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Viaggi: a Cefalonia niente pianti greci

da Redazione

Un uomo, due piedi, una tenda, un po’ di inglese, per capire dal basso come avrebbe tirato il vento della crisi economica greca questa estate su un’isola dalle grandi presenze turistiche. Come Cefalonia, per esempio.

Di Saverio Mercadante


Un uomo, due piedi, una tenda, un po’ di inglese, per capire dal basso come avrebbe tirato il vento della crisi economica greca questa estate su un’isola dalle grandi presenze turistiche. Come Cefalonia, per esempio. Collegata dall’aeroporto internazionale Rimini – San Marino da Air Vallèe.
Kalimera Spiro, Kalispera Cristos. Buongiorno Spiro, Buonasera Cristos, qui sembra proprio che la campana della crisi non suoni a morto. Anzi, al di là delle presenze turistiche straniere, tanti inglesi, molti italiani, rari francesi, austriaci e tedeschi, la borghesia greca affolla Kefalonia. Ristoranti pieni, locali pieni, tante barche, yacht e superyacht battenti bandiera ellenica. Argostoli, la città più grande dell’isola, sembra Riccione. Lo struscio serale nella via principale piena di negozi e gioiellerie, bar e pub, non è Viale Ceccarini, ma non ci si fa mancare niente. Quando fai qualche domanda diretta sulla crisi del Paese, fanno spallucce, una viso contrito, poi infastidito. Come se ci fosse da scacciare una mosca fastidiosa che per un attimo turba la loro rilassatezza. Le spiagge lunghe e sabbiose di Skala e Lassi, sono piene di ombrelloni, brandine, cari, e tanti greci. Mirtos, la spiaggia mito di Cefalonia, bianca e dalle acque caraibiche, altrettanto. Le calette che punteggiano le basse scogliere, e che ospitano piccole spiaggette di ciottoli verso l’ora di pranzo si riempiono puntualmente di bagnanti. Fiskardo, l’unico villaggio di pescatori che si è salvato dal terremoto del ‘53, è divenuto l’approdo dei grandi yacht e dei tre alberi d’epoca inglesi, italiani, e di tanti greci. Sami, si conferma strapiena, come il suo camping ultima generazione, e come la sua magnifica spiaggia Antisamos: acque turchesi, sulla quale scendono imponenti e verdissime colline dove comanda il pino nero, che cresce solo qui a Cefalonia. Kalimera, Spiro Latsis. Chissà se il banchiere greco, l’uomo più ricco della Grecia, e uno dei più ricchi del mondo, si aggirava nelle acque delle isole ionie, tra Itaca e Zante molto vicine a Cefalonia, teatro dell’eccidio del battaglione italiano da parte dei nazisti, dopo l’8 settembre. Nell’aprile di quest’anno Spiro Latzis veniva accusato dal quotidiano tedesco Bild di aver ordito le fila della speculazione nelle borse europee in seguito alla dichiarazione di insolvenza del governo greco. Il titolo dell’articolo era piuttosto ironico: “Perché mai il danaro dei contribuenti tedeschi dovrebbe finire nelle tasche di un miliardario greco?”. Cefalonia non è a buon mercato. Zante, come Itaca, mi dicono sono ancora più care. Più piccole, e molto belle secondo i resoconti di alcuni turisti italiani che ho incontrato. In questi giorni, un gruppo di archeologi greci guidati dal professor Athanasios Papadopoulos hanno scoperto nell’isola, patria dell’eroe omerico per antonomasia, un palazzo risalente ad epoca micenea, al quale hanno già attribuito il titolo di “reggia di Ulisse “. Il miglior locale di Cefalonia? Aristofani. Il bar-ristorante è stato aperto nel 1925. Si affaccia sulla profonda e larga insenatura davanti ad Argostoli. E’ subito dopo il ponte pedonale in pietra che l’attraversa. L’edificio originario ha davanti a sé una veranda. Tavolini, ben distanti l’uno dall’altro, sino alla fine del molo. Solo greci, rari turisti. Bambini, controllati da nonni impegnati a insegnare come si maneggia una canna, che pescano seduti sulle sedie del locale, famiglie, coppie, amici, immigrati curati e ben vestiti. Tanto vento dal pomeriggio all’imbrunire. Pochi mangiano, molti spizzicano bevendo birra, vino, e ouzo. Ma si cena e bene con ottimi piatti di alici e sardine, fritte o alla griglia. Frittura di calaramari e polipetti. Polipo gigante alla brace. Cozze senza guscio immerse in un sugo denso e piccante. Ottimo souvlaki, gli spiedini di maiale. Straordinario tzaziki, salsa cult con yogurt, cetriolo, aglio, olio, e pochissimo aceto. Vino bianco fresco, e ouzo, anice greco da bere con acqua e ghiaccio. E’ la pace ellenica. Sulla quale regna Misaeli. Piccolo cameriere. Un metro e cinquanta. Cubano. Un cubano a Cefalonia? “Siamo cinque cubani sull’isola”. Sua cugina aveva sposato un greco e lui 10 anni fa è venuto qui e c’è rimasto. Veloce, faccia e voce da bambino. Gentile e discreto. Il vero genius loci di Cefalonia per me. “Tutto molto buono, Misaeli”. “Grassie”. L’unico vero segno della crisi nel campeggio d’Argostoli. Subito dopo l’entrata, t’arriva in faccia un ristorante chiuso, qualche finestra rotta, la vernice scrostata. Qualche busta di plastica di troppo per terra. Ma è solo un attimo. Dietro t’aspetta un campo di bellissimi olivi. E sotto il suo cannicciato, l’ombra e il vento lo rendono il miglior posto del campeggio per ripararsi dal sole pomeridiano. Il ristorante della crisi alle tue spalle scompare portato via dal Maestros, dal maestrale, che spazza via ogni nube della crisi. Adesso. A Kefalonia. E quando torneranno ad Atene?

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