Home FixingFixing Due donne spostano l’asta dei new media

Due donne spostano l’asta dei new media

da Redazione

Arianna Huffington e Tina Brown acerrime nemiche su Internet.

di Saverio Mercadante

 

Una greca e una inglese, Arianna e Tina come le chiamano i loro lettori, si sfidano negli Stati Uniti in un duello all’ultimo visitatore web. Tina Brown, la mitica direttrice di Vanity Fair e del New Yorker, ha tirato per ora l’ultimo colpo. Dopo che nel 2008 aveva fondato The Daily Beast, sito di notizie e infotainment da cinque milioni di utenti giornalieri, è riuscita in un’operazione che rappresenta la vera frontiera dei newmedia. Finalmente è stato raggiunto nei giorni scorsi l’accordo per la fusione con Newsweek, prestigiosissima testata ma in grandi difficoltà economiche. Il web corre in soccorso della carta stampata. Dall’intesa nasce un nuovo gruppo, la Newsweek Daily Beast Company. ”Siamo riusciti a unire – ha affermato Tina Brown – l’approfondimento giornalistico del Newsweek e la versatilità che Daily Beast realizza sul web. Vogliamo riportare il Newsweek alla gloria del passato e fonderla con la nuova energia creativa del nostro sito”. La Brown sarà il direttore anche di Newsweek. La sua arcinemica Arianna Huffington comanda l’altra corazzata del web, il liberal Huffington Post, sito-giornale nonstop con infotainment incorporato e opinioni molto chiare. Fondato 5 anni fa come un blog-aggregatore di notizie online, una redazione di un centinaio di persone, edizioni locali in quattro città e supera i 13 milioni di utenti unici al mese, si è guadagnato l’accesso nell’olimpo dei primi dieci siti di informazione Usa, davanti al Washington Post, al Wall Street Journal, al Los Angeles Times, e con un numero di pagine per visitatore che a marzo ha superato anche quelle del New York Times. The Daily Beast, invece, è apparso per la prima volta online solo nell’ottobre del 2008. È stato fondato dall’agguerrita Tina Brown, sull’onda di altri siti simili, come il Drudge Report ( modello del nostro sito di infotainment più famoso e visitato, Dagospia), o Politico, e prometteva di rivelare scandali e segreti politici. Ancora oggi, solo un terzo del contenuto è originale, mentre il resto del materiale è preso gratuitamente da giornali e pubblicazioni tradizionali. Il Daily Beast vanta comunque quei cinque milioni di visitatori unici al mese che sono cresciuti anche grazie a nuove determinanti rubriche come Sexy Beast. The Daily Beast, è stato aperto grazie al finanziamento del magnate americano Barry Diller. Il nome della testata è una citazione dal capolavoro di Evelyn Waugh, “Scoop”, una magnifica satira degli anni Trenta sulla cialtroneria dei giornali e degli inviati di guerra. The Daily Beast, era il fittizio quotidiano londinese al centro del romanzo che Tina Brown conosce molto bene, anche perché è stata fidanzata con lo scrittore Auberon Waugh, il figlio di Evelyn. La Brown ha una certa passione per gli scrittori: è sposata con Harold Evans, giornalista, saggista ed editore e, in passato, ha avuto una relazione con lo scrittore inglese Martin Amis. The Beast fa parte della pattuglia di testate nate per rispondere alla crisi dei quotidiani tradizionali Usa: quasi 15mila tagli nelle redazioni e oltre 130 giornali chiusi. In Italia, Paolo Madron, ex grande firma del Sole 24 ore, con Lettera 43 cerca di ripetere il successo dei due siti americani con una formula abbastanza simile. Redazione di venti persone, un taglio generalista, e una grafica che richiama in parte la Bestia. E diverse altre start-up dovrebbero arrivare nei prossimi mesi. Ma facciamo qualche conto in tasca alle due star del web. Se si guarda ai conti di Huffington Post non è proprio una marcia trionfale. Il 2009 si è chiuso con ricavi per 15 milioni di dollari, e le stime per il 2010 – la società non è quotata – sono comprese tra i 20 e i 30. Forse sufficienti per raggiungere un piccolo utile quest’anno. Anche nella più rosea delle ipotesi comunque si tratta di un ricavo per utente mensile poco al di sotto dei 19 centesimi. Nemmeno un quinto (un ottavo per le stime più severe) del dollaro per visitatore che ricava dalla sua versione online il New York Times. Gli investitori pubblicitari puntano sulla sua autorevolezza che si traduce in 180 milioni di dollari di ricavi annui dall’edizione online. Ma la carta tira ancora, e rimane sempre l’altra gamba indispensabile delle imprese editoriali che si gettano sul web. Lo dimostra la storia di Politico. Nato nel 2007, è un giornale specializzato nella copertura della scena politica americana che esce cinque giorni la settimana a Washington e dintorni, con 75 redattori e una diffusione di poco superiore alle 30mila copie. Ma nella sua versione online supera i 7 milioni di utenti unici mensili, con picchi di oltre 11 durante la campagna elettorale. Politico guadagna, e l’anno scorso ha fatto registrare un leggero utile, con un margine operativo di poco superiore al milione di dollari. Ma il 60% dei ricavi totali, che si sono attestati attorno ai 20 milioni di dollari, per ora proviene dalla carta. I proventi digitali comunque crescono in fretta:erano il 10% nel 2007, il 30 l’anno successivo. Probabilmente Tina Brown ha capito che il traino del prestigioso Newsweek possa accelerare la corsa al profitto. Il sito è costato finora al suo finanziatore Barry Diller 20 milioni di dollari e il pareggio ancora non è in vista. Ma Newsweek l’anno scorso ha perso 30 milioni di dollari, le sue firme migliori sono in fuga, il novantunenne Harman quest’estate l’ha comprato per un dollaro. Ma Tina Brown è invasa dalla schadenfreude, la gioia per le disgrazie altrui. E per battere Arianna Huffington comprerebbe anche il “giornale che non c’è” pur di seppellirla una volta per tutte.

Forse potrebbe interessarti anche:

Lascia un commento