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Obama: “Yes, we did” Lo abbiamo fatto

da Redazione

Estensione dei servizi sanitari per 32 milioni di cittadini americani. Riforma storica della sanità tra realpolitik e sogno di una nuova frontiera.

di Saverio Mercadante

 

I Repubblicani se la sono legata al dito e già minacciano che si vendicheranno. Gli ostacoli saranno ancora tanti da superare per la sua effettiva applicazione ma Barack Obama in partnership con lo speaker del Congresso, la settantenne italo americana Nancy Pelosi, hanno raggiunto un risultato storico rincorso da un secolo sin dai tempi della presidenza di Thedore Roosevelt: la riforma sanitaria è stata approvata. Bill Clinton, nel 1994, ma anche Truman, avevano provato a far passare una legge sanitaria nazionale. Quasi 100 anni di lotte sconfitte dai cannoni dei repubblicani e delle potentissime lobby farmaceutiche e assicurative. “Yes, we can”, gridavano i senatori democratici mentre i Repubblicani davano del baby killer al senatore democratico Bart Stupak, del Michigan, a capo di una dozzina di deputati democratici antiabortisti che sono stati determinanti per l’approvazione della riforma: sul piatto della bilancia hanno pesato alcune norme nel provvedimento contro l’elargizione di fondi pubblici per le interruzioni di gravidanza. La riforma estenderà i servizi sanitari a 32 milioni di statunitensi in virtù dell’allargamento dei programmi di salute e grazie ai sussidi alle famiglie che non possono acquistare polizze assicurative private; vieterà anche alle compagnie assicurative di rifiutare le polizze a bambini o adulti con malattie congenite e impedirà di revocare le polizze ai già assicurati. Con questo provvedimento il 95% dei quasi 300 milioni di cittadini americani avrà una copertura sanitaria. Ma la vera scommessa di Obama sarà quella di coniugare il sogno americano di una frontiera sempre da varcare con l’efficienza della riforma in tempi di crisi straordinaria e di bilanci dello stato spaventosi. Quando girerà a pieni giri il grande motore della Riforma Sanitaria ribalterà metodi, priorità, garanzie sanitarie, e i comparti dell’economia americana ne saranno modificati. Il futuro sanitario vale 940 miliardi di dollari in dieci anni. Si taglieranno 138 miliardi di dollari dal disavanzo pubblico, ribalterà i metodi assistenziali degli ospedali e dalle assicurazioni. E si taglieranno anche 500 miliardi di dollari da Medicaid e in parte con nuove tasse ad hoc. In linea con il grande senso degli americani per i gesti simbolici, Nancy Pelosi è arrivata in aula con il martello di legno con il quale nel 1965 il presidente Lyndon Johnson, introdusse Medicare, la prima riforma in tema di Sanità pubblica in America: però finora era stata limitata ai cittadini con reddito al di sotto della soglia dell’indigenza. E Nancy ha battuto il grande martello dal podio annunciando raggiante: “La legge è passata”. La soglia dei 216 voti è stata superata alle 10.45 della sera ora di Washington quando il voto chiave per avere la maggioranza è apparso sul contatore elettronico. Alla fine i voti favorevoli erano 219 voti i contrari 212: 178 deputati repubblicani e a 34 democratici. Per la prima volta nella storia americana, per un progