Ora Gianfranco Fini gioca a carte scoperte con Berlusconi. Almeno così dice. Il Premier deve accettare il dissenso, ha detto ai cronisti il Presidente della Camera, anche perché le mie critiche devono essere considerate ciò che sono, ovvero delle proposte. Fini ha convocato gli ex di An nella sala Tatarella di Montecitorio. È anche l’occasione per una conta 54 fedelissimi, più diverse deleghe “per esprimere fiducia” al numero 2 del Pdl.
Cinquantaquattro ex Alleanza Nazionale. Più diverse deleghe per esprimere fiducia al Presidente della Camera, all’ex leader di An che in questo momento si vuole smarcare dal pressing della Lega, da qualsiasi sudditanza rispetto ad un Premier-monarca. Gianfranco Fini oggi ha deciso di giocare a carte scoperte, “anche perché – ha detto – le mie critiche devono essere considerate semplicemente quelle che sono, ovvero delle proposte".
E’ questo il pensiero di Gianfranco Fini illustrato ai 54 ex parlamentari di An riuniti nella sala Tatarella di Montecitorio. Il presidente della Camera chiarisce: “Le mie proposte, come ad esempio quella sui bambini immigrati espulsi da scuola, appartengono alla sfera delle questioni di coscienza”. La terza carica dello Stato, dunque, non rinuncia ad esprimere le proprie posizioni: “ci sono delle fasi in cui ciascuno si deve guardare allo specchio e decidere se si è disposti a rischiare per le proprie idee ed io questo lo sto facendo”.
L’ex leader di An non vuole né la scissione né il voto anticipato, così come viene chiarito nel documento che sarà portato alla direzione del partito. "Ma Berlusconi – dice – non può considerare delle incomprensioni dei problemi politici che espongo da tempo. Il fatto è che tra me e lui ci sono dei punti di vista differenti. Io spero che Berlusconi accetti il dissenso". Sul tavolo i temi da diversi giorni affrontati dal presidente della Camera: "il problema non è di organigrammi, ma politico. C’è una scarsa attenzione alla coesione sociale del Paese, legata ad una condizione reale del Sud". Fini torna a criticare lo squilibrio nel rapporto con la Lega, ma nega anche che ci sia un braccio di ferro con Tremonti: "non c’è una riproposizione di un contrasto con Tremonti. Il ministro ha fatto bene". Sulla questione delle riforme, poi, "non ci sono proposte chiare" e non c’è alcuna volontà di allontanarsi dal partito, ma serve convergenza su alcuni temi e che ci sia la possibilità per una ‘pattuglia’ minoritaria di esprimere le proprie opinioni. Come quella, differente, che ha Fini sul libro ‘Gomorra’: "Berlusconi è innegabile che sia stato perseguito da un accanimento giudiziario, ma non si può dire che Saviano incrementi la camorra. Questo è un parere non condivisibile". Alla fine dell’intervento di Fini, la firma sul documento nel quale si chiede di rilanciare il partito e di aprire "una fase più incisiva nel Governo". Importante soprattutto il passaggio in cui si intende "allontanare chi anche inconsapevolmente" in questi giorni ha giocato per destabilizzare il rapporto tra i ‘cofondatori’, creando le condizioni di una "escalation da scongiurare". Insomma "nessuna ipotesi di scissione che sarebbe incomprensibile per l’opinione pubblica" né scenari di elezioni anticipate. L’obiettivo dei finiani è semplicemente quello di "aprire una fase nuova" che ponga fine al periodo sia di An e sia "del 70 a 30". Perché il Pdl, chiosa Fini, “non è il partito del predellino, ma degli italiani".