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Rimini tra i gelati e le bandiere

da Redazione

Viaggio di due fotografi nel mondo di Fabrizio De André. Inaugura sabato 17 aprile a Rimini, all’Interno 4. “Folàghe”, 25 scatti in bianco e nero stampati in casa che ‘fermano’ una città non solo balneare. Fotografie di Gianmario Baldassarri e Alessandro Carli.

Di Francesca Garavini

 

Quattro occhi puntati sul mondo e sullo scorrere del tempo. Poco più di una ventina di scatti in bianco e nero diverse per occhio, formato e sgranatura della pellicola. Un percorso fotografico che Gianmario Baldassarri e Alessandro Carli hanno messo assieme attraversando le stagioni e i luoghi della città. “Folàghe” (con l’accento sulla a) ce l’hanno in testa da un paio di anni. Il trentennale dell’album “Rimini” di Fabrizio De André è caduto infatti nel 2008. Ma se lì i ritratti della città ‘escono fuori’ in musica, qui l’idea ruota, ovviamente, attorno all’immagine. In fondo, anche l’ellepì del poeta di Zena è impreziosito da alcuni scatti. L’esposizione debutta il 17 aprile, alle 21, alla libreria Interno 4 di Rimini per poi farsi itinerante.

 

Folàghe

“L’idea di vedere com’è cambiata la città raccontata da FdA – spiega Alessandro Carli – ha avuto una gestazione di circa un anno e mezzo. Nell’estate del 2009, dopo molte serate trascorse assieme a Gianmario, si è deciso di mettere in mostra la voglia – parlare di necessità è forse superfluo – di tracciare una linea immaginaria che dal primo entroterra riminese si snodasse verso il mare. Un esempio su tutti l’ex pastificio Ghigi, lungo la statale 72, segno tangibile di un’archeologia industriale ancora forte nel territorio. ‘Folaghe’ sono quattro occhi – due miei e due di Gianmario – che vogliono indagare i cambiamenti. Il brano ‘Fòlaghe’ – pezzo solo strumentale che chiude l’album di De André – ci ha preso per mano nelle innumerevoli uscite fotografiche. Lì Fabrizio ha voluto sublimare le parole, mettendo in musica una Rimini a fine estate, una Rimini che è già ricordo, assenza di parole, immagini senza più colori. Queste ‘Folaghe’ del 2010 non si distanziano più di tanto da quel ‘cuore’: è Rimini, 30 anni dopo, con gli stessi colori (B/N), indagata, o forse più semplicemente ‘raccontata’, attraverso due macchine fotografiche, una Leica e una Hasselblad, più vecchie di noi”. Un viaggio per due. Nella musica e nelle linee della città. Dal monte, dalla prima periferia, sino al mare. Al porto. Alle persone, ai volti. Alla riminesità: un anziano che si appoggia con la bicicletta al murales che raffigura la ‘Pigna’, un ‘Padre nostro’ scritto in dialetto, su cui si stagliano i panni stesi al sole, gli schizzi d’acqua che saltano dai tombini che ‘vigilano’ il Rockisland, un bambino che osserva la rabbia del mare. E poi la neve di Gianmario – ma non ‘e nevoun – che imbianca la spiaggia. Il suo sguardo sulla quiete della pesca, lo strano gioco del bagnasciuga in inverno, il gelo degli stabilimenti balneari. Rimini. I gabbiani. “Può un brano musicale trasportarti ad una Rimini silenziosa, senza parole, muta? Ma soprattutto è vera una Rimini senza parole? Noi – racconta Gianmario Baldassarri – crediamo di sì, e soprattutto pensiamo che lo credesse anche Fabrizio De André quando ha concluso il suo album Rimini con ‘Fòlaghe’. Musica, nessuna parola, il silenzio di Rimini che parla, o meglio che comunica. Una periferia, il centro, il mare, il porto, tutta Rimini che mostra il suo lato più intenso perché al di la del frastuono che distrae e non fa vedere il suo cuore. La fotografia è questo se lo vogliamo, immagini che parlano senza parole. Momenti riminesi congelati nella purezza del bianco e nero che non ti costringe al frastuono del colore ma ti riporta al cuore dell’istante catturato. Un’avventura fotografica sulle note di De André, venticinque scatti a pellicola, per riportarci all’esperienza della fotografia che non grida ma si tocca”.

 

Rimini

“Ho un nuovo disco, Rimini, che ha come protagonista la piccola borghesia e come centro storico la città dei ‘Vitelloni’ di Fellini. Parla dei sogni di una ragazza piccolo borghese, figlia di un droghiere, vittima del pettegolezzo di un aborto. Sognatrice come i piccoli borghesi, fa credere che il suo fidanzato sia stato ucciso a New York durante la ‘caccia alle streghe’, sogna di incontrare Colombo e di mettergli le manette. E’ seduta all’Harry’s Bar, illudendosi di essere quella che non è.” Così, Fabrizio De André presenta Rimini, disco uscito nell’ormai lontano 1978 ma che, come molte delle opere del cantautore genovese risulta essere così attuale da poter essere stato scritto l’anno scorso. Rimini, forte della collaborazione con Massimo Bubola, è un disco totalmente incentrato sulla piccola borghesia, a cui l’uomo De André non ha mai negato e rinnegato di appartenere.

 

Sbriciolu(na)glio

Durante la serata lo scrittore e giornalista forlivese Simone Rossi presenterà il suo nuovo libro, “Sbriciolu(na)glio”. Lui è uno che scrive ed è un tipo molto coraggioso, senza darlo a vedere. Si è autopubblicato il secondo libro sulla scia delle ottime impressioni de “La luna è girata strana”, menzione speciale al Premio internazionale ‘D.H. Lawrence’ 2008 per la letteratura di viaggio. Come un cane al guinzaglio, il libro porta in tour Simone Rossi e si fa leggere da anonimi italiani mentre lui suona la chitarra. “Il libro ‘Sbriociolu(na)glio’ – racconta lo stesso Simone Rossi – è un racconto postumo. Dentro c’è cugino Lubitch, Angie, Gianluca, gli elefanti, le patate, i cani, mio nonno, Skip James, due ladri, Fabrizio De André (chiaramente), Antonin Artaud, Tom Waits, Johnny Cash, una che fuma, una con due tette così, i Radiohead, Bill Evans, Gengive Sanguinanti Murphy, l‘aceto, la luna”. Dopo Forlì e Bologna, arriva anche a Rimini.

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