A Zapatero come ad Obama, la crisi ha sforbiciato la dimensione mitica degli inizi dei loro mandati.
di Saverio Mercadante
A Zapatero come ad Obama, la crisi ha sforbiciato la dimensione mitica degli inizi dei loro mandati. Ma lo spagnolo blue eyes impegnato a colpire duro il bilancio di stato si tiene cauto nel settore culturale. Il ministro della Cultura, Ángeles Gonzáles-Sinde, ha tenuto botta a differenza del povero Bondi asfaltato da Tremonti. Il suo dicastero può contare su 789,3 milioni di euro, contro i 917 del budget 2010. Come ha sottolineato il ministro, decisamente inferiore a quella media patita dai suoi colleghi. Probabilmente in José Luis Rodríguez Zapatero è rimasto un pizzico di preveggenza e di strategia a lungo termine: lo stimolo alle industrie culturali è importante per l’uscita dalla crisi se si tiene conto che la cultura fornisce il 4 per cento del pil spagnolo e dà lavoro a più di 800 mila persone. Nell’anno in corso il ministero della Cultura ha gestito lo 0,4 per cento del budget totale, per il 2011 la sua fetta è pari allo 0,5 per cento.
E al centro degli interessi degli investitori mondiali torna la cultura delle materie prime. L’oro ormai non fa più quasi notizia con i suoi continui record. Il nuovo protagonista è il cotone. L’oro dei tessuti ha raggiunto alla fine della scorsa settimana i suoi picchi storici: crescita dei prezzi del 56% in appena tre settimane. Il mercato del cotone è stato fondato negli Usa subito dopo la Guerra Civile: i prezzi quindi sono ai massimi dal 1870 circa a oggi, quando è stato creato il New York Cotton Exchange. Nella settimana al 15 ottobre le quotazioni hanno toccato la cifra stratosferica di 1,198 dollari per libbra.
Le cause: poco raccolto a livello mondiale e impennata della domanda da parte di chi? Della Cina, off course. La bianca commodity è spinta anche dalla debolezza del dollaro. Che trascina in alto anche il caffè, il succo d’arancia, lo zucchero.