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Folaghe, una mostra con le immagini di una Rimini in bianco e nero

da Redazione

Folaghe. Con l’accento sulla ‘à’, oppure sulla ‘ò’, va bene anche così. Un brano di De André, una poesia in musica, senza parole, contenuta nel celeberrimo album “Rimini” del 1978. Una poesia, senza parole, in cui ci entra tutta la città di Rimini, esclusi i luoghi comuni stravisti e strasentiti. Folaghe è la mostra fotografica di Alessandro Carli e Gianmario Baldassarri, inaugurata domenica sera all’Angolo DiVino di Rimini.

Di Loris Pironi


Folaghe. Con l’accento sulla ‘à’, oppure sulla ‘ò’, va bene anche così. Un brano di De André, una poesia in musica, senza parole, contenuta nel celeberrimo album “Rimini” del 1978. Una poesia, senza parole, in cui ci entra tutta la città di Rimini. Una Rimini lontana dai luoghi comuni, quella del divertimentificio, delle discoteche, della caciara sulla spiaggia, delle famiglie con paperella salvagente sotto il braccio e dei ragazzi ubriachi persi alle 7 di mattina.

 

Perché sì, a viverci, a viverLA, c’è davvero un’altra Rimini. Fatta di silenzi, di riflessione. Di neve, di gabbiani e di murales, di preghiere e di nuvole. Di archeologia industriale e di pescatori. LA Rimini che ti entra nel cuore e resta lì conficcata per tutta la vita.
Una Rimini, rigorosamente in bianco e nero, che i fotografi Gianmario Baldassarri e Alessandro Carli hanno raccontato in venti scatti attualmente in mostra all’osteria Angolo DiVino, nel Borgo San Giuliano (più Fellini che De André), mostra che resterà allestita sino alla fine di agosto.

Venti scatti realizzati con macchine fotografiche d’antan, una Leica e una Hasselblad più vecchie dei loro proprietari, fotografie manuali e su pellicola, sviluppate in casa, quasi a ricercare l’imperfezione dell’immagine di una città tutt’altro che perfetta. Ma suggestiva questo sì.

Per un motivo tutt’altro che casuale, le foto della mostra non portano la firma. Quali sono quelle di Alessandro Carli, quali quelle di Gianmario Baldassarri non è importante. È un gioco di fusione, il bianco e il nero che mescolati con sapienza diventano un altro colore.

 

Venti scatti che catturano lo sguardo e fanno perdere in déjà vu. Fotografie che parlano, talvolta in dialetto, in altri casi in romeno in albanese in marocchino, le voci dei nuovi abitanti della città, talvolta abbracciati, altre volte respinti come dalla risacca del mare, troppo spesso gettati dalla corrente in luoghi che i riminesi non vivono più. Come la fabbrica dismessa del Pastificio Ghigi, sulla Superstrada che raccorda Rimini alla Repubblica di San Marino, esempio prezioso di archeologia industriale ma anche ricettacolo di cittadini stranieri persi tra le maglie dei controlli per l’immigrazione clandestina. E le foto di Alessandro Carli e Gianmario Baldassarri lo testimoniano bene. A partire da “Ex pastificio Ghigi, Cavallo di spade” (firmata da Carli), una delle foto emblematiche dell’intera mostra assieme – a nostro personalissimo parere – a “Mare e neve si baciano (di Baldassarri).

 

La vernice di Folaghe, poi, è stata impreziosita dalla presenza di Annalisa Teodorani, giovane poetessa dialettale santarcangiolese (una grande tradizione, e Annalisa ci sguazza a pieno merito) che ha presentato il suo ultimo libro “Sota la guaza”.
Un idillio artistico quanto mai azzeccato, perché le poesie di Annalisa Teodorani hanno rappresentato, per una sera almeno, le parole che in Folaghe De André non ha scritto. Poesie che raccontano la Romagna – Santarcangelo, Rimini, è una mera questione di prospettive – cantate da una lingua che sa di passato, eppure assolutamente contemporanee. Poesie che sembrano venire fuori da una camera oscura, in bianco e nero ma capaci di regalare luce ed emozioni.

 

FOLAGHE: LA FOTOGALLERY

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