Home FixingFixing Certificazioni CE e CBPG Qualità  e sicurezza in tavola

Certificazioni CE e CBPG Qualità  e sicurezza in tavola

da Redazione

Un’intensa mostra fotografica di Ilvo – realizzata per il tentennale della Cooperativa – ha accompagnato l’auditorium verso la sala del Kursaal, dove un parterre du roi a diversi carati ha tracciato gli infiniti aspetti legati al mondo degli allevatori.

Di Alessandro Carli

 

Sul palco del Centro Congressi, mercoledì 8 settembre, il moderatore Sergio Barducci ha fatto da metronomo alle parole del Segretario di Stato per il territorio, l’ambiente e l’agricoltura Gian Carlo Venturini, al saluto del Presidente della C.A.S. Teodoro Cecchetti, e agli interventi del Direttore della Cooperativa Edoardo Angelini, di Leonardo Lonfernini (direttore dell’U.G.R.A.A.), del direttore del Dipartimento prevenzione dell’ISS Maurizio Berardi, del dottor Antonio Putti e delle analisi del professore di Microbiologia Agraria all’Università di Bologna Luigi Grazia e di Paolo Laudisio, Direttore di Bovinmarche. Il workshop ha portato alla luce una visione stereoscopica sul mondo degli allevatori e sui bovini, sullo stato dell’arte del settore, con un paio di interessanti appendici sulle potenzialità dei prodotti sul mercato. Sul Titano la struttura degli allevamenti bovini è quasi tutta orientata verso la produzione della carne: Leonardo Lonfernini, nel suo discorso, ha evidenziato che su un totale di 30 allevamenti presenti nel territorio, solamente 4 sono destinati alla produzione del latte. “Le 30 aziende agricole – ha sottolineato il Direttore dell’U.G.R.A.A. – conducono compressivamente 1.082 ettari di superficie, che rappresenta il 42% della superficie agricola utilizzata”. Lonfernini ha voluto ribadire l’importanza della normativa per la produzione di Carne Bovina Pregiata e Garantita: “Dal 1995, anno in cui gli allevatori hanno richiesta l’applicazione della normativa, al 2000 sono stati marchiati e certificati 3.462 capi. Dal 2001 al 2009 le certificazioni sono state 4.146”. Un patrimonio zootecnico di 1.600 capi bovini, suddivisi a metà tra quelli nati sul Monte e quelli che provengono dalla Francia. E una tradizione che oggi si sposa con la sicurezza, anche grazie a una serie incrociata di controlli che l’Ufficio di Sanità Veterinaria e Igiene Alimentare e l’Ufficio Gestione Risorse Ambientali ed Agricole eseguono periodicamente. Oggi ogni prodotto bovino che la C.A.S. immette sul mercato ha un doppio fiore all’occhiello: i certificati di qualità CE e CBPG, risultati finali di un lavoro improntato sulla salute del consumatore. La rintracciabilità totale presente sulle etichette permette al cliente anche di conoscere tutto il percorso del bovino.

 

Paolo Laudisio e l’esempio della Cooperativa Bovimarche: la tracciabilità è un’opportunità

 

La tracciabilità delle carni bovine è un’opportunità e non una zavorra. Il Direttore Paolo Laudisio, nella sua esposizione, ha illustrato alla platea la realtà della Cooperativa di Allevatori Marchigiani, costituita nel 1987 e che oggi può fare affidamento su 600 soci. “La media per ogni stalla – ha esordito – è di circa 25 capi. La razza maggiormente presente è quella Marchigiana. La nostra Cooperativa fa affidamento su 70 macellerie convenzionate e su un fatturato di oltre 6 milioni di euro”. I consumatori sono molto attenti, e richiedono al prodotto e al relativo processo produttivo un percorso di qualità. Il Direttore infatti spinge il pedale sulla certificazione: “Nel nostro caso, su un fatturato di oltre 6 milioni di euro, la certificazione ‘pesa’ per poco più di 50 mila euro, una percentuale davvero piccola, che non deve spaventare”. Per Paolo Laudisio infatti oggi la certificazione è “una scelta strategica, e serve per aumentare la competitività, per qualificare la produzione tradizionale di qualità e per avere un prodotto chiaramente riconoscibile dal consumatore”.

 

Nuova vita ai tagli anteriori: le ricerche del professor Grazia tra bovella e bovotto

 

Luigi Grazia, professore all’Alma Mater Studiorum, ha presentato i risultati di una ricerca rivolta a dare una nuova “vita” (e quindi mercato) ai tagli anteriori dei bovini cosiddetti “a fine carriera”. I prodotti proposti sono la salsiccia, il salame spalmabile, il salame, la bovella e il bovotto. Gli studi hanno messo in evidenza pro e contro. “Sulla salsiccia, ad esempio – ha sottolineato – siamo riusciti solo in parte ad ovviare alla scarsa succosità della carne bovina, e al palato persiste un certo aroma di hamburger, che non sempre può essere gradito”. E se il salame può vantare una certa semplicità della tecnologia, quello ‘spalmabile’ mette sulla bilancia del “più” la possibilità di utilizzare carne magra proveniente da rifilature non impiegabili in altri salumi crudi e sul piatto contrassegnato dal segno “meno” una certa difficoltà nella stagionatura. Il confronto tra la mortadella, la bovella e il bovotto fa emergere un dato di rilievo, che incontra le esigenze dei clienti, sempre più orientati verso prodotti ‘magri’: la percentuale di grasso nei prodotti derivati dai bovini è decisamente più bassa (la mortadella ha una percentuale del 26,5%, la bovella e il bovotto si fermano sotto i 15 punti percentuali). Tra i “nei” evidenziati dagli studi condotti dal professor Luigi Grazia, la percezione “industriale” dei due salumi cotti. “I salumi proposti sono una valida alternativa all’utilizzo industriale dei capi a fine carriera – ha concluso il docente – e possono trovare mercato come prodotti di nicchia. La bovella e il bovotto costituiscono senza dubbio una curiosità gastronomica e allo stesso tempo un recupero delle tradizioni perdute”.

Forse potrebbe interessarti anche:

Lascia un commento