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Mediobanca e Generali, c’è Profumo di Geronzi

da Redazione

Su Fixing "cartaceo" la rubrica Prima Nota, di Paolo Brera, questa settimana analizza le tre intricate partite che ruotano attorno a Mediobanca, la banca d’affari più riservata del mondo. L’interrogativo principale è chi prenderà il posto del sempiterno presidente Antoine Bernheim? Attorno ad Unicredit, intanto, si sta scatenando una vera e propria “rissa”.

Decisamente per Mediobanca sono tornati i bei giorni. La banca d’affari più riservata del mondo è al centro non di una ma di tre intricate partite: quella su UniCredit e quella su Generali – cioè la prima banca e la seconda compagnia di assicurazioni d’Europa, e scusate se è poco. La terza partita è quella su Mediobanca stessa.
Il succo del problema è che Antoine Bernheim, a lungo presidente delle Assicurazioni Generali, sta avvicinandosi al suo cinquecentesimo compleanno o giù di lì. Dato che alle Generali le tavole attuariali sono di casa, ne esce che bisogna trovare qualcuno per rimpiazzarlo. Il che è bello e istruttivo, perché chi mai potrà eguagliare l’esperienza disincantata che ha dell’Italia Bernheim, e la sua diabolica abilità nel mantenere gli equilibri?
Cesare Geronzi, rispondono alcuni. Quanti? lo sapremo quando si andrà alla conta dei voti in assemblea, ma comunque, tanti. Geronzi, un giovanotto ultrasettantenne, è il presidente di Mediobanca. Se va a Trieste, ce ne vorrà uno nuovo di pacca. Chi? I nomi sono tre: Renato Pagliaro, direttore generale di Mediobanca, Vittorio Grilli, direttore generale del Tesoro, e Fabrizio Palenzona, vice presidente di UniCredit.
UniCredit. Ecco, l’ho detto. La superbanca italo-tedesca è da alcune settimane al centro di una specie di rissa. Dopo le perdite della crisi finanziaria, UniCredit si è ripresa piuttosto bene, tanto da chiudere il 2009 con un utile netto consolidato di 1,7 miliardi di euro: in calo, sì, rispetto ai circa 4 miliardi del 2008, ma gli analisti si aspettavano solo 1,33 miliardi e il 2009, si sa, è stato un annus horribilis per tutti. Quanto alla solidità patrimoniale, la sua arcana misura – il core tier 1 ratio – ha raggiunto a dicembre il 7,62%.
Un bel recupero. Però l’amministratore delegato Alessandro Profumo si era esposto troppo, sicché l’ex golden boy non è più al di sopra di ogni meschina critica. Per l’appunto, meschine critiche ne sta ricevendo a vagoni. C’è un piano per cucire insieme le quattro banche di cui è fatta UniCredit e farne una banca unica. Su questo piano, è scontro all’arma bianca. Risultato, Profumo si deve occupare delle cose sue, cose di fuoco, e non delle cose di Generali e Mediobanca, nella quale ultima UniCredit resta il più cospicuo azionista. Il 13 aprile, data del consiglio di amminstrazione di UniCredit in cui si deciderà sul progetto “bancona”, tutti i giochi triestini e milanesi saranno fatti, chi c’è c’è chi non c’è non c’è.
Per motivi di antitrust, UniCredit si è poi dovuta sbarazzare della sua partecipazione in Generali, proprio mentre nel Leone di Trieste ci si accinge alla conta dei voti. Il 17 marzo, il 2,26% che Unicredit aveva in Generali – eredità dell’assalto a Maranghi voluto da Fazio – è andato a Fondazione Crt (sua importante socia) e a Ferak, noti amici del vertice triestino. Chi rappresenta la Fondazione? Ma to’, è Fabrizio Palenzona, uno dei candidati al vertice di Mediobanca.
Intanto continuano le cortine di fumo. E l’umorismo. Che cosa dice per esempio Vincent Bolloré, punta di diamante dei soci francesi di Mediobanca? Questo: «È troppo difficile per me pensare a qualcuno di diverso da Antoine Bernheim alla testa di Generali. È uno sforzo psicologico e intellettuale troppo duro e troppo grande per me». Un altro anno di Bernheim? Chi ci può credere?
Quanto alle nomine, Bolloré si dice convinto che alla fine si troverà la “soluzione migliore” tanto per Generali quanto per Mediobanca: “Intorno al tavolo degli azionisti in Italia, e per questo amo questo Paese, ci sono industriali e finanzieri molto responsabili, che si sono sempre ben accordati per trovare la migliore soluzione. Non ho dubbi sul fatto che insieme riusciremo a trovare la soluzione migliore per Generali e Mediobanca e per tutti gli azionisti dei due gruppi, che sono molto più di una semplice compagnia assicurativa e di una banca, ma sono il polmone per molte imprese italiane”. Ma sì, sfotti, sfotti…
La “soluzione migliore” che si sta per trovare è appunto Cesare Grifagno Geronzi. Che cosa lo ha bloccato finora? ‘Na sciocchezza: i processi attualmente in corso a suo carico – e dunque quel cosiddetto “requisito dell’onorabilità” che Bankitalia, in spregio ad ogni evidenza, si ostina a pretendere da chi si accomoda su cotali poltrone finanziarie.
Geronzi tuttavia ha portato a casa una buona notizia sul fronte giudiziario: il giudice romano Tommaso Picazio l’ha prosciolto, insieme all’ex Supremo di Cirio Sergio Cragnotti, dall’accusa di estorsione nell’ambito della vicenda Eurolat. Secondo gli inquirenti, nel 1999 Geronzi, allora presidente della Banca di Roma, aveva fatto pressioni su Calisto Tanzi per fargli comprare Eurolat da Cragnotti a prezzo gonfiato. Rispetto all’ipotesi di reato di bancarotta, invece, il magistrato ha inviato gli atti alla Cassazione perché stabilisca se la competenza sia di Parma o di Roma. Nelle more, Geronzi andrà a Trieste scortato da un corteo festoso quasi come quello del carnevale di Viareggio. Il divertimento continua.
 

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