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Ucid, sussidiarietà  e crisi economica

da Redazione

La relazione tra famiglia e lavoro è fondamentale, anche in periodi di recessione, sia per la qualità del lavoro che per la qualità della vita e per la felicità delle persone e delle famiglie. Una relazione al centro della tre giorni dell’UCID a San Marino.

di Alessandro Carli


La relazione tra famiglia e lavoro è fondamentale, anche in periodi di recessione, sia per la qualità del lavoro che per la qualità della vita e per la felicità delle persone e delle famiglie. Il conflitto tra vita professionale e vita privata compromette la salute ed il benessere degli individui, oltre che lo sviluppo dell’impresa. Anzi, dal punto di vista delle aziende, la conciliazione lavoro/famiglia costituisce anche un obiettivo di business, perché permette sia di ottenere effetti positivi sulla qualità del clima aziendale, sull’attrattività dell’azienda nel mercato del lavoro, sulla produttività dei lavoratori, favorendo sia la riduzione del tasso di assenteismo, sia una crescita dei livelli di motivazione e soddisfazione dei lavoratori.
Platea gremita all’interno dell’hotel Best Western di San Marino, location – dal 24 al 26 settembre – della seconda edizione della Scuola di Formazione dei Giovani Imprenditori iscritti all’UCID nazionale italiano, quest’anno imperniata su “La strategia del bene comune. Il Welfare sussidiario” ed impreziosita dalla lettera inviata dal Ministro per il Welfare della Repubblica italiana, Maurizio Sacconi.
“Il tema che avete scelto come titolo di questa edizione – si legge nella missiva del Ministro – è per me particolarmente interessante. Sempre più verso il welfare sussidiario, pubblico e privato, il ‘not for profit’. Nel recente piano triennale per il lavoro, ‘Liberare il lavoro per liberare i lavori’, ho scritto che bisogna realizzare attraverso il metodo della sussidiarietà orizzontale e verticale, le condizioni per ‘more jobs better jobs’. La sussidiarietà è il principio guida che ci viene consegnato dalla crisi economica. La fine delle impunità del debito sovrano combinata con la complicità dei Paesi senza debito e senza regole, rappresenta inevitabilmente il rapido declino dello Stato pesante ed invasivo, designato sul presupposto formalizzato da Thomas Hobbes, con la sua antropologia negativa, per cui ‘homo homini lupus’. Come passo chiaro anche i governi di altri Paesi, e su tutti si pensi al progetto di ‘bill society’, formalizzato dal primo ministro inglese, va assolutamente colta questa opportunità epocale per rimettere in discussione i formalismi consegnateci dal secolo scorso che non hanno mai voluto comprendere che il bene comune nasce, non dallo Stato e dalle sue burocrazie, ma dal cuore delle persone”.
Dunque, la chiave del successo di un’azienda sta anche nella motivazione e nella fidelizzazione del personale. Avere dei lavoratori sereni fa bene alle imprese e alla società e, da non sottovalutare, incoraggia le coppie a pensare ad allargare un po’ di più le loro famiglie.
Ciò è possibile attraverso precisi modelli di comportamento aziendali in cui prevale la convinzione che il benessere delle persone è fondamentale per la motivazione e la produttività, vale a dire, in cui le politiche di conciliazione assumono un ruolo centrale nelle strategie di sviluppo e di valorizzazione delle risorse umane. Perché concezioni quali “più società meno stato” o welfare sussidiario sono diventate oggi di attualità? Un punto fermo appare l’esigenza di difendere quella tradizione europea che, a partire dalla centralità della persona umana, “unica e irripetibile”, ha costruito un sistema di welfare universalistico mirato all’offerta di un’ampia gamma di servizi pubblici disponibili per tutti i cittadini. E che deve coinvolgere anche il sistema-azienda, come ha evidenziato con chiarezza Riccardo Illy: “Abbiamo sviluppato, assieme ad altre aziende della Regione Friuli Venezia Giulia, un progetto di asili nido interaziendali al fine di sopperire alla carenza di posti nei nidi. Nonostante la presidente della Regione, in 5 anni, abbia raddoppiato i posti, i risultati sono insufficienti. Le imprese, se non vogliono perdere collaboratrici valide quando hanno dei figli, devono attrezzarsi per sopperire alle carenze del pubblico”.
A fronte di questa sterile contrapposizione tra logica pubblica e privata, il convegno ha voluto sottolineare il valore del cosiddetto “welfare sussidiario”, quello cioè in cui trovano spazio i servizi delle realtà non profit. “Abbiamo una marcia in più – ha spiegato Manlio D’Agostino, dirigente dell’UCID -. E’ la fede, che ci permette di lanciare il cuore oltre l’ostacolo e che ci dà la certezza di ottenere il risultato”. E sulla scia si posizionano anche le parole del Segretario alle Finanze Pasquale Valentini che, dopo aver ha sottolineato quanto la parola ‘bene comune’ sia abusata in politica, ha spiegato che “la sussidiarietà non è la somma di beni particolari ma è dentro tutti i beni particolari e non può prescindere dalla domanda religiosa”.

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