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Black list, gare d’appalto in Italia Ma solo con l’autorizzazione

da Redazione

Dal Ministero dell’Economia e delle Finanze è in arrivo un decreto legge sulla partecipazione delle imprese degli Stati in “black list” alle gare d’appalto in Italia. Le imprese potranno “concorrere” agli appalti previa autorizzazione, che però non serve per le società cosiddette “controllate” da soggetti con sede in Paesi “Off shore”.

di Alessandro Carli

 

Non è un nuovo casus belli, ma una stretta sostanziale di maglie. Il ministero dell’Economia e delle Finanze ha concluso da poco la stesura di un decreto sulla partecipazione delle imprese dei Paesi inseriti nella black list (e quindi riguarda anche il Titano) alle gare di appalto pubblico in Italia. Il documento – che ha già avuto il semaforo verde nelle tappe intermedie dell’iter burocratico e che mentre andiamo in stampa è in attesa di essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale – prevede un’autorizzazione della durata di 12 mesi, a patto che vengano rispettate un certo numero di garanzie e condizioni precise. Le aziende che otterranno le autorizzazioni, saranno comunque soggette ad alcuni controlli a sorpresa. La normativa si inserisce nel filone delle disposizioni sull’antiriciclaggio, inserite nell’articolo 37 del decreto legge numero 78 del 2010 (“Il rilascio di tale autorizzazione è subordinato alla previa individuazione dell’operatore economico, individuale o collettivo, mediante la comunicazione dei dati che identificano gli effettivi titolari delle partecipazioni societarie, anche per il tramite di società controllanti e per il tramite di società fiduciarie; alla identificazione del sistema di amministrazione, del nominativo degli amministratori e del possesso dei requisiti di eleggibilità previsti dalla normativa italiana”), e riguarda, come detto, le gare di appalti pubblici. La normativa guarda negli occhi le aziende che hanno sede, residenza o domicilio nelle nazioni che, rispetto all’Italia, hanno standard di trasparenza diversi per quel che concerne il passaggio di informazioni inerenti al denaro. Il decreto del Mef però apre anche una parentesi piuttosto interessante: quella sulle aziende italiane controllate, che si inserisce nel solco tracciato dall’articolo 37. Le imprese italiane partecipate al 100% da soggetti con sede nei Paesi in black list – come San Marino – non devono richiedere le necessarie autorizzazioni per partecipare alle gare d’appalto. In virtù di questa precisazione, potrebbero non essere poi moltissime le imprese che inoltreranno la domanda di autorizzazione in quanto molte aziende possiedono una controllata o una collegata in Italia, che partecipa alle gare.

 

Le due black list

 

La lista nera stilata con minuziosa precisione dall’Italia e relativa ai “contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE” è materia ben conosciuta sulle pendici del Monte Titano. Il Mef ha deciso di prendere per buone entrambe le liste nere, ovvero quella del 1999 (in cui è inserita anche la Repubblica di San Marino) e quella del 2001.

 

Appalti: il decreto

 

Vediamo nel dettaglio cosa prevede il nuovo decreto. In estrema sintesi, la normativa stabilisce che le aziende appartenenti ai Paesi iscritti nelle due black list – ovvero quelle Nazioni che, secondo gli standard italiani, hanno livelli di trasparenza societaria non conformi rispetto a quelli stabiliti da Roma -, in caso di gara d’appalto, dovranno presentare un dossier integrativo, che annoveri e dia tutte le garanzie richieste. L’articolo 3 infatti stabilisce che le aziende dei Paesi inseriti nella black list, se vorranno partecipare alle gare d’appalto italiane, dovranno scoprire le carte: atto costitutivo e autorizzazioni, generalità e ragione sociale, sedi e sede amministrativa, tenutario delle scritture contabili, oggetto sociale, capitale sociale sottoscritto e versato, rappresentante legale, titolari delle quote di partecipazione (anche attraverso controllanti), sistema di amministrazione, requisiti di eleggibilità degli amministratori – compatibili con i criteri italiani – generalità dei sindaci e infine data di approvazione del bilancio.

 

 

 

 

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