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Emilia-Romagna, a Vasco Errani la sinistra chiede un forte rinnovamento

da Redazione

Un forte rinnovamento. Lo chiede a Vasco Errani il centrosinistra, cioè le forze che lo sostengono in Emilia-Romagna, ora che deve andare a comporre la nuova giunta regionale. Le donne elette nel Partito Democratico pretendono una presenza in rosa più importante, la componente più spostata a sinistra della coalizione chiede – a lui che si è candidato per il terzo mandato – di pensionare gli assessori con più anni di governo alle spalle. E poi c’è la Lega, che avanza, e punta su Bologna.

Vasco Errani è stato eletto Governatore dell’Emilia-Romagna per la terza volta consecutiva. Ma se l’opposizione (di centrodestra) promette battaglia, considerato il calo di preferenze del 10%, una costante emorragia di voti in una regione comunque fortemente “rossa”, le richieste più pressanti arrivano dall’interno della maggioranza.
Sarebbe "un segnale di debolezza scegliere un assessore che ha fatto 15 anni". E infatti si è già scatenata la bagarre tra i partiti del centrosinistra sulla squadra-ter di Vasco Errani. Mentre il Pd chiede "rinnovamento" al presidente della Regione, Sinistra e Libertà (che a breve farà le proprie proposte per avere una rappresentanza in giunta) si esprime pubblicamente per ‘pensionare’ gli assessori uscenti con più anni di governo alle spalle. "No alla riconferma di coloro che hanno fatto tre mandati, anche se hanno fatto bene – dice a Radio
Tau il neo-consigliere regionale Gianguido Naldi – Vorrebbe dire che non c’è rinnovamento". Anzi, per Sel la regola sarebbe due mandati al massimo. In casa loro, "Ugo Mazza avrebbe avuto tutti i titoli per ricandidarsi, invece ha ritenuto opportuno non farlo e io sono stato eletto solo perché lui si è fatto da parte".
Per Naldi sarebbe dunque un "segnale di debolezza" riproporre gli stessi uomini per diversi mandati. Ma allora la scelta di far correre Errani per la terza volta? "Può essere stata avvertita come un segnale di debolezza – ammette Naldi – Questo può spiegare perché in Toscana si è vinto col 59% e in Emilia-Romagna con molto meno".

Nel frattempo le parlamentari del Partito Democratico elette in Emilia-Romagna (Bastico, Bertuzzi, de Micheli, Ghedini, Ghizzoni, Lenzi, Marchionni, Motta, Pignedoli, Soliani e Zampa) hanno inviato una lettera al neo-rieletto Errani, invitandolo a garantire nella costituenda Giunta regionale "un numero significativo di donne competenti e capaci". "Sai che queste donne non mancano – scrivono le parlamentari – Abbi coraggio. Noi ti chiediamo di dare in questo modo un segno di cambiamento e una lungimirante linea politica all’Emilia Romagna".
Tante e forti richieste di cambiamento che giungono dalla stessa maggioranza sono emblematiche.

INTANTO LA LEGA PUNTA SU BOLOGNA E LA ROMAGNA
Conquistate Piemonte e Veneto, e con una solida presenza in Lombardia, l’attenzione della Lega si sposta ora sull’Emilia Romagna, dopo il buon risultato di fine marzo: il 22% a Piacenza, il 17,8 a Parma, il 15,5 a Modena, il 14,6% a Reggio Emilia. Risultati in qualche modo eclatanti per la ‘regione rossa’ per antonomasia. Successo anche in Romagna, dal 10,5% di Rimini al 13,7% di Ferrara. Quindi c’è da essere sicuri che l’impegno della Lega in Emilia Romagna si intensificherà in vista delle politiche del 2013 e delle regionali del 2015. Ma il test più importante è molto più ravvicinato e riguarda Bologna, anche se si tratta dell’area in cui la Lega alle regionali ha preso meno voti (9,6% in provincia, 8,6 in città): tra qualche mese, al più tardi tra un anno, si voterà per il rinnovo del consiglio comunale di Bologna e per il suo sindaco, dopo le dimissioni di Flavio Delbono, travolto da un’indagine giudiziaria, e il conseguente commissariamento del Comune.
La città di Bologna sta attraversando un momento difficile, con la sua identità a rischio. Le stesse parole del cardinal Caffarra, l’arcivescovo, nell’omelia di Pasqua, hanno indicato una città che rischia di avviarsi sul "viale del tramonto" se non ritrova il ‘coraggio di esistere’; una città che altrimenti rischia di ‘congedarsi dalla storia’. Il partito di maggioranza storico, il Pd, è alle prese con il rinnovamento dei propri dirigenti in occasione dell’ormai imminente congresso e vive tra l’altro il ‘conflitto’ tra cattolici e laici senza che nessuno appaia in grado di governarlo.
In questa situazione, a Bologna avanzano formazioni mai prima considerate un pericolo: da una parte il ‘grillino’ Favia che ha preso in città quasi il 9% (e in regione il 7%); dall’altra la Lega, sempre più ‘minacciosa’ sia per il centrosinistra che per lo stesso alleato Pdl, forte di un 8,6% conquistato alle ultime regionali (cioè quasi 3 punti in più rispetto alle Europee e il 5,5% in più rispetto alle Comunali di un anno fa). E se il centrodestra ha nel Pdl il suo partito di maggioranza relativa, e dunque dovrebbe schierare il proprio candidato-sindaco alle amministrative, non è da escludersi, sulla distanza, la possibilità di puntare su un candidato leghista.
 

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