Home FixingFixing Come impedire un sistema di ripartizione così ingiusto?

Come impedire un sistema di ripartizione così ingiusto?

da Redazione

Pagare le tasse è un obbligo del cittadino, non pagarle è la doverosa opposizione del suddito. L’abbiamo visto una settimana fa. Seconda parte delle riflessioni provocatorie su spesa pubblica ed evasione nella rubrica Prima Nota di Paolo Brera. La lotta a chi raggira il fisco, se ha successo, non è neutra sul piano macroeconomico.

Pagare le tasse è un obbligo del cittadino, non pagarle è la doverosa opposizione del suddito. L’abbiamo visto una settimana fa. Resta da aggiungere che nel mondo non esistono Paesi completamente democratici e nemmeno Paesi interamente totalitari: perfino i regimi più oppressivi, come era un tempo quello sovietico e come è oggi quello cinese, devono tenere conto degli orientamenti della gente. Nella storia ci sono stati solo pochissimi esempi di assoluta estraneità del potere alle aspirazioni di coloro sul quale era esercitato: i campi di sterminio, fossero nazisti, khmer-rossi o bosniaci. La Russia sovietica sondava gli umori del popolo con numerosissimi e intensi sondaggi sociologici, non con elezioni; ma anche là dove le elezioni si tengono, la volontà del popolo può essere distorta dalla classe politica. La realtà è il regno delle mezze tinte.
La fantasia di porre fine all’evasione fiscale è di natura utopica, perché non ne vengono mai analizzate le conseguenze economiche. Se l’evasione fiscale all’improvviso cessasse, in Italia si produrrebbe subito una terribile crisi economica, perché il prelievo passerebbe da 43-44% del pil a 50,5% – oltre sette punti di de-stimolo all’economia, che è ben più di quanto non abbia fatto la Grecia con il suo budget “lacrime e sangue” che l’ha portata sull’orlo dell’insurrezione popolare. Con buona pace del ministro Tremonti, la lotta all’evasione fiscale, se ha successo, non è neutra sul piano macroeconomico.
E neppure su quello microeconomico. La vulgata mediatica presenta gli evasori come una massa di ricchi, ma solo una piccola parte dell’evasione si deve a gente di questo tipo. Gli altri sono un mosaico di figure sociali, dallo studente che fa lavori in nero perché per pochi soldi non val la pena di mettersi in regola al barista che senza il nero dovrebbe chiudere il bar a causa del carico fiscale. E se i lavoratori dipendenti amano ripetere che loro non possono evadere neanche un eurocent perché le tasse gliele prelevano direttamente in busta paga, la realtà è che ogni volta che pagano l’idraulico senza farsi addebitare l’Iva del 20% stanno evadendo un’imposta che la legge pone a carico loro (l’idraulico la preleva ma è tenuto a riversarla interamente al Fisco).
Il vero problema è se il prelievo fiscale in Italia sia distribuito in modo equo (non lo è) e se l’uso che lo Stato fa dei soldi sia giusto oppure sbagliato (è sbagliato). Un povero diavolo che dà in affitto il suo bilocale per un anno a 9.000 euro ne deve dare allo Stato italiano 2.000, e poi lo Stato usa i soldi per pagare 20.000 euro al mese ai millanta parlamentari della specie Hirudo Politica, maggioranza e opposizione sempre concordi sul mantenere questi livelli e magari aumentarli quale che sia la situazione dell’economia.
Se la spesa dello Stato supera gli introiti, ciò che lo Stato sta facendo è emettere una tratta sui nostri discendenti. Questo comportamento può anche starci se si prevede che la produzione aumenterà e quindi ciò che dovrà essere restituito verrà ad essere una quota minore della produzione (cioè peserà di meno sulle spalle dei posteri). Se oggi produco cento e spendo per centodieci, dieci dovrò prenderli a prestito e restituirli dopo un certo periodo con un interesse (diciamo) di uno. Dieci è il dieci per cento di cento, e undici è il dieci per cento di centodieci. Se alla scadenza del periodo la produzione sarà più di centouno, avrò preso a prestito qualcosa che vale proporzionalmente di più della somma che sarò chiamato a restituire. Ma non è questo ciò che vediamo in Italia. L’aumento di produzione non si sa da dove potrebbe saltar fuori, e il deficit pubblico è dovuto al sostegno di livelli di consumo non più realistici (oltreché all’intrattenimento di una coorte di parassiti legati al mondo della politica). La spesa per consumi si indirizza verso i produttori asiatici, a preferenza di quelli italiani. Quando si tratterà di restituire i prestiti dello Stato, il prelievo fiscale sarà di necessità ancora più gravoso.
Situazioni del genere, nella storia, hanno spesso avuto sanguinose conseguenze rivoluzionarie. Perché una società sia stabile, la ripartizione del reddito generato dal lavoro di tutti deve essere giudicata accettabile dai suoi membri. Che certi modi di procurarsi denaro siano automaticamente etichettati come “spregevoli” non significa che lo siano davvero: il barista che non batte lo scontrino sta trattenendo per sé qualche centesimo di euro, il politico che incassa il maltolto tramite un comodo bonifico bancario sta appropriandosi di decine di migliaia di euro. Il vero discorso di oggi, in Italia, non è come lo Stato possa costringere i cittadini a dargli i soldi che le leggi dicono devono allo Stato come tasse, ma come i cittadini possano impedire allo Stato di tenere in piedi un sistema di ripartizione ingiusto che premia chi non fa niente per la società e colpisce chi produce.

 

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