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Robert Capa: 46 foto di Israele in mostra a Palazzo Pichi Sforza di Sansepolcro

da Redazione

E’ un Robert Capa inedito, quello che la mostra organizzata da Mercurio Promozioni in collaborazione con Magnus Photos sta omaggiando (ma sino all’8 dicembre 2010) all’interno di Palazzo Pichi Sforza di Sansepolcro.

di Alessandro Carli

 

E’ un Robert Capa inedito, quello che la mostra organizzata da Mercurio Promozioni in collaborazione con Magnus Photos sta omaggiando (ma sino all’8 dicembre 2010) all’interno di Palazzo Pichi Sforza di Sansepolcro.Fotografie in bianco e nero – poco meno di 50 – allestite con cura quasi maniacale, e realizzate dal fondatore dell’agenzia Magnum in Israele tra il 1948 e il 1950: l’iniziativa nella città natale di Piero della Francesca è – senza troppi giri di parole – strepitosa. Siamo negli anni che seguono la tragedia dell’Olocausto, e il grande artista ‘ferma’ le fasi iniziali della costituzione del nuovo Stato, la dichiarazione d’indipendenza, il voto del primo presidente, l’arrivo degli emigranti che trovano una prima sistemazione in campi di accoglienza, un’umanità che ha voglia di tornare a vivere ma che ancora non vede la fine delle violenze. Nelle immagini, preziosi frammenti di un passato che ‘bussa’ ancora alle porte: un gruppo di giovani donne che studiano l’ebraico, un uomo che tiene in braccio il figlio, un altro giovane ‘cavalcato’ sulle spalle dalla giovanissima figlia che, senza i dentini davanti, sventola sorridendo la bandiera di Israele facendo intravedere le mutandine. E ancora: una donna piegata dal peso di una valigia mentre in piccolo figlio le prende la gonna con una manina, e quattro ciechi in mezzo alla strada, e un anziano che vende i propri oggetti sull’uscio di casa. In piena filosofia ‘Magnum’, Capa ha realizzato un reportage di grande spessore, utilizzando due formati: il 6×6 e il 135 mm. Dalla sua fedele Leica frammenti di storia, giocata su inquadrature assolute (bellissime le immagini in cui il soggetto è stato immortalato dal basso) e su quella magia che si nasconde dietro la tendina della sua macchina fotografica a telemetro. Escono così 46 scatti, lucidi e dolorosi; scatti puri e qualche volta non perfetti, ma che sanno raccontare la Storia senza bisogno di parole.

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