Home FixingFixing Michelotti (SIT): “Voglio andarmene via”

Michelotti (SIT): “Voglio andarmene via”

da Redazione

Supertassa frontalieri, durissima presa di posizione del Presidente CCIAA. “Di questo provvedimento penso il peggio. Crea delle differenze tra i lavoratori, provoca un’influenza negativa all’interno delle imprese. Anche nella nostra fabbrica, ed è una cosa che mi fa male. Sono trent’anni che non faccio differenze tra i nostri ragazzi ed ora lo devo fare perché costretta da una legge?”.

di Loris Pironi

 

Provate a ricordare la più decisa presa di posizione ufficiale contro l’iniqua supertassa sui frontalieri che avete letto o sentito in queste settimane. Ecco, anche i nostri editoriali più velenosi (Fixing dal primo momento è assolutamente contrario al provvedimento inserito nell’articolo 56 della Finanziaria) sono uno zuccherino in confronto alla posizione di Simona Michelotti, imprenditrice, amministratore unico del Gruppo SIT, Presidente della Camera di Commercio ed ex Presidente di ANIS. E allora giù lungo questa terribile pista nera, apriamo il cancelletto di partenza senza indugi. Anche perché più passa il tempo e peggio è. “Di questo provvedimento penso il peggio. Crea delle differenze tra i lavoratori, provoca un’influenza negativa all’interno delle imprese. Anche nella nostra fabbrica, ed è una cosa che mi fa male. Sono trent’anni che non faccio differenze tra i nostri ragazzi ed ora lo devo fare perché costretta da una legge? Guardi, alla SIT nessuno aveva mai parlato di noi e voi. Mai. Oggi invece è cosi: i frontalieri non si sentono più uguali ai lavoratori sammarinesi, i sammarinesi si lamentano e puntano il dito sui colleghi. Persino io oggi faccio fatica a raccontarmi che siamo tutti uguali. Oggi c’è un’identificazione del diverso nella nostra economia, un’identificazione che è dettata dal Governo, ed è questa la cosa più brutta. È un’impostazione morale che non mi piace per niente, è sintomo di una chiusura mentale totale. E poi in azienda abbiamo diverse situazioni di persone con tre o quattro figli, che saranno ancora più penalizzati”.

 

Per avere un’idea della situazione, da voi alla SIT quanti sono i lavoratori frontalieri rispetto al totale?

 

“Sono poco più del cinquanta per cento. I sammarinesi non sono di più anche perché facciamo davvero una grande fatica a trovare da noi lavoratori che si adattino ai turni più scomodi”.

 

Quindi se per paradosso i lavoratori frontalieri se ne andassero sarebbe un impoverimento per la vostra impresa.

 

“Sarebbe sicuramente un impoverimento totale, ma questo purtroppo non è un paradosso. Non è un paradosso perché ci sono situazioni per le quali non converrà più venire a San Marino. E adesso che siamo di fronte a segnali di ripresa, se i frontalieri trovano un lavoro più vicino a casa ci abbandonano, se non altro per annullare le spese di trasporto. Faccio un esempio concreto: noi nella nostra azienda di Pesaro avevamo la fila di lavoratori che chiedevano di essere assunti, ora ci sono altre opportunità e non è così. E noi come SIT, davanti a questo impoverimento, dovremo andare a produrre in Italia, non potremo più mantenere la produzione a San Marino”.

 

È un messaggio molto forte, questo che manda. Come quello dello sciopero fiscale, a cui avete aderito con convinzione.

 

“Per favore non chiamatelo sciopero fiscale, noi non ci permettiamo l’arroganza degli scioperi del sindacato, noi chiediamo per favore di fermare le bocce il tempo necessario per ragionare su un provvedimento che è palesemente sbagliato, un provvedimento la cui iniquità è stata dimostrata anche dai conteggi e dalle simulazioni fatti da più parti. Noi non andiamo contro la legge non togliendo nelle buste paga di gennaio le spese di produzione reddito, noi chiediamo di sospendere per un mese solo. E invece ancora una volta ci mettono l’uno contro l’altro, chi aderisce e chi non aderisce. In ogni caso se per caso il Governo decidesse che invece siamo andati contro la legge e ci faranno pagare, come azienda, per questo nostro gesto, beh, sarò ben contenta di pagare perché la ritengo una questione di principio. Ma l’esecutivo deve prendere atto che questo provvedimento è nato male, in tutta fretta, senza concertazione, votato di notte e fatto passare sotto traccia. Che è una legge gravissima e immorale”.

 

Adesso cosa farete?

 

“Continueremo a protestare finché non verremo ascoltati. Anche perché i 12 milioni che contano di recuperare con questo provvedimento in qualche modo si possono far saltare fuori, mentre non si recupera il danno che stanno facendo al Paese. Guardi, parlo da imprenditrice, San Marino oggi non può avere paura del debito, deve avere paura di non avere una visione di come pagare questo debito nel futuro. Dobbiamo ragionare su un piano di sviluppo, perché andando avanti di questo passo avremo sicuramente un debito sempre più grande con cui fare i conti nei prossimi anni”.

 

Purtroppo ha ragione. Quello che manca, a San Marino, è una visione del futuro, una sana lungimiranza.

 

“Sì. Io a queste condizioni non ci sto più, non mi sento più rappresentata, ho voglia di andare via. La mia non è una minaccia, è un dolore con cui devo combattere quotidianamente. Ogni giorno ci sono situazioni che non mi consentono più di vedere un futuro migliore. Lo dico con grande dispiacere: non esiste al mondo un posto così chiuso. E io mi voglio togliere questo amore per il mio Paese che mi fa così male”.

Forse potrebbe interessarti anche:

Lascia un commento