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Libri, i figli sono una storia che viene da lontano

da Redazione

Dove sono le radici dell’uomo? A chi sentiamo veramente di appartenere? I figli richiedono attenzioni speciali e a volte non possono contare sui genitori. Storie di figli difficili in Grossman, Spinelli, Haddon e Santacroce.

di Simona B. Lenic

Dove sono le radici dell’uomo? A chi sentiamo di appartenere? A quale dove? O altrove?
Le radici più vicine e allo stesso tempo più “esterne”, più visibili, sono i genitori, che li si ami o li si odi si cresce avendoli in fronte. Il loro esempio scandisce le età, sia che si decida di imitarli che di contrastarli. Siamo figli, tutti. Nelle infinite differenze che rendono ogni individuo unico, c’è una radice comune a qualsiasi essere umano, siamo – obbligatoriamente – figli.
Figli esuberanti, così anticonformisti da non essere capiti dagli altri, da essere derisi e umiliati come la dolce “Stargirl” di Jerry Spinelli (Mondadori), che gira con un topolino in tasca e suona l’ukulele per il compleanno di ogni ragazzo della scuola, veste stravagante e conquista un cuore, solo uno, ma importante.
Figli che richiedono attenzioni speciali, come ne “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte” di Mark Haddon (Einaudi), dove Cristopher è un ragazzo autistico, figlio di un padre che lo ama e lo accudisce ma che gli mente, e tanto si può perdonare a un genitore tranne la menzogna.
Figli stupiti dall’unicità che ogni uomo porta addosso, come una medaglia o un fardello. Un figlio-bambino come quello che ci racconta David Grossman ne “L’abbraccio” (Mondadori), spaventato dalla solitudine che ogni creatura deve affrontare, in nome di un’unicità che non sembra nemmeno questa gran cosa… Un racconto che ha la delicatezza della fiaba e il conforto di una madre (un racconto che si può trovare in “Ruti vuole dormire e altre storie” o in un libro a sé, con le suggestive illustrazioni di Michal Rovner). Figli che non possono contare su madri accasciate nel mondo ovattato dagli psicofarmaci e su padri in vacanza con la segretaria, come quelli raccontati da Isabella Santacroce in “Fluo” (Rizzoli), ragazzi che non possono ribellarsi a genitori assenti e si ribellano a se stessi, e ti chiedi come riescano a scorgere nel delirio ancora qualche valore.
Letteratura, narrativa, realtà sono piene di figli protagonisti di vite, di vicende che partono molto prima della loro nascita, dei loro primi passi, perché i figli sono inevitabilmente una storia che viene da lontano.
www.simonalenic.it

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