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Il fuoco libico lambisce l’Italia

da Redazione

Il cielo sopra Tripoli: aerei ed elicotteri che bombardano e sparano sulla folla. Gheddafi appare in Tv per pochissimi minuti affacciato da un auto con un enorme ombrello aperto in mano. Ambasciatori e ministri che si dimettono, pezzi d’esercito che passano dalla parte dei rivoltosi. Gheddafi riappare in tv: “Cercateli casa per casa”. La Libia è in disfacimento.

di Saverio Mercadante

 

Il cielo sopra Tripoli: aerei ed elicotteri che bombardano e sparano sulla folla. Gheddafi appare in Tv per pochissimi minuti affacciato da un auto con un enorme ombrello aperto in mano. Ambasciatori e ministri che si dimettono, pezzi d’esercito che passano dalla parte dei rivoltosi. Gheddafi riappare in tv: “Cercateli casa per casa”. La Libia è in disfacimento. Ma le prudentissime dichiarazioni del ministro ombra Frattini a inizio settimana dopo la notizia sulla presunta fuga di Gheddafi in Venezuela che si spalmava sulle centinaia di morti ammazzati dai mercenari del dittatore libico, non hanno sorpreso. Sabato scorso, addirittura criticato dal ministro della difesa La Russa, Berlusconi dichiarava: “Non voglio disturbare Gheddafi ”. Lunedì scorso su Press Tv appariva il video dell’osceno baciamano al dittatore libico da parte del premier del settimo Paese al mondo. Completamente opposto il comportamento dei Paesi dell’area Ue e degli USA, che hanno condannato subito fermamente l’uso della violenza. Troppi gli interessi italiani con la Libia. E infatti il caos in cui è precipitata ha messo sotto tiro la borsa italiana e i titoli di Stato. ‘’Un copione scontato, l’Italia è il Paese più esposto economicamente e geograficamente al rischio-Tripoli’’, hanno commentato gli analisti. La Borsa di Milano ha ceduto il 2,42%, peggiore performance tra le borse del vecchio continente. Penalizzate le società che hanno forti interessi di business sul suolo libico. Verso l’azienda Italia, nonostante le scaramucce di questi ultimi decenni, Gheddafi ha fatto convolare un mare di investimenti. In Unicredit il tandem libico composto dalla banca centrale (4,61% di Unicredit) e dal fondo sovrano (2,60%) rappresenta il maggiore azionista di Piazza Cordusio. Ma anche partecipazioni in Eni e Impregilo, Astaldi, Finmeccanica, Fiat, e perfino la Juventus, l’Avvocato Agnelli a suo tempo non si fece molti scrupoli. Con i suoi petrodollari, il fondo sovrano libico ha fatto shopping acquistando molte partecipazioni in società italiane attive in diversi settori mentre, dal canto loro, le aziende italiane hanno ricevuto da Tripoli commesse per la costruzione di infrastrutture e per la produzione di petrolio. Le preoccupazioni in Borsa infatti sono in particolare su Eni, che ha stilato anche contratti a scadenza decennale in Libia. Di conseguenza, in questo clima di incertezza, almeno nel breve termine si preferisce passare all’incasso. Ma anche Finmeccanica, Unicredit e Juventus rischiano grosso. Unicredit, non fa affari con Tripoli che impattano direttamente sul fatturato. Ma non è certo esentata dalla minaccia libica: si trova infatti un fondo sovrano che detiene partecipazioni nel suo capitale e che in precedenza era visto come investitore di medio-lungo periodo; ma che ora opera in un contesto di instabilità così forte da poter eventualmente decidere anche di liquidare le sue quote. Diverso è il caso di quelle società, come appunto Eni, Ansaldo e Impregilo, che si sono aggiudicate commesse dal Paese per la realizzazione di alcuni progetti e che potrebbero vedere ora queste stesse commesse cancellate. Vediamo ora, caso per caso, i dettagli dei legami delle aziende italiane con la Libia. Eni: la compagnia petrolifera numero uno in Italia ha diverse attività in Libia tra cui contratti a lungo termine take or pay. Il cane a sei zampe aveva illustrato un piano di investimenti fino a 25 miliardi di dollari nel paese. Tripoli aveva anche manifestato l’intenzione di acquistare una partecipazione nell’azienda. Imprengilo, Astaldi: Impregilo, la società di costruzioni numero uno in Italia, dovrebbe beneficiare dei rapporti amichevoli tra Berlusconi e Gheddafi, in quanto pre-qualificata per la realizzazione di un progetto autostradale in Libia finanziato da Roma e del valore di 5 miliardi di euro. La società di costruzioni numero due in Italia, Astaldi, ha anche manifestato un interesse a partecipare al progetto. Impregilo era stata citata inoltre come possibile target di investimento da parte dei libici. Finmeccanica: la società aerospaziale italiana ha siglato nel 2009 un accordo con la Libia per la cooperazione nel settore aerospaziale e di altri progetti in Medio oriente e Africa. L’accordo prevede la creazione di una joint venture 50-50 di cui faranno parte Finmeccanica e il Libia Africa Investment Portfolio. Finmeccanica ha anche vinto diversi contratti dalla Libia, tra cui uno, l’anno scorso, per la costruzione di ferrovie del valore di 247 milioni di euro. D’altro canto, la Lybian Investment Authority detiene una quota del 2,01% in Finmeccanica. Unicredit: la partecipazione libica nel gruppo bancario è pari al 7,5%, dopo l’acquisizione da parte del Lybian Investment Authority (LIA) del 2,59% del capitale. La banca centrale della Libia è altro azionista di Unicredit, con una quota pari al 4,988%. Fiat: la Libia corse in soccorso della Fiat nel 1977, sotto invito di Giovanni Agnelli, con l’acquisizione di una partecipazione del 15% circa da parte del Lybian Arab Foreign Investment Company (Lafico). L’investimento alimentò una forte ondata di critiche. Lafico vendette così la sua partecipazione nel 1986, ma nel 2002 riacquistò una quota appena superiore al 2%. Al momento la sua partecipazione è inferiore al 2%. Mediobanca: il fondo libico LIA possiede azioni di Mediobanca per 500 milioni di dollari. Secondo un accordo preliminare stipulato a febbraio del 2009, il fondo prevede l’investimento libico in società italiane nei settori delle costruzioni e dell’industria farmaceutica. Secondo molti osservatori, l’investimento in Mediobanca permetterà al governo libico di investire con maggiore libertà nelle imprese italiane. Olcese: il fondo libico LIA possiede il 26 per cento di Olcese, un’azienda tessile. L’investimento fu il primo esperimento di partecipazione in un’azienda italiana da parte della Libia. Retetelit: è l’azienda di telecomunicazioni che nel 2008 ha vinto il bando per l’assegnazione delle frequenze WiMax in dieci regioni d’Italia. La Lybian Post Telecommunications Information Technology Company controlla il 14,798 per cento del gruppo e ne è primo azionista. La Libia, infine, è attiva anche nel calcio. Lafico detiene infatti una partecipazione di ben il 7,5% nel capitale della Juventus. Al-Saadi Gheddafi, figlio del colonnello, un tempo calciatore per il Perugia e l’Udinese – sedette anche nel board della Juventus. La Libia a un certo punto pensò anche di investire sulla Lazio e iniettò fondi sulla Triestina. Lafico è attiva anche nel settore tessile, detenendo una partecipazione del 21,7% in Olcese, stando a quanto scritto nel sito Internet dell’azienda.

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