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Museo nascosto: sede definitiva

da Redazione

Riceviamo e volentieri pubblichiamo la risposta del Direttore del Museo di Stato di San Marino, Francesca Michelotti. “E’ vero. A San Marino esiste un patrimonio inesplorato di opere d’arte contemporanea e non c’è uno spazio dove renderlo fruibile ai nostri cittadini. Fixing, che da anni rivolge un’attenzione particolare alle mostre della nostra Galleria d’Arte Contemporanea, ha toccato un tasto dolente…”.

Riceviamo e volentieri pubblichiamo la risposta del Direttore del Museo di Stato di San Marino, Francesca Michelotti.

 

E’ vero. A San Marino esiste un patrimonio inesplorato di opere d’arte contemporanea e non c’è uno spazio dove renderlo fruibile ai nostri cittadini. Fixing, che da anni rivolge un’attenzione particolare alle mostre della nostra Galleria d’Arte Contemporanea, ha toccato un tasto dolente. Magari ha calcato un po’ troppo la mano nel prendere le difese di opere che meritano una levata di scudi affinché trovino finalmente quella sede definitiva per la quale ci battiamo inutilmente da tempo, ma non certo perché siano a rischio di degrado o in stato di abbandono. Tranquilli, le opere sono in buona salute e le immagini del servizio lo provano, anche se mettono in discussione la loro collocazione. In ogni caso vedere un tema come questo sulla prima pagina di un giornale sammarinese fa ben sperare per la soluzione di un problema annoso. Sono anni che lavoriamo con questo scopo. Nel tempo il patrimonio è più che triplicato grazie alle donazioni e alle acquisizioni condotte dopo ognuna delle mostre organizzate, spesso con investimenti irrisori a fronte di dipinti che hanno visto accrescere il loro valore economico con il successo di pubblico e di mercato riscosso dai loro autori. L’opera di Enzo Cucchi, insieme alla mostra e al catalogo, costò nel 1987 sedici milioni di lire e oggi questo lavoro può valere fino a quaranta volte di più. Certo non tutti gli acquisti sono stati così felici e preveggenti, alcuni artisti sono scomparsi dalla scena dell’arte e molte promettenti carriere colate a picco. Il nostro obiettivo era promuovere l’arte a San Marino e valorizzare gli artisti sammarinesi, poi fare sì che il nostro Paese potesse intraprendere un dialogo continuo con l’arte contemporanea e documentare lo stato di questo rapporto nel tempo grazie ai lavori acquisiti. Ma non è stato facile ritagliare uno spazio per la nostra piccola Galleria nel sistema dell’arte perché, fatte le opportune e lodevoli distinzioni, non ha mai goduto di un consenso tale da mobilitare l’opinione pubblica sui suoi destini. Per questo la presa di posizione di Fixing, anche se con toni a mio giudizio immotivatamente critici, mi fa piacere. Finalmente può aprirsi una discussione sul ruolo dell’arte contemporanea nel nostro Paese dove non è ancora sufficientemente diffusa la percezione di quanto sia sorprendente come strumento di conoscenza. Non abbiamo potuto puntare esclusivamente su artisti già pienamente affermati con operazioni non alla portata delle nostre tasche, ma ci siamo mossi nello spazio dell’arte militante, degli artisti e della critica emergente. Ne è risultata una collezione non troppo omogenea, senza pretese di esaustività, ma sufficientemente leggibile nei suoi caratteri e nella volontà di offrire ai nostri cittadini una gamma di occasioni significative per la comprensione del mondo visto attraverso lo sguardo acuto degli artisti. Questo impegno si fa tangibile nella concretezza di una collezione attorno alla quale poter costruire qualcosa di veramente utile, ma il radicamento della Galleria nel nostro Paese non sarà completo fino a che non avrà una sede permanente. Il problema è rimasto irrisolto fino ad oggi perché gli spazi di un tessuto urbano asfittico sono contesi da una molteplicità di interessi tutti degni di considerazione. La scuola, l’università, le istituzioni, gli altri istituti culturali, la residenzialità, il turismo, sono fattori che devono trovare fra loro un equilibrio secondo ragionevoli ordini di priorità, e qualora si stabilisca che la Galleria deve trovare posto proprio nel centro storico e non invece in un luogo più accessibile alla circolazione sociale dei sammarinesi. Questo è il primo nodo critico da sciogliere e comporta l’identificazione del tipo e del ruolo della Galleria che vogliamo. Fixing la ipotizza come formidabile polo di attrazione, in questo caso dovrebbe restare in Città e fungere da catalizzatore per una ricaduta sul comparto commerciale e turistico. Non è vero che a San Marino non esistano spazi da dedicare alla realizzazione di una Galleria permanente e alla promozione dell’arte contemporanea. In pieno centro storico ci sono le cisterne del Pianello, troppo piccole per la sede permanente, ma indicatissime per le mostre temporanee. E poi già dal 1988 teniamo le nostre mostre nelle Logge dei Balestrieri, ma solo d’estate perché gli spazi non sono attrezzati né riscaldati. In questi mesi sono chiuse per lavori nella strada sovrastante che miglioreranno sensibilmente la tenuta e la impermeabilità delle coperture. Oggi contiamo sulla capacità degli amministratori del Paese per condurre in porto il loro definitivo restauro e consegnare ai cittadini, ai nostri ragazzi e ai turisti che visitano la Repubblica uno spazio culturale di attrazione, di