Michele Misseri non è più l’Orco di Avetrana? Le ultime novità che arrivano dagli inquirenti di Taranto aprono un nuovo scenario sull’assassinio di Sarah Scazzi, la quindicenne che dal 26 agosto scorso occupa le cronache di tutti i media italiani.
La nuova ipotesi che balza in primo piano vede la "cugina prediletta", Sabrina, come principale indiziata per la morte di Sarah. Spunta così una nuova ipotesi nel delitto di Sarah Scazzi, la quindicenne uccisa ad Avetrana: all’ora dell’omicidio lo zio Michele Misseri, che si è accusato del delitto, probabilmente stava dormendo. L’ipotesi, circolata ieri a Taranto, non ha trovato conferma negli atti dell’inchiesta ma gli inquirenti starebbero, esaminando anche le abitudini quotidiane dello zio della vittima. Attraversano i corridoi e le sbarre del carcere di Taranto le urla di Sabrina Misseri, la cugina di Sarah Scazzi accusata di essere stata la sua aguzzina, complice del padre reo confesso Michele Misseri. “Sono innocente, vi prego aiutatemi” gridava ieri la 22enne che è in cella da venerdì sera. La ragazza continua a mangiare regolarmente, non cede ma, mentre legge alcune riviste femminili, piange e accusa il padre che l’ha incastrata di essere un bugiardo. “Zio Michele”, intanto, dopo aver ritrattato la confessione, smentendo la violenza su Sarah, continua a coinvolgere la figlia: “Io in casa non contavo nulla – ha detto agli investigatori facendo intendere che in casa veniva solo ‘utilizzato’ dagli altri familiari – Dormivo sulla sdraio, mangiavo con le mani e lavavo i piatti che mia moglie e mia figlia avevano usato”. A difendere Sabrina ci pensa, invece, sua madre Cosima Serrano, sorella di Concetta, la mamma di Sarah. Lunedì, nell’interrogatorio di circa tre ore per troppe volte ha risposto “Non ricordo, non posso ricordare tutto quello che ho fatto”: un’altra circostanza che ha convinto i magistrati a ritenere che la donna sapesse quello che suo marito e sua figlia avevano fatto alla giovane quindicenne. Al momento Cosima non è indagata poiché non sono emersi elementi che possano far ipotizzare un suo coinvolgimento, superiore al favoreggiamento, che in ambito familiare non è punibile. Insomma, la parola “fine” sembra ancora lontana.