Asset Banca ha pubblicato il volume “Ritratto e figura del manierismo a Roma”, scritto da Andrea Donati. Intervista all’autore del libro, che rivela: “L’opera della ‘quarta’ di copertina, un ritratto del Buonarroti ritratto da Daniele Ricciarelli, nasconde un mistero”.
di Alessandro Carli
Un noto episodio dell’attività giovanile di Michelangelo Buonarroti narra che quando l’artista realizzò una delle sue opere giovanili più popolari, la “Pietà”, oggi situata nella Basilica di San Pietro a Roma, si trovò per caso ad ascoltare alcuni dotti che ammiravano il suo capolavoro attribuendo però il manufatto a un altro artista del tempo. Indispettito e preso da orgoglio giovanile, una sera, quando l’opera già era stata esposta al pubblico, si armò di martello e scalpello e incise il suo nome sulla fascia che attraversa obliquamente il seno della Vergine. Sembra che questa sia la sua unica scultura firmata. Diversa invece la storia del Michelangelo Buonarroti e dei pennelli: “Si affermano mille menzogne sui più celebri pittori, e la prima è il dire che essi sono strani, e che la loro conversazione è dura e insopportabile. E così, non la gente moderata, ma quella stupida, li giudica fantastici e capricciosi” disse una volta. Certo, “si dipinge col cerviello et non con le mani” (M.B. dixit), ma ogni tanto le mani (ed i colori) coprono quello che il cervello e la creatività hanno messo su tela. E’ il caso di una strepitosa scoperta inserita nel libro “Ritratto e figura del Manierismo a Roma” di Andrea Donati, edito da Asset Banca. L’opera possiede due “copertina”: una sul frontespizio e una sulla quarta di copertina.
C’è un legame tra i due quadri?
“Il libro contiene diverse scoperte – racconta Andrea Donati -. La copertina e la ‘quarta’ appartengono a Daniele Ricciarelli, un pittore del Cinquecento piuttosto importante, che ha seguito lo stile e gli ultimi anni di vita di Michelangelo Buonarroti. Siamo negli anni ’40 e ’50 del 1500: tra i due vi sono circa 30 anni di differenza. Questa opera su tavola, che si può osservare nella ‘quarta’, è uno dei più importanti ritratti che raffigurano il Maestro, ed è esposto al Metropolitan Museum di New York. Come si può notare, solamente il volto e la mano sinistra sono ben definiti, mentre tutto il resto è stato cancellato. Chi ha ‘pulito’ il quadro si è accorto che ‘sotto’ si nascondeva un altro quadro. Che, di fatto, è il bozzetto dell’opera che appare sulla copertina del libro. Il dipinto si intitola ‘Madonna d’Elci’, ed è dello stesso Daniele Ricciarelli. Studiato attraverso i raggi x, dal quadro esposto al Metropolitan si intravvede un bambino e altri particolari che riportano alla Madonna d’Elci”.
Qual è la ‘genesi’ del ritratto di Michelangelo?
“Per oltre 200 anni è stato attribuito a diversi artisti. Poiché Michelangelo considerava il Ricciarelli ‘il suo miglior allievo’, l’autore del quadro fu molto vicino al Maestro. Ricciarelli non ritrasse Michelangelo solamente su tavola, da vivo, ma anche quando morì: gli stette vicino sul letto di morte, lo assistette negli ultimi momento della sua vita. quando il Buonarroti spirò, il Ricciarelli gli fece un calco della maschera funebre, che gli servì successivamente per realizzare una serie di opere in bronzo. Le figure 296, 297 e 298, contenute nel libro, hanno ‘fermato’ questi bronzi, custoditi al Museo dell’Accademia di Firenze, al Museo Jacquemart-André di Parigi e alla Casa Buonarroti, ubicata a Firenze. Sono opere di rilievo perché testimoniano il volto dell’artista in età avanzata”.
Le altre scoperte?
“La figura 14 rappresenta una scultura eseguita da Michelangelo e intitolata ‘San Paolo’. Il realtà si tratta del primo ritratto documentato del Buonarroti, e risale al 1504. Anche nella figura 102, un particolare della Cappella Paolina ‘firmata’ da Michelangelo, ritroviamo un ritratto dello stesso artista. Il Buonarroti ritrattista è poco considerato, nonostante abbia creato molte opere. A tutti gli effetti può essere considerato un ritratto anche la caricature che fece di Biagio da Cesena (figura 89, ndr): Biagio criticò un affresco del Michelangelo, e il Buonarroti lo ritrasse nelle sembianze di Minosse, che gira nell’inferno con le orecchie da asino e un serpente, attorcigliato, che gli morde la virilità”.
Il volume è suddiviso in 4 capitoli: ce li può illustrare?
“Nel primo affronto il rapporto tra figura e ritratto in alcune opere di Michelangelo, secondo una prospettiva storica ed estetica. La scelta è volutamente parziale e opportunamente limitata: lo studio del Buonarroti richiede la dedizione di una vita. nel secondo miro allo stesso rapporto, più evidente e paritario, e al contempo propongo un catalogo ragionato dei dipinti di Jacopino del Conte, a partire dal suo esordio nella bottega di Andrea del Sarto. Nel terzo e nel quarto affronto, in maniera specifica e approfondita, il tema del ritratto in Michelangelo in pittura e scultura, da Giuliano Bugiardini a Daniele Ricciarelli, per mettere a fuoco l’origine dell’immagine dell’artista più acclamato nella storia occidentale. La ricerca è partita da un fatto minimo come lo studio del ‘Ritratto di Michelangelo’ in bronzo nel Museo di Rimini e si è trasformata in un’indagine a tutto campo su pittura e scultura tra Firenze e Roma nel Cinquecento. Sin da subito mi è stato chiaro che non era possibile affrontare la materia senza una completa visione di Michelangelo e del suo tempo. Dovevo passare al vaglio le fonti documentarie, epistolari, poetiche e narrative, e la sterminata letteratura critica. Per questo il libro non è un’opera conclusiva e sistematica, ma una raccolta di saggi in cui offro i risultati delle prime ricerche, con alcune nuove proposte attributive e identificative di opere d’arte e personaggi storici. Il volume è il mio primo, personale orientamento bello studio di Michelangelo e del ritratto nel Rinascimento”.