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Simona Michelotti: “Voglia di andar via”

da Redazione

Lancio di San Marino Fixing numero 6, in edicola dall’11 febbraio 2011. Supertassa frontalieri, durissima presa di posizione del Presidente della Camera di Commercio della Repubblica di San Marino: “Di questo provvedimento penso il peggio. Il nostro non è sciopero fiscale. Ma se è contro la legge, lieta di pagare”.

di Loris Pironi

SAN MARINO – Provate a ricordare la più decisa presa di posizione ufficiale contro l’iniqua supertassa sui frontalieri che avete letto o sentito in queste settimane. Ecco, anche i nostri editoriali più velenosi (Fixing dal primo momento è assolutamente contrario al provvedimento inserito nell’articolo 56 della Finanziaria) sono uno zuccherino in confronto alla posizione di Simona Michelotti, imprenditrice, amministratore unico del Gruppo SIT, Presidente della Camera di Commercio ed ex Presidente di ANIS. E allora giù lungo questa terribile pista nera, apriamo il cancelletto di partenza senza indugi. Anche perché più passa il tempo e peggio è.

“Di questo provvedimento penso il peggio. Crea delle differenze tra i lavoratori, provoca un’influenza negativa all’interno delle imprese. Anche nella nostra fabbrica, ed è una cosa che mi fa male. Sono trent’anni che non faccio differenze tra i nostri ragazzi ed ora lo devo fare perché costretta da una legge? Guardi, alla SIT nessuno aveva mai parlato di noi e voi. Mai. Oggi invece è cosi: i frontalieri non si sentono più uguali ai lavoratori sammarinesi, i sammarinesi si lamentano e puntano il dito sui colleghi. Persino io oggi faccio fatica a raccontarmi che siamo tutti uguali. Oggi c’è un’identificazione del diverso nella nostra economia, un’identificazione che è dettata dal Governo, ed è questa la cosa più brutta. È un’impostazione morale che non mi piace per niente, è sintomo di una chiusura mentale totale. E poi in azienda abbiamo diverse situazioni di persone con tre o quattro figli, che saranno ancora più penalizzati”.

(…)

Quello che manca, a San Marino, è una visione del futuro, una sana lungimiranza.

“Sì. Io a queste condizioni non ci sto più, non mi sento più rappresentata, ho voglia di andare via. La mia non è una minaccia, è un dolore con cui devo combattere quotidianamente. Ogni giorno ci sono situazioni che non mi consentono più di vedere un futuro migliore. Lo dico con grande dispiacere: non esiste al mondo un posto così chiuso. E io mi voglio togliere questo amore per il mio Paese che mi fa così male”.

 

L’articolo completo su Fixing, in edicola dall’11 febbraio.

 

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