismo, delle professioni, dell’economia e del lavoro.
La Costituente di Centro, con il suo cuore, emblema all’interno del quale il simbolo dei DdC e degli EPS sono compresi, ha iniziato così il suo percorso politico e programmatico verso una nuova formazione che questa sera abbiamo l’orgoglio di fondare insieme e presentare ufficialmente alla cittadinanza.
Le due navicelle di salvataggio rappresentate dai DdC e EPS, sono state piccole navicelle che hanno affrontato mari molto tempestosi e situazioni complesse, traghettandoci fuori da un’appartenenza che non sentivamo più nostra.
In questa sala ci sono donne e uomini che per anni hanno ricoperto ruoli di primaria responsabilità dentro il Partito nel quale abbiamo iniziato e condotto per anni la nostra militanza e che oggi hanno deciso di compiere un ulteriore passo in avanti, scegliendo di chiudere una fase politica e personale anche dolorosa e investire sul futuro.

Il progetto dell’Unione per la Repubblica

L’Unione per la Repubblica nasce proprio da questa esigenza: proporre ai cittadini un progetto politico completamente nuovo, per affrontare e vincere le complesse sfide alle quali è chiamata la società sammarinese.

Perché Unione per la Repubblica?
La scelta del nome per una forza politica non è mai semplice, in quanto esso deve evocare l’estrazione culturale dei fondatori, dare con chiarezza ai cittadini l’idea della collocazione politica e della piattaforma programmatica rappresentata.
Per noi la scelta non è stata difficile: sapevamo ed eravamo intenzionati a proporre qualcosa di assolutamente innovativo per rispondere alle esigenze del Paese.
I cittadini sono stanchi delle divisioni, chiedono alla politica di dare il proprio il meglio per il bene della comunità.
L’Unione per la Repubblica – UPR – è la denominazione di una forza politica lanciata verso il futuro.
Unione rappresenta il messaggio che vogliamo trasmettere ai sammarinesi: unione di intenti, unione per il Paese, unione di donne e uomini che, con determinazione, vogliono costruire un progetto di rilancio, unione fra le diverse componenti della società, unione per superare le difficoltà del Paese.
Repubblica: ogni sammarinese, di ogni estrazione sociale e politica, è tenacemente attaccato al Paese. Repubblica è il significato più profondo del nostro essere Stato sovrano. Repubblica esprime il DNA che differenzia San Marino rispetto a altri piccoli stati. Repubblica per esprimere la tensione costante verso la concezione più alta della democrazia e del rispetto dei cittadini. Repubblica per confermare, da sammarinesi, il nostro più profondo e genuino amore verso il nostro Stato.
L’Unione per la Repubblica vuole rappresentare questi valori.
Nelle prossime settimane dopo avere questa sera presentato il nostro manifesto costitutivo, simbolo e nome andremo a definire gli organismi dirigenziali.
Anche in questo ci poniamo l’obiettivo di introdurre ulteriori novità, scegliendo una struttura organizzativa agile e strumenti di comunicazione all’avanguardia per parlare direttamente ai cittadini.
L’UDR nasce nell’era dei social network, della globalizzazione e in questo anche nella scelta cromatica del simbolo e colori abbiamo voluto dare un chiaro segnale del nostro approccio politico.

