Home NotizieSan Marino San Marino: sono oltre 100 le aziende non pagano lo stipendio ai dipendenti

San Marino: sono oltre 100 le aziende non pagano lo stipendio ai dipendenti

da Redazione

Oltre ai casi noti, ci sono tante altre situazioni nascoste. Il recupero dei crediti è pieno di ostacoli. La CSU ha inviato una lettera al Governo per chiedere di apportare alle normative vigenti alcuni correttivi a tutela dei lavoratori.

Sempre più frequentemente si verificano casi di insolvenza di aziende nei confronti dei lavoratori, con conseguenti gravi difficoltà nel recupero dei crediti maturati. Per affrontare la problematica, e per chiedere alcuni correttivi alle normative vigenti, la CSU ha inviato una specifica lettera al Congresso di Stato. I casi di mancato pagamento di salari e stipendi di cui come sindacato siamo venuti a conoscenza, sono più di un centinaio, e riguardano dipendenti occupati per lo più nei settori dell’industria e dei servizi. Mediamente le mensilità non pagate sono tre, ma in diversi casi sono anche di più. Ma oltre ai casi noti, ve ne sono presumibilmente molti altri di cui finora non siamo a conoscenza. Spesso si tratta di imprese che non hanno praticamente nulla in proprietà, per cui l’unica possibilità con la quale si può riuscire ad indurle a saldare i loro debiti è quella di presentare istanza di fallimento. Nel caso vi siano pochi dipendenti e l’ammontare dei loro crediti non sia di elevata entità, le procedure concorsuali non vengono aperte, nonostante l’azienda non si presenti neppure alle udienze in Tribunale, se non sia accertato lo stato di insolvenza attraverso cause o verifiche amministrative, con ulteriore aggravio di costi e con la concreta possibilità di ricavare comunque ben poco dalle procedure concorsuali, anche perché con i tempi necessari all’attuazione di tutti questi adempimenti, i lavoratori rischiano fortemente di perdere il diritto al riconoscimento del privilegio nella graduatoria dei creditori. Oltre a ciò, generalmente i lavoratori non intraprendono iniziative giudiziarie, per gli stessi motivi sopra indicati, per cui il reale stato debitorio non risulta in tutta la sua evidenza. Con la legge 23 luglio 2010, è stato stabilito che il Commissario della Legge, in caso di assenza di attivo, o comunque in misura non superiore a € 1.000,00, debba archiviare il fascicolo, con la conseguenza che chi ha spogliato di ogni bene l’azienda, immaginiamo a condizione che non risultino posti in essere comportamenti di rilevanza penale, se la cava con poco, anzi nulla. Poiché generalmente si verifica che, oltre gli stipendi, non sono stati versati neanche i contributi previdenziali, oltre al danno si aggiunge la beffa, perché solo in caso di fallimento vengono ugualmente accreditati i relativi periodi ai fini pensionistici. In caso contrario, il lavoratore deve rinunciare a tale copertura oppure pagare personalmente le relative somme. Nel caso di pagamento degli stipendi ma non dei relativi contributi, ci troviamo in presenza, secondo la CSU, del reato di appropriazione indebita per la parte di competenza del lavoratore. Una situazione che gli operatori economici percepiscono una sostanziale impunità, contrariamente ai principi di legalità e trasparenza a cui, in particolare negli ultimi tempi, tutti affermano di volersi attenere. Alla luce di quanto sopra esposto, la CSU chiede pertanto al Governo di apportare alle normative vigenti alcuni correttivi, a tutela dei lavoratori. A garanzia dei creditori privilegiati, è necessario che il capitale sociale minimo previsto dalla legge sia versato prima del ritiro della licenza d’esercizio e non possa essere prelevato fino al momento della liquidazione dell’azienda, salvo i casi in cui venga investito in beni il cui valore corrente non scenda al di sotto del capitale stesso. Occorre altresì che l’entità di tale capitale minimo sia successivamente proporzionato al fatturato dell’azienda. Occorre stabilire procedure giudiziarie più celeri, certe ed al minore costo possibile, che permettano di ottenere il pagamento dei crediti dei lavoratori o, in caso contrario, la dichiarazione di fallimento.

In particolare, si propone di:

a) prevedere che l’avvio della procedura concorsuale avvenga in tempi prestabiliti, senza ulteriori preventivi adempimenti nel caso l’azienda non si presenti all’udienza;

b) parificare i termini di decadenza del privilegio, per i redditi da lavoro dipendente, a quelli dei creditori titolari di licenza e precisamente un anno dalla scadenza del periodo di paga;

c) parificare nella graduatoria del credito lo Stato e l’ISS, prevedendo altresì che, quando non vi siano più dipendenti, debbano essere intraprese anche le iniziative sopra indicate al fine di recuperare il credito e/o consentire la copertura dei periodi contributivi, attraverso il fondo di garanzia previsto nel caso dalla procedura concorsuale non emergano attività sufficienti.

 

c.s.

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