Stimati ben 59 miliardi di euro di perdite sui crediti.
L’hanno presa con un certo distacco. Il mercato azionario a inizio settimana ha accolto con una scrollatina di spalle, titoli tutti in rialzo, il declassamento per tutte le banche italiane. L’agenzia di rating S&P ha retrocesso di un gradino nella scala del rating, ovvero la classifica dell’affidabilità dell’emittente nella restituzione dei debiti, il comparto bancario italiano. Si sono salvate solo Unicredit, Montepaschi e Banco Popolare, ma erano già state penalizzate in precedenza. il motivo di tanto pessimismo sta nel fatto che gli analisti dell’agenzia prevedono un ulteriore deterioramento della qualità degli asset delle banche nei prossimi due anni per effetto soprattutto di un elevato peggioramento del credito verso il mondo delle imprese. E’ un gatto che si mangia la coda: secondo le stime nei prossimi due anni la crescita faticosa potrebbe spingere le perdite sui crediti delle banche italiane fino a quota a 59 miliardi. L’effetto a cascata sarebbe quello che le banche deciderebbero un’ulteriore stretta nelle concessioni del credito: il 90% delle piccole e medie imprese italiane si finanzia attraverso il settore bancario. Riduzione di concessione di prestiti uguale a maggiori difficoltà per la crescita delle aziende e quindi per la ripresa dell’economia. Gatto che si mangia la coda uguale a circolo vizioso, uguale a disoccupazione, uguale a cassa integrazione uguale a bassi consumi, uguale a Tremonti che dice “ripresa è avviata”. Uguale?