riflessione e di incontro. Francamente non sono molto convinta di una sua ricaduta economica diretta, capace di contribuire a risollevare le sorti della nostra economia, anche solo con il suo effetto di richiamo per un pubblico più vasto. Esempi più autorevoli e di gallerie ben più ricche e grandi della nostra sconfessano platealmente l’ottimismo imprenditoriale di chi pensa di poter fare business con una galleria pubblica di arte contemporanea. L’arte contemporanea è un investimento in cultura, civiltà e conoscenza che riverbera i suoi effetti nel lungo periodo, costruendo cittadini consapevoli e maturi. Lavora sull’intelligenza e sulle emozioni, sulla capacità critica e creativa. Questi sono beni che, nei tempi giusti e certamente non brevi, aumentano il PIL e creano il valore aggiunto dell’eccellenza e della qualità della vita. D’altra parte che senso ha vivere se non abbiamo gli strumenti per vivere appagati e, credetemi, le macchine di lusso e le vacanze esotiche non bastano. Diverso è il discorso di far quadrare i conti, di non sprecare, di lavorare con impegno, di rispondere alla collettività su come utilizziamo le risorse pubbliche e di consentire allo Stato di guadagnare. Doveri dai quali nessun pubblico funzionario può permettersi di esimersi. Ma pensare a una funzione economica immediata e salvifica può indurre a scelte sbagliate foriere di brucianti delusioni. C’è un altro tema sul quale non riesco a condividere l’idealismo nobile ma un po’ compassato di chi inorridisce nel vedere l’opera murale di Enzo Cucchi sullo sfondo di un tavolo con una bottiglietta vuota e dei bicchieri di carta. Pochi istanti prima a quel tavolo c’erano gli studenti universitari del Corso di Laurea in Disegno Industriale che hanno scelto il mondo delle forme per la loro professione, e che erano lì a dibattere, studiare e progettare insieme sullo sfondo della “Pioggia sacra” di Cucchi. Piuttosto che nell’atmosfera cristallizzata e rarefatta di uno spazio musealizzato penso che quel Cucchi stia meglio lì, in mezzo alla vita di giovani appassionati al loro futuro nel quale porteranno la loro confidenza con l’arte di Cucchi. Lo stesso vale per l’opera di Shirin Neshat alla Scuola Superiore. Le opere alla scuola sono frutto di una selezione mirata e concordata. “Il poeta latino” di Corrado Cagli è lì perché lì c’è il Liceo Classico, e l’opera della Neshat è stata scelta perché denuncia l’ignominia dei ragazzi guerrieri. La salvaguardia del Cagli è assicurata da una protezione in plexiglass e l’opera della Neshat grazie alla sua collocazione vicino alla postazione fissa dei bidelli. Non è abbandonata su un muro, ma sotto gli occhi di centinaia di ragazzi che allenano le facoltà della loro percezione estetica e critica familiarizzando con lei in ogni giorno di scuola. Quando avremo la sede permanente quelle immagini diverranno patrimonio di tutti e non solo dei nostri studenti. Questa è la logica che ci ha spinto a far circolare le opere della collezione d’arte contemporanea dello Stato, una scelta di fruizione che ha molto a che vedere con quell’idea irrealizzata del museo del territorio nella quale avevamo confidato già dai primi anni ’90. Le opere più prestigiose e musealizzabili sono state destinate ai locali istituzionali e di rappresentanza dello Stato, e agli uffici che ne hanno proposto la leggibilità in chiave critica. Ogni affidatario riceve una scheda di prestito nella quale sono segnalate le misure precauzionali per la conservazione del dipinto o della scultura, l’obbligo di segnalarne ogni spostamento e la condizione che l’opera può essere richiamata in caso di mostre o interventi di manutenzione e restauro, il che accade con puntualità e senza discussioni. Dal 2010 è in corso una verifica sanitaria sullo stato di conservazione delle opere per la quale è stata elaborata una scheda informatizzata che ne renderà più agevole la gestione. Non è meglio che giacere infruttuosamente in una cassa? Il lavoro di Cattelan merita una chiosa sulla caducità dell’arte contemporanea, assillo di ogni conservatore museale che si rispetti, e sulla intenzionalità dell’artista. Se l’avesse voluta eterna Cattelan non l’avrebbe realizzato a spray sulla parete in calcestruzzo invasa da infiltrazioni d’acqua di una galleria ferroviaria in disuso. So che la mia osservazione sarà travolta da un mare di critiche ma sono lieta di dichiarare aperta la discussione.

 

Risposta della redazione

 

E’ vero, allora. Anche Francesca Michelotti conferma con il suo autorevole intervento che l’emersione della collezione d’arte moderna e contemporanea dispersa nei meandri della Pubblica Amministrazione è un problema reale, anzi un “problema annoso” che meriterebbe una soluzione definitiva”. Ci rassicura sullo stato di conservazione e ci offre una spiegazione sul loro dislocamento ad hoc, che accogliamo con riserva. Da noi intanto una proposta di transizione. Finalmente c’è una sala a San Marino con le caratteristiche tecniche adatte ad accogliere le opere che arrivano dai musei di tutto il mondo. E’ la sala del Palazzo SUMS che ospita in questi giorni la mostra degli Impressionisti. Perché non fare una mostra proprio lì di una selezione critica delle opere più importanti della collezione di Stato per offrirle finalmente agli occhi dei cittadini e dei visitatori della Repubblica?

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