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Triplo Whammy in arrivo per l’economia britannica

da Redazione

L’economia britannica sta per beccarsi un triplo whammy. A dirlo è il chief economist della Banca d’Inghilterra, Spencer Dale, e dunque si può credergli. L’unico problema è capire che cos’è un whammy. Ma anche questo non è poi molto difficile: un whammy è il contrario di un colpo grosso. Insomma, è una sfortuna. E se è triplo, una sfortuna tripla.

Di Lou Nissart

 

L’economia britannica sta per beccarsi un triplo whammy. A dirlo è il chief economist della Banca d’Inghilterra, Spencer Dale, e dunque si può credergli. L’unico problema è capire che cos’è un whammy. Ma anche questo non è poi molto difficile: un whammy è il contrario di un colpo grosso. Insomma, è una sfortuna. E se è triplo, una sfortuna tripla.
Dale l’ha detto e quando l’ha detto non stava precisamente sussurrando, stava concedendo un’intervista al quotidiano l’Independent. La tripla sfortuna che si profila per la Gran Bretagna consiste in un’inflazione più alta, una maggiore disoccupazione e una bassa crescita dell’economia. I prezzi non torneranno sotto il 2 per cento di incremento annuo prima della fine del 2011, la crescita resterà bassa per almeno due o tre anni e la disoccupazione ma, chissà se tornerà ad abbassarsi.
Non contribuisce di sicuro al benessere l’indispensabile austerità messa in atto dal nuovo governo Con-Lib – e questo anche se si tratta di austerità all’acqua di rose, nel contesto di ciò che era stata la corsa alla spesa in funzione anticongiunturale dei due anni precedenti. L’Office for Budget Responsibility – un organismo indipendente dal governo – ha ultimamente determinato il numero dei posti di lavoro che andranno persi nel settore pubblico a circa 600,000 nell’arco dei prossimi cinque anni.
L’economia britannica, in effetti, sta eseguendo un esercizio sulla corda di equilibrio. Per scongiurare una caduta verticale della produzione, ha iniettato sostegno pubblico sia nei bilanci delle imprese finanziarie sia nei redditi della popolazione. La sterlina ha perso quota, ma questo non è bastato per spingere di nuovo l’export, visto che la base produttiva inglese si è ristretta moltissimo negli anni della finanza pigliatutto (e chi non produce, mica può esportare). Il prezzo di tale esercizio è stato la trasformazione di una cospicua quota del debito privato in debito di Sua Maestà. Le proiezioni indicano che nell’arco di un trentennio il debito pubblico inglese arriverebbe a tre volte il pil, un livello insostenibile. E ciò anche con l’austerità.
Le proiezioni di certo non si realizzeranno, perché molto prima di trent’anni i creditori degli inglesi si renderanno conto del pasticcio in cui si stanno mettendo. Il vero rischio, per la Gran Bretagna, è una caduta epocale del tenore di vita dovuto al taglio dei finanziamenti esterni – risultato di decenni di vita spensierata dei consumatori e di disattenzione da parte dei governi.

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