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Pensioni, collasso in soli 8-10 anni

da Redazione

San Marino Fixing torna a parlare di pensioni, di emergenza pensioni, alla luce di un dato indicativo che interrompe un trend positivo e va a suonare un campanello d’allarme. A causa della crisi infatti il monte salari e stipendi – su cui si calcola il valore dei contributi dei lavoratori dipendenti – nel 2009 per la prima volta è calato. Un trend destinato a proseguire. E le previsioni sul collasso del sistema, già pessimistiche, erano basate su una “crescita prudente” di questo dato.

di Loris Pironi

 

La crisi, la black list, le troppe questioni sul tavolo. Le incombenze si ammucchiano e così la riforma pensionistica a San Marino è stata relegata ad una priorità di secondo piano. Dopo il primo intervento tampone del 2005, infatti, si è parlato a lungo del progetto di legge in materia di previdenza complementare, ma per ora i tempi si preannunciano ancora lunghi.
Fixing solleva oggi, una volta ancora, questo problema, alla luce di un nuovo dato di estrema importanza: nel 2009 infatti il monte salari e stipendi – su cui si calcola il valore dei contributi dei lavoratori dipendenti – per la prima volta ha accusato una flessione. Dopo anni in cui il trend era in crescita, questa inversione di tendenza deve preoccupare. E se il calo è leggermente inferiore rispetto a quanto si poteva ipotizzare data la perdurante crisi (427 milioni e 300 mila euro contro i 429 milioni e 900 mila euro del 2008), ciò non può essere rassicurante perché il quadro è destinato a non mutare nei prossimi anni.
Cosa significa questo? Che la diminuzione del monte salari e stipendi porta ad una flessione anche del gettito dei contributi. Significa che le già preoccupanti proiezioni, peraltro legate ad uno studio ritenuto dagli addetti ai lavori non sufficientemente adeguato (per un’analisi più approfondita servirebbero dati più ravvicinati) sono destinate ad essere rimesse ulteriormente in discussione. Oggi le proiezioni dicono che il raggiungimento del punto di criticità del fondo pensioni – se non verranno apportati quanto prima importanti correttivi – avverrà nell’arco di 8-10 anni. Entro il 2018-2020 dunque, se ci si basa su queste proiezioni fatte tenendo conto di una “crescita prudente” del monte salari e stipendi, “crescita prudente” che in realtà si è già tramutata in una decrescita.
Secondo l’analisi dell’Istituto per la Sicurezza Sociale, infatti, “il fondo pensioni nel suo complesso, pur partendo da una situazione non critica, non è in grado di rimanere in equilibrio nel lungo periodo”. Tradotto, al di là degli equilibrati eufemismi di una relazione di bilancio, se non si interviene quanto prima, la situazione rischia di collassare.
È la stessa relazione dell’ISS a spiegare i motivi di questo squilibrio: “Più che da un’eccessiva generosità del sistema di calcolo (che porta ad un’evoluzione delle pensioni medie abbastanza in linea con quella dei salari medi) da un livello troppo basso dell’aliquota contributiva ed un’entrata in quiescenza che a lungo andare è troppo bassa in relazione alle mutate aspettative di vita”. In sostanza, il fondo previdenziale ha bisogno di correttivi per molteplici motivi. Innanzitutto oggi garantisce un tasso di sostituzione troppo alto per poter “reggere” ancora a lungo: chi va in pensione oggi percepirà una cifra di poco più bassa rispetto a quello che era l’ultimo stipendio. In secondo luogo l’età pensionistica è troppo bassa in considerazione delle mutate aspettative di vita: la legge prevede la possibilità di andare in pensione a 60 anni con 40 anni di contributi, e il trend degli ultimi anni è di poco più di 60 anni (l’età media di pensionamento nel 2009 è stata di 60.77 anni, era 60.42 nel 2003).
Come si può intervenire per superare il problema e assicurare la sicurezza previdenziale alle future generazioni? Occorre fissare un nuovo tasso di sostituzione del primo pilastro (adesso è attorno al 90%, in pratica chi ha uno stipendio pari a 100 prenderà quindi 90 di pensione), ritoccandolo sensibilmente al ribasso. Si deve quindi riportare in alto questo tasso aggiungendo un secondo pilastro contributivo.

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