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Louisiana la marea nera tocca terra. Disastro senza paragoni

da Redazione

Quello che si temeva è accaduto: la marea nera che continua a fuoriuscire dalla piattaforma della Bp affondata il 22 aprile nel Golfo del Messico ha toccato terra, in Louisiana. Una catastrofe senza precedenti, forse l’unico paragone storico può essere con la Exxon Valdes in Alaska. Barack Obama ha mobilitato l’esercito e annunciato lo stop alle nuove trivellazioni off shore. Intanto Greenpeace lancia l’allarme anche per il Mediterraneo: Adriatico e Tremiti sono a rischio, troppe trivellazioni.

(FONTE: CORRIERE.IT)

Quel che si temeva, è tragicamente accaduto, ancor prima del previsto. Le prime chiazze di petrolio, fuoriuscito dalla piattaforma della Bp affondata il 22 aprile nel Golfo del Messico, hanno cominciato stamane a toccare le coste della Louisiana, non lontano dall’estuario del Mississippi. Lo ha reso noto un responsabile locale. Secondo il canale televisivo della Louisiana WWLTV, le prime avvisaglie sono state avvistate da un elicottero della Guardia Costiera, che adesso si prepara all’impatto degli strati più spessi di petrolio. Billy Nungesser, presidente del distretto di Plaquemines, ha detto che le prime strisce lucenti di petrolio hanno raggiunto le paludi costiere nella notte italiana e adesso minacciano il delicato ecosistema palustre della regione, che costituisce anche un’importante riserva ittica per il Paese (i pescatori di gamberi degli Stati Usa che si affacciano sul Golfo hanno già annunciato una class-action per chiedere i danni alla Bp). In pericolo gli uccelli migratori, i pellicani che nidificano proprio in questa stagione, le lontre di fiume e centinaia di specie di ittiche. Non sono bastate dunque le barriere gonfiabili che erano state poste al largo delle coste sud-orientali degli Stati Uniti per bloccare il petrolio, anche perché nelle ultime ore le onde nella zona hanno raggiunto più di un metro e mezzo d’altezza. Adesso è lotta contro il tempo per evitare che il petrolio che fuoriesce dal pozzo sottomarino (cinque volte superiore alle stime inizialmente annunciate) provochi una catastrofe ecologica simile a quella che, nel 1989, creò la Exxon Valdes in Alaska: le conseguenze di quel disastro durano fino a oggi, a distanza di oltre 20 anni, e continueranno per decenni. Barack Obama, che si è impegnato a usare "ogni risorsa disponibile" e ha mobilitato l’esercito, ha mandato i suoi più stretti collaboratori per coordinare le operazioni di contenimento: il ministro per la Sicurezza nazionale, Janet Napolitano, è partita per sorvolare in elicottero le coste del Golfo del Messico insieme ai ministri dell’Ambiente e il responsabile dell’istituto geologico Usa. In programma anche un incontro con i responsabili della compagnia petrolifera Bp, proprietaria della piattaforma, su cui giovedì Obama ha puntato le responsabilità. Intanto la Casa Bianca ha annunciato che non verranno autorizzate trivellazioni petrolifere off-shore in nuove aree fino a una valutazione del disastro nel Golfo del Messico: pressata da un’opinione pubblica che teme un disastro ecologico senza precedenti, l’amministrazione Obama ha deciso di sospendere tutte le nuove trivellazioni off-shore.

ESPERTO CNR: AREA INQUINATA GRANDE COME BACINO PO
”Il buco emette 200.000 litri di greggio al giorno e ha contaminato 70.000 chilometri quadrati, un’area grande quanto il bacino del Po. Il Medio Adriatico è pari a 130.000 chilometri quadrati, è l’estensione che fa spavento”. Il paragone del dottor Romano Pagnotta, dirigente dell’Istituto di Ricerca delle acque del Cnr, dà un’idea immediatamente comprensibile della vastità della marea nera che lambisce le coste orientali degli Stati Uniti, della Louisiana in particolare. ”Quando affonda una petroliera – prosegue Pagnotta – tira fuori quello che ha dentro. Ricordo che quando ci fu il disastro della Haven, nel golfo di Genova, nell’aprile 1991, la petroliera conteneva circa 140.000 tonnellate di greggio e prese fuoco. E’ stato calcolato che una percentuale di circa il 30% di greggio se ne andò con la combustione, che la dissolse. Qui invece la domanda è: quanto durerà questa fuoruscita?”.

 

GREENPEACE; TROPPE TRIVELLE, RISCHIO MEDITERRANEO. SOS PER ADRIATICO E TREMITI
Dopo la Louisiana, ora ”anche il Mediterraneo è a rischio” marea nera in seguito alle troppe autorizzazioni per trivellazioni per l’estrazione di petrolio, soprattutto nell’Adriatico e ora anche a largo delle isole Tremiti. Questa la denuncia di Alessandro Giannì, direttore delle campagne di Greenpeace. ”Non basta l’ultima tragedia in Louisiana – spiega Giannì – decenni di maree nere non ci hanno insegnato niente: in Italia, il governo continua a rilasciare autorizzazioni a valanga, soprattutto in Adriatico e, da ultimo, anche al largo delle isole Tremiti”. Secondo Giannì ”ormai è tempo di dedicarsi davvero alle energie rinnovabili e all’efficienza energetica. Così, invece di uccidere i lavoratori, potremo creare migliaia di posti di lavoro e raggiungere una maggiore indipendenza energetica”. L’unica soluzione, conclude il direttore delle campagne dell’associazione, è ”smetterla con le esplorazioni offshore e avviare una decisa rivoluzione energetica per liberarci dalla schiavitù del petrolio e dai pericoli del trasporto degli idrocarburi”.
 

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