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Santarcangelo 40: la qualità  è di scena

da Redazione

Il bilancio conclusivo di Santarcangelo 40, gli spettacoli più convincenti, quelli rimandati, quelli bocciati.

di Alessandro Carli

 

Se ti chiami Enrico Casagrande, un po’ del tuo destino te lo porti nel cognome. Il direttore artistico di Santarcangelo 40 – dopo l’edizione coerentissima ma teatralmente ‘nebulosa’ di Chiara Guidi dello scorso anno – ha lasciato il segno: ha ricostruito la ‘Casa Grande’ della kermesse clementina, mettendo in piedi – assieme al suo staff – un cartellone imperniato sullo spettatore.
Una programmazione sulla pluralità singola, sulla commistione di voci e cifre stilistiche: traiettorie che hanno riavvicinato il pubblico alla drammaturgia contemporanea. Al di là del valore e della qualità degli spettacoli visti – cose buone e cose meno buone, com’è normale che sia quando si chiamano attori e compagnie da tutto il mondo – Casagrande ha saputo ricucire quella fiducia fidelizzata che vive tra i titoli dei lavori e il pubblico che li va a vedere: gente in fila, ma anche rappresentazioni gratuite e all’aperto, installazioni. E i volti distesi e non arrabbiati di chi non è riuscito ad entrare negli spazi del teatro. Perché l’offerta non è stata rinchiusa tra quattro mura, ma è stata data al respiro del cielo, e agli occhi dei viandanti della scena.
Pollice in alto per i Wunderbaum, a San Marino con “Magna plaza” (una rilettura di “Dolls” di Kitano), così come per il “Domini public” del regista spagnolo Roger Bernat/FFF, lavoro ospitato in piazza Ganganelli in cui gli spettatori diventano attori involontari di teatro. Interessanti anche i Gob Squad che con “Super night shot” hanno ripreso e poi proiettato la vita che accade in zir per il Festival.
Risate di qualità per “Photo-romance” dei libanesi Rabih Mroué e Lina Saneh, protagonisti di uno spettacolo ‘dietro le quinte’, su cui si staglia l’idea di rimodernizzare “Una giornata particolare” di Ettore Scola dentro una Beirut da day after, lì dove l’eco dell’attacco israeliano contro il Libano si ripercuote nell’attesa di due manifestazioni di piazza. Così come da applausi è stato “Todos los grandes gobiernos han evitado el teatro ìntimo”, mise en scene di stampo ‘classico’ su una Hedda Gabler che si stacca da Ibsen per abbracciare Pirandello.
Poco convincente invece “Also Thus” degli israeliani Public Movement: l’attacco al potere ‘arriva’ in platea in maniera frammentata, quasi caricaturizzata e di scarso impatto emotivo.

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