Lo scenario politico

L’instabilità delle maggioranze e dei governi, che dal 1998 ha interessato San Marino, è la conseguenza dell’incapacità dei partiti d’evolversi, attuando rinnovamenti nella classe dirigente e nelle piattaforme programmatiche.
Con la legislatura in corso si è completato un ciclo politico nel quale tutti hanno governato con tutti.
Mentre nel mondo la politica si rinnova, Obama negli Stati Uniti, Cameron in Inghilterra, a San Marino si è compiuto un ritorno alla vecchia politica, tornata in sella con regole – e mi riferisco alla nuova legge elettorale e alle riforme istituzionali varate nel 2005 – pensate in funzione di un rinnovamento che purtroppo non c’è stato.
E’ evidente che le differenze ideologiche che hanno attraversato la politica sammarinese negli ultimi 50 anni sono ormai superate. La legge elettorale, che impone coalizioni e programmi con i quali chiedere fiducia agli elettori, ha contribuito ulteriormente a rendere obsoleti Partiti e Movimenti.
La crisi profonda che il Paese sta attraversando chiede alla politica un ulteriore sforzo per proporre soluzioni concrete ai cittadini, uscendo da posizioni preconcette e sterili steccati ideologici.
Non si governa più con le ideologie e, vedendo cosa hanno prodotto i Governi che dal 1988 a oggi si sono avvicendati alla guida del Paese, penso che risulti difficile catalogare i provvedimenti in base a delle aree politiche specifiche.
La politica è fatta da persone, persone che con comuni sensibilità culturali e progetti condivisi decidono di costruire il futuro della Repubblica.
Questa è la sfida del futuro.
Sfida che si dovrà confrontare con il rischio dei personalismi e delle situazioni autoreferenziali, sfida che la politica e i politici devono capire per non essere superati dalla società civile.
L’esperienza del Patto per San Marino è fallita.
Oltre 24 mesi di Governo senza produrre risultati concreti, anzi in alcuni casi, come in politica estera, la situazione è peggiorata fino al fallimento.
Fra sostituzioni di Segretari di Stato e crisi interne, chi ha vinto le elezioni l’8 novembre 2008 oggi non è più maggioranza nel Paese.
Noi riteniamo le elezioni anticipate come uno scenario ormai ineluttabile.
La gente, compresi gli stessi elettori delle quattro liste del Patto, ha ormai sancito la fine di questa esperienza politica. L’auspicio è che presto, con trasparenza e nel rispetto della legge elettorale, i sammarinesi saranno chiamati a decidere chi dovrà fare uscire il Paese da questo immobilismo.
Altre soluzioni, né la politica, né le norme né il buon senso le forniscono. Qualcuno sta da tempo tatticamente lanciando proposte di allargamenti, sostegni, dialoghi, per allungare la vita a questa maggioranza, la cui eutanasia è però ineluttabile, oltre che auspicabile e auspicata dai sammarinesi.
Sullo scenario politico stanno avvenendo fatti interessanti.
In particolare la recente ripresa del dialogo fra i due grandi partiti di matrice socialista e riformista è un elemento rilevante, da tenere in grande considerazione, anche per la costruzione di future coalizioni politiche.
L’Unione per la Repubblica guarda con attenzione a queste forze, con le quali intende avere un canale di dialogo privilegiato, da approfondire già nei prossimi giorni con un incontro ufficiale.
L’UPR intende privilegiare il dialogo e il ragionamento su programmi per individuare soluzioni per il Paese, restituendo ai cittadini fiducia nella politica e rilanciando.
I referendum.
Alienazione di terreni e adesione all’Unione Europea, i due quesiti referendari su i quali sono stati raccolte centinaia di firme, sono argomenti rilevanti per il Paese.
Il Governo ha adottato tutte le possibili misure previste dalla legge per dilatare i tempi e ridurre al minimo l’attenzione su tali temi.
Beffarda poi è stata l’azione per evitare il referendum sulla UE. Due lettere a due istituzioni europee per dire semplicemente che San Marino si vuole semplicemente integrare nella UE.
Non occorre essere giuristi ed esperti di diritto internazionale, per capire come l’espediente adottato dal Governo sia un insulto verso i cittadini e un atto ai limiti del dilettantesco rispetto all’Unione.
Quest’atto, ha la possibilità di entrare a pieno titolo nella ben fornita galleria degli orrori che questo governo ha allestito in oltre due anni; spero almeno che si abbia la decenza di comunicare alle istituzioni europee che grazie alle due letterine, il referendum non si celebrerà più. Ricordo comunque che uno di quei due referendum è salvo, si celebrerà e, secondo noi, dovrà essere approvato. E, per approvarlo, è indispensabile sostenerlo con un voto favorevole e il più possibile ampio.

