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Seed capitalism per cambiare il Paese

da Redazione

E’ il seed capitalism. E’ una questione di invenzioni, di idee, di start up, e di imprenditori che credono nel progetto e lo finanziano. Il “Caso vincente” di H-Farm, incubatoio privato di start up italiano. In quattro anni investimenti per circa 3 milioni di euro in progetti.

 

di Saverio Mercadante

 

E’ una questioni di semi. E una questioni di soldi. E’ il seed capitalism. E’ una questione di invenzioni, di idee, di start up, e di imprenditori che credono nel progetto e lo finanziano.
Dal profondo nord est, nella campagna trevigiana, un esempio illuminante di come sia possibile riconvertire un sistema economico, come quello sammarinese per esempio, puntando sul settore dei servizi ad alta e media tecnologia, con capitali non elevati, e soprattutto con alte competenze specifiche. Insomma, innovazione e profitto. H-Farm, è uno dei due incubatori privati di start up italiani. Riccardo Donadon (nella foto in alto), il suo profeta fondatore e l’Amministratore Delegato. Nel 2000 ha incassato in piena euforia hi tech parecchi soldi vendendo la sua web agency. Dopo 5 anni ha creato H-farm mettendo sul piatto competenza e credibilità per aiutare giovani con buoni idee a partire da zero. Le banche hanno avuto fiducia, e lui ha investito 5 milioni e mezzo di euro per creare il suo gioiello. Risultato: in 4 anni investimenti per circa 3 milioni di euro in progetti.
Crescita costante. All’inizio in quattro, cinque, oggi quasi duecento. Perché ogni start up cresce e assume nuove persone, creando nuova occupazione. Semplice la scansione del tempo del seed capitalism. H-farm fornisce una sorta di chiavi in mano: sede fisica, computer, il capitale per iniziare, supporto legale, gestionale e un ufficio stampa. Se l’idea è convincente. Sedici start up tutte in attivo. Come H-umus, interfacce per rappresentanti e negozi: via cataloghi cartacei e campioni di tessuti, al loro posto simulatori su schermo piatto. Oppure video colloqui di lavoro da 30 secondi caricati su Uannabe.com: permettono alle imprese di risparmiare tempo e risorse nella selezione del personale. Ancora: Shado, la web tv del villaggio hi tech ricavato da una vecchia tenuta: produce prodotti che nella loro linea narrativa vivono in ambienti diversi. Una storia inizia con un post su facebook, poi si apre un blog, e alla fine diventa una puntata tv che magari integra commenti e video messaggi provenienti dai social working. Interazione via chat e contaminazione per nuove narrazioni. L0G607, altra azienda H-Farm, produttrice di volumi su Roma e Venezia vendutissimi che altro non sono che una caccia al tesoro per la città. Ti registri su whaiwhai.com e le istruzioni ti arrivano via sms.
L0G607 e Shado tv hanno prodotto una serie per Current tv. Dodici episodi da otto minuti che trainano un video gioco interattivo legato alla serie e uno spot per un falso medicinale al centro della serie capace di cancellare la memoria selettivamente. Sui muri della farm veneta le tacche che indicano per ogni azienda la data dell’exit, l’uscita dall’incubatore, quando si realizza l’acquisizione totale o parziale da parte di un grande gruppo imprenditoriale. Il venture capitale paga: è stata aperta una sede gemella a Seattle, a Londra e Dubai. Export di idee made in Italy. Come Zoppa.com: una community di creativi. Grandi aziende propongono concorsi per spot o altra promozione del marchio. Gli utenti postano le loro idee e le migliori vincono i premi in danaro e vengono acquisite dall’impresa. Il format in India è molto piaciuto e H-Farm ne ha creato uno per i grandi operatori e le aziende indiane.

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