Home NotizieSan Marino Gli obici di Tremonti puntati sui paradisi fiscali: chi colpiscono?

Gli obici di Tremonti puntati sui paradisi fiscali: chi colpiscono?

da Redazione

Gli obici di Giulio Tremonti puntati verso i cosiddetti paradisi fiscali e i panzer piazzati ai confini con Svizzera e San Marino chi minacciano? E chi colpiscono? Le economie dei suddetti Stati e le imprese che con essi intrattengono affari regolari.

SAN MARINO – C’è una bella differenza tra Italia e Ocse. Tra gli obici puntati da Giulio Tremonti verso i cosiddetti paradisi fiscali (che per l’Ocse non sono più tali), i panzer schierati ai confini con San Marino e Svizzera e il punto di vista decisamente più “morbido” dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico.
L’obiettivo non dichiarato ma ben facile da intuire è che ci sia un tentativo di colpire i Paesi che sono inseriti nella black list italiana con tutti i mezzi possibili per escluderli dal mercato italiano. Questo però è complicato anche perché, come nel caso della Repubblica di San Marino, enclave italiana, ma anche della Svizzera che ha un confine esteso con lo Stivale, due realtà che con le imprese italiane hanno un importante scambio di rapporti commerciali (per entrambi i casi dunque non parliamo di escamotage per aggirare il fisco italiano). Quindi nel mirino non ci finiscono solo i “furbetti” ma anche le imprese italiane che hanno clienti e fornitori in realtà oggettivamente più concorrenziali di quelle italiane, vuoi per la minore fiscalità, vuoi per la possibilità di allestire strutture più agili e funzionali.
Il Sole – 24 Ore di oggi evidenzia che da qualche settimana, la Guardia di Finanza sta intensificando, attraverso un questionario, il monitoraggio sulle aziende di “medie” e “rilevanti” dimensioni con interessi all’estero. Al setaccio, scrive il quotidiano economico, gli affari conclusi con imprese e professionisti domiciliati in paesi black list e le partecipazioni detenute in società “Cfc” insediate in territori che beneficiano di regimi privilegiati. Partecipazioni azionarie e operazioni "a rischio"—l’annualità monitorata è il 2008 —vanno trasmessi al Fisco entro 45 giorni dall’invio del questionario.
La check list, spiega ancora il Sole, è suddivisa in due parti. In prima battuta, devono essere indicate le società controllate o collegate residenti nei paradisi fiscali con cui non sono stati intrattenuti rapporti economico-commerciali. In seconda battuta vanno segnalati i dati relativi ai fornitori e ai clienti "collegabili" ai 70 paesi sotto costante osservazione perché considerati poco collaborativi.
Ma c’è un altro problema ancora da analizzare in questa lotta impari che rischia di provocare più danni che vantaggi. La normativa italiana che prevede la comunicazione delle operazioni con paesi cosiddetti black list (prevista nel Decreto Incentivi e ancora piuttosto fumosa, malgrado i chiarimenti inseriti nelle circolari 53/E e 54/E dell’Agenzia delle Entrate, prevedono comunicazioni duplicate, comunicazioni non previste dalla legge (ad esempio i servizi fuori campo per extraterritorialità verso soggetti Extra – Unione Europea, nel caso di San Marino, appunto) e obbliga, in un surplus decisamente poco gradito dalle aziende, di burocrazia, con l’obbligo di comunicazione anche di operazioni che in realtà il fisco già conosce.
Chi ci rimette, in tutta questa situazione, sono sì le economie dei paesi black list (a proposito, perché il Ministro Tremonti ha deciso di chiudere la porta in faccia a San Marino davanti alla disponibilità di concedere all’Italia quanto richiesto in materia di comunicazione di operazioni economiche e finanziarie?). Ma anche le aziende italiane che lavorano, per ovvi motivi di mercato, con fornitori e clienti dei cosiddetti paesi black list sono costrette ad operare facendo i conti con un aggravio di burocrazia spesso ingiustificata o evitabile e con la spada di Damocle dei controlli fiscali che il MEF e l’Agenzia delle Entrate lasciano aleggiare nell’aria a mo’ di deterrente.
 

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