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Un lungo ponte tra USA e Italia

da Redazione

Con Mind the Bridge a caccia di finanziamenti dall’altra parte dell’Atlantico.

di Saverio Mercadante

 

L’Italia che chiama l’Italia dalle sponde del Pacifico. L’Italia di quelli che ce l’hanno fatta nella Silicon Valley che tende una mano molto concreta agli italiani pieni di ingegno e di idee ma che non trovano finanziamenti nel loro paese, ultimo in classifica, tra le potenze del G7, in termini di spesa pro capite sulla ricerca e sviluppo. Venture capital, questo semisconosciuto. Mind The Bridge è un’iniziativa non profit fondata nel 2007 da Marco Marinucci, ingegnere italiano del quartier generale di Google, a Mountain View California, e oggi direttore esecutivo della fondazione. L’iniziativa parte da una business plan competition seguita in Africa: Marinucci ha pensato assieme ad altri giovani imprenditori italiani di successo di Silicon Valley di mettere altri giovani nella condizione di proporre spin-off e start up, lanciando un “ponte” tra la creatività italiana e i capitali americani. Matteo Daste, Luigi Orsini Carbone, Jeff Capaccio e Richard Boly – gli italiani storici della Silicon Valley – non hanno esitato a farsi avanti. Così gente come Giacomo Marini, cofondatore della Logitech e ora alla Noventi Capital, e Alberto Sangiovanni-Vincentelli, fondatore della Synopsys Inc. e professore di ingegneria all’università di Berkeley, hanno accettato di far parte del comitato incaricato di selezionare i progetti da presentare negli States. Altri, come l’ingegnere chimico Betsy Robinson – cofondatrice della Genzyme – e Fabrizio Capobianco, fondatore della Funambol, hanno deciso di aiutare le start-up italiane a passare dalla fase progettuale a quella della stesura del piano commerciale e dello studio di fattibilità. Un’impresa in start up, è un’impresa che vive un processo di organizzazione continua e di ricerca capitali per poter avviare i processi produttivi. Il finanziamento di questi capitali si ottiene attraverso il cosiddetto elevator pitch, che dà la possibilità alle giovani imprese di cercare di convincere i capitali internazionali ad investire nelle proprie idee o finanziare le proprie aziende. E’ l’idea che guida il progetto creato dalla fondazione Mind The Bridge per valorizzare il capitale intellettuale delle imprese italiane. I progetti vengono tutti sottoposti al comitato di selezione, formato da 12 imprenditori e da venture capitalist, e almeno 5 di essi arrivano al tavolo delle trattative con le maggiori aziende della tecnologia mondiale. Si va dal ragazzo appena uscito dall’università con un’ottima idea ai centri di ricerca e alle aziende che hanno anche dieci anni di attività, ma che in Italia non sono riuscite a decollare. Società con progetti che spaziano dalla telefonia alle biotecnologie, dalle nanotecnologie ai media e dall’ambientalismo all’energia. Mind The Bridge cerca di essere un luogo pratico dove incanalare le nuove idee italiane, per poi farle confluire nel mercato internazionale degli investitori, con lo scopo di strappare una partnership o un investimento. E’ un canale unico nel suo genere fra Stati Uniti e Italia. Le proposte che sono arrivate negli Usa nell’edizione 2009-2010 sono 5 start-up molto variegate tra loro: la VRMedia, creata da ex precari universitari e pratica nel settore commerciale, la WhereIsNow, fondata da ex impiegati bancari che adesso si occupano di aggiornamento di documenti digitali, la Fluidmesh Networks, fondata da trentenni che lavora nella videosorveglianza wireless, la Adant New Technologies, nata da una tesi di laurea di un trentenne, produce antenne wireless e la TripShake Answers on the Go, una nuova forma di assistenza ai viaggiatori, è la terza start-up di proprietà di un 27enne. VRMedia s.r.l., spin-off della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa che sviluppa tecnologie basate sulla Realtà Virtuale e Aumentata per la ricerca e l’industria, è stata proclamata start-up dell’anno nella finale della competizione svoltasi il 18 marzo 2010 nella Silicon Valley presso la prestigiosa Stanford University (USA). A detta di Jeff Capaccio, avvocato e fondatore della Silicon Valley Executive Italian Council, l’Italia ha ingegneri molto preparati, tra i migliori al mondo, ma il paese manca di mentalità imprenditoriale. “Per questo cerchiamo di trasferire in Italia quanto c’è di buono da questa parte del mondo”. Creare un ponte verso gli Stati Uniti, nell’attesa che anche le istituzioni italiane puntino seriamente sulla ricerca. Come Israele insegna.

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