Home FixingFixing Diario della crisi del 1 ottobre 2010

Diario della crisi del 1 ottobre 2010

da Redazione

Il pensiero debole attraversa le divise. Parliamo del dollaro, ma anche dello yuan nipponico. E poi c’è la crisi greca, che turba sempre gli animi.

di Saverio Mercadante

 

Il pensiero debole attraversa le divise. Gli Stati Uniti d’America faranno con le mani e con i piedi per tenere il dollaro debole e aiutare l’export. La banca centrale USA potrebbe stampare più moneta per comprare dei titoli sul mercato del credito: si svaluterebbe così ancora di più il dollaro. Ma anche il Giappone balla la stessa canzone. Tokyo dopo che lo yen è arrivato ai massimi da 15 anni contro dollaro, ha saltato con un lancio lungo il centrocampo degli accordi di politica monetaria internazionale. Il 15 settembre ha tirato fuori dalle sue riserve qualcosa come duemila miliardi di yen stimati (circa 19 miliardi di dollari) per allentare la forza dello yen e ridare spazi al proprio export.
La Cina si allinea anch’essa continuando a mantenere debole in modo artificiale lo yuan. A giugno promette di liberalizzare i cambi sulla propria valuta che, però, in oltre 3 mesi si rafforza di appena l’1,9% circa.
Chi rimane nel mezzo di queste manovre è l’euro. A metà settembre l’euro veniva scambiato a 1,27 contro il biglietto verde, salvo poi una decina di giorni dopo salire a 1,34 dollari, i massimi da aprile 2010.
Intanto in Europa gli investitori hanno messo sul mercato i titoli di Irlanda e Portogallo che non riescono a risollevarsi dalla crisi economica: entrambi ora pagano più del 6 per cento d’interesse per finanziare il proprio debito. Con scarsi risultati.
Banca centrale europea venerdì scorso ha tentato di sostenere il mercato con corposi acquisti.
A Francoforte e nelle cancellerie del vecchio continente è tornato di moda subito il pensiero unico: “Ce la faremo a reggere altre due botte come quella greca?”.
Ci rassicura Goldman Sachs, oh my God, con un report: nonostante la carenza di liquidità, è “molto difficile” che la crisi finanziaria sia così grave come quella che ha obbligato Atene a chiedere aiuto. Aiutooo!

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