Sbatti il mostro in prima pagina. Anche perché è un mostro, questo è poco ma sicuro. Ma la traduzione dell’intercettazione telefonica che ha incastrato Mohamed Fikri per il presunto omicidio di Yara Gambirasio in realtà era sbagliata.
Sbatti il mostro in prima pagina. Anche perché è un mostro, questo è poco ma sicuro.
Innanzitutto è un extracomunitario, un marocchino, sia pure incensurato, e siamo a Bergamo non a Canicattì. E poi è stato beccato mentre fuggiva dall’Italia: stava andando a Bengasi, come a dire Timbuctu, cioè voleva far sparire le proprie tracce. Infine c’era quella telefonata intercettata: “Allah mi perdoni, ma non sono stato io ad ucciderla”. Con quella frase, con una frase come quella, il nostro marocchino è inchiodato, ha già le manette ai polsi, per la gioia di quei cittadini bergamaschi, italiani, che già hanno iniziato la campagna contro quei marocchini che in Padania non hanno diritto a stare.
Ma torniamo al nostro giallo, al caso della scomparsa della povera Yara, 13 anni appena, il cui destino, secondo gli inquirenti, pare tragicamente già scritto.
Grazie ad una spettacolare operazione di polizia finita su tutti i giornali – la nave che procede in acque internazionali cambia rotta e torna indietro, peraltro dopo un altro errore di persona tanto i Mohammed sono tutti uguali – e il nostro mostro è bello che incastrato. Cosa vuoi che sia poi se durante l’interrogatorio lui non crolla, occorre avere pazienza che tanto prima o poi succederà: del resto non si può mica utilizzare la tortura per farlo parlare.
Peccato che il mostro non sia un mostro.
Peccato che la traduzione dall’arabo abbia trasformato un cittadino marocchino (che adesso ha finalmente anche un nome, Mohamed Fikri), un lavoratore, senza problemi con la giustizia, in un criminale sanguinario. Nel rapitore omicida di una ragazzina innocente. Perché la frase incriminata rubata da una sua telefonata privata (con che diritto poi?), “Allah mi perdoni, ma non sono stato io ad ucciderla”, con una traduzione più precisa si è trasformata in “Mio Dio, mio Dio, fa’ che risponda”. Una frase banale di una banale telefonata, un riferimento a qualcuno che – evidentemente – lascia squillare il proprio cellulare.
Fino a prova contraria c’è un’altra vittima, dunque, in questa brutta storia di cronaca. Perché al centro di tutto resta la sorte di Yara Gambirasio di cui non si sa più nulla da troppi giorni ormai. Ma non si può neanche far passare sotto silenzio il danno che la giustizia e l’informazione italiana hanno causato a Mohamed Fikri.