Il Paese

La Repubblica di San Marino sta vivendo una fase molto delicata a livello economico, sociale e d’immagine.
Il Paese, invidiato da molti per decenni per la buona amministrazione, elevato welfare, servizi efficienti, bassa burocrazia, è diventato improvvisamente la caverna di Ali Babà.
Improvvisamente ci siamo svegliati sentendoci più poveri e inermi verso situazioni che il Paese non riesce a gestire né a comprendere.
La campagna mediatica che ormai da due anni interessa San Marino è uno degli effetti più evidenti di questa situazione.
“Noti a noi ignoti agli altri” è stato per anni il motto di un Paese operoso che, lontano dai palcoscenici mediatici internazionali, ha prodotto ricchezza e ha portato avanti un modello di sviluppo ha assicurato benessere e prosperità ai cittadini.
Le cose intorno a noi sono però cambiate: il 2001 che segnò una svolta epocale nelle relazioni internazionali, anche economiche, coincise con una fase di instabilità politica a San Marino e con difficoltà economiche come il noto buco di bilancio.
La crisi globale scoppiata negli Stati Uniti nel 2007 e poi rimbalzata duramente in Europa e nel resto del mondo, nonché la decisione, nel 2009, del Governo italiano di ergere lo “scudo fiscale” per facilitare il rientro in Italia di capitali detenuti all’estero, sono elementi che hanno inciso pesantemente sull’economia del Paese.
Così come ha pesato e pesa l’intolleranza, a livello internazionale, verso quelle realtà che meno rispettavano standard adeguati in materia di gestione dei flussi finanziari cross-border.
L’attuale crisi che ci investe pone l’esigenza di un adattamento radicale del modello economico.
Il processo di adeguamento in corso, soprattutto per ridurre l’opacità del sistema, non basta per assicurare sviluppo all’economia sammarinese.
Anzi, più l’adeguamento sarà completo, più saranno azzerati i vantaggi comparati su quali l’economia è cresciuta.
La politica estera è il punto critico per il futuro del Paese. Scartata dal Governo l’opzione UE senza alcun serio approfondimento, è ormai evidente ed imbarazzante la completa impasse nei rapporti italo-sammarinesi.
I rapporti con il Governo Italiano sono uno dei peggiori incubi per la maggioranza e il Governo.
Cordiali dal punto di vista diplomatico, con il Ministero degli Affari Esteri e con alcuni settori istituzionali italiani, glaciali o addirittura rarefatti con il Ministero dell’Economia, il cui Responsabile non ha mai incontrato ufficialmente il Segretario di Stato per le Finanze e Bilancio o il Segretario di Stato per gli Affari Esteri.
Il Governo non capisce che è cambiata diametralmente la concezione geopolitica dei rapporti italo sammarinesi e che in taluni casi i legittimi interessi italiani possono non coincidere con gli interessi sammarinesi.
Ciò è normale nella vita di relazione fra stati; non sono normali però le azioni che il governo ha messo in campo negli ultimi due anni.
Interviste ai media italiani in cui ha detto tutto e il contrario di tutto, conferenze stampa a Montecitorio, improvvisati incontri per fare annunci propagandistici, attacchi al Ministro per l’Economia Italiano, linee ambigue e spesso contraddittorie che hanno portato ad aumentare la criticità dei rapporti.
Il recente provvedimento fiscale che ha avuto per oggetto i lavoratori frontalieri è stata l’ulteriore perla che ha inasprito situazioni, rapporti e alzato la conflittualità.
Le dichiarazioni del governo hanno poi gettato ulteriore benzina sul fuoco.
Non si scarica l’incapacità nel risolvere le situazioni su lavoratori che ogni giorni con il loro contributo contribuiscono allo sviluppo della nostra economia.
La politica estera rappresenta il grande e clamoroso flop di questo governo. Un fallimento clamoroso e inatteso. Si doveva rilanciare il rapporto bilaterale e invece lo si è compromesso, provocando notevoli danni all’economia sammarinese.
Siamo ormai in tutte le possibili black list italiane, non ci è dato sapere quando e come il contenzioso sarà risolto, il governo è inerme.
L’Unione per la Repubblica ritiene che debba essere ripensata completamente la politica estera del nostro Paese; la normalizzazione del rapporto con Roma deve essere attuata al più presto – difendendo le nostre prerogative nazionali – chiedendo rispetto ma garantendo rispetto degli accordi e degli impegni.
Non siamo un paradiso, abbiamo un sistema fiscale diverso, basato sulle esigenze del nostro Stato. Abbiamo un sistema imprenditoriale serio, con migliaia di lavoratori, che con serietà e impegno contribuiscono allo sviluppo del Paese.
Sarebbe ipocrita dire che tutto va bene. Abbiamo commesso l’errore, i politici, gli imprenditori, i banchieri di non investire sul nostro futuro, di non pensare in momenti di grande espansione economica a un modello alternativo, non basato esclusivamente sull’interscambio con l’Italia. Ci siamo riempiti la bocca per anni, anche in convegni molto costosi con ospiti di rilievo, di parole altisonanti, progetti mirabolanti che oggi purtroppo alla realtà dei fatti servono poco a nulla.
Il nostro agente all’Havana ci è servito ben poco, così come le visite di ministri, gli accordi, le dichiarazioni di intenti.
Abbiamo tentato di fare delle proposte, chi oggi da vita all’Unione per la Repubblica si è speso in questi mesi per tentare di dare un apporto risolutivo sul tema politica estera.
Sforzi a più livelli, proposte concrete che sono stati volutamente lasciati cadere o per ottusità o superbia.

Economia

La pesante recessione che interessa l’economia sammarinese negli ultimi due anni chiede un radicale adattamento del nostro modello economico.
I principali indicatori economici mostrano il pesante stato di sofferenza in tutti i settori e inducono forti preoccupazioni anche sullo stato della finanza pubblica.
Il calo vertiginoso delle entrate tributarie, la mancanza di stime sul loro andamento e soprattutto la mancanza di dati e proiezioni che permettano di pensare politiche di sviluppo, sono un elemento di forte preoccupazione.
Uno stato moderno non può permettersi di non avere dati aggiornati sul proprio sistema economico e non avere sistemi di rilevazione ed elaborazione che gli permettano di costruire dei modelli di sviluppo.
Mentre la Svizzera si adegua agli standard internazionali, difendendo però le prerogative nazionali e dotando l’amministrazione e le istituzioni di strumenti atti a seguire l’evoluzione dei tempi, il Governo di San Marino vive ancora il tempo dei consulenti esterni, delle politiche improvvisate.
Si governa per decreti legge – fatti spesso sbagliati – aumentando la complessità delle norme, rendendo complesso fare impresa ed attrarre investimenti.
L’approvazione della legge di bilancio dello Stato per il 2011 è l’esempio dell’assoluta mancanza di idee del governo in campo economico.
Un pasticcio di norme, alcune corrette sulla spinta dell’opinione pubblica, altre potenzialmente devastanti se applicate, che non danno alcuna prospettiva di sviluppo per il Paese.
La formula più tasse uguale riduzione dell’indebitamento pubblico può essere fatale per il bilancio di uno Stato che ha oltre il 90% occupato dalla spesa corrente e non destina risorse per gli investimenti.
Le imprese risentono in modo pesante di questa situazione: non hanno ragionevoli spiragli di sviluppo nell’interscambio italo-sammarinese, il settore immobiliare è in ginocchio, il settore finanziario è attraversato da forti tensioni e ridimensionato nella massa amministrata, il terziario in difficoltà, il commercio e servizi in crisi di competitività.
L’Unione per la Repubblica, insieme alle altre forze di opposizione, ha nel mese di dicembre in sede di discussione della Legge di Bilancio 2011, proposto una serie di punti che riteniamo rilevanti per il rilancio del Paese che intendiamo in questa sede riproporre:

  • Definire una nuova struttura economica con politiche per attrarre investimenti in settori innovativi,
  • Progettare un modello di politiche fiscali fondate su equità, con precisi incentivi alle imprese, introducendo il quoziente familiare e una normativa per chiudere nell’equità le posizioni fiscali del regime in essere;
  • Introdurre il regime IVA;
  • Definire un nuovo quadro normativo per le politiche sociali, non più erogate a pioggia, ma legate al bisogno e ai redditi;
  • Diminuire la spesa corrente intervenendo sulla P.A., senza penalizzare i servizi essenziali, ma ridisegnando e razionalizzando la struttura della amministrazione pubblica;
  • Ridefinire il debito pubblico, ricontrattando i mutui e considerando l’emissione di obbligazioni di Stato;
  • Istituire un’immobiliare pubblica per gestire il patrimonio immobiliare dello Stato escluso quello considerati inalienabile in quanto storico, e intervenga per conto proprio e degli Enti autonomi nell’acquisizione di immobili a fronte di situazioni di instabilità di mercato;
  • Avvio delle procedure di adesione all’Unione Europea, al fine di aprire un negoziato finalizzato alla valutazione della migliore forma di integrazione;
  • Autosufficienza nell’approvvigionamento delle fonti primarie, (acqua – gas – energia elettrica – rifiuti) anche con investimenti pubblico-privato istituendo anche forme di consorzio o società miste;
  • Assicurare agli stati che interagiscono con i nostri operatori, al mondo produttivo e all’economia reale condizioni di stabilità e certezza garantite da norme interne, da organismi di controllo autonomi e operativi e da trattati internazionali per un loro definitivo consolidamento sui mercati internazionali;
  • Introdurre lo scambio automatico delle informazioni bancarie e finanziarie di modello europeo;
  • Unificare il mercato del lavoro tra pubblico e privato, al fine di adottare le medesime forme di reclutamento, regole contrattuali e trattamento economico;
  • Rilanciare il comparto turistico commerciale, attraverso il potenziamento dell’attività connesse, una decisa apertura verso il mercato ed una modifica delle aree produttive compatibili;
  •  

Questi punti, sintesi di un lavoro più ampio realizzati qualche mese fa, sono a mio avviso un punto di partenza importante sul quale si potrebbe rilanciare il sistema economico della Repubblica di San Marino.

Società

La società sammarinese sta cambiano velocemente e con essa le dinamiche che sono al suo interno.
L’aumento costante della popolazione residente, insieme al crescere delle attività economiche e dell’urbanizzazione, ha stravolto nell’ultimo decennio l’immagine del nostro Stato e in alcuni casi minato alcune strutture di base della nostra società.
La pesante crisi economica e le ricadute che essa ha e avrà sulla società sammarinese, sono fonte di forte preoccupazione ed elemento di riflessione per chi ha responsabilità politiche.
L’attenzione verso le fasce deboli della popolazione, così come il monitoraggio delle “nuove povertà”, sono elementi rilevanti che l’Unione per la Repubblica vuole tenere in forte considerazione.
L’educazione, la cultura, il rapporto fra le diverse generazioni, l’associazionismo, sono temi che per ampiezza e profondità non intendo sviluppare in queste brevi considerazioni, ma che vi assicurò saranno ben rappresentati nei nostri futuri programmi.
La politica deve avere un approccio nuovo su questi temi, evitando interventi paternalisti, demagogici, ma assicurando invece soluzioni reali, in linea con le prospettive di sviluppo del Paese e sostenibili dal punto di vista economico.
La collaborazione fra pubblico e privato, il pieno coinvolgimento degli attori sociali per lo sviluppo di politiche è un passaggio da considerare, per costruire un modello nuovo.

Marco Podeschi (U

c.s.

Forse potrebbe interessarti anche:

Lascia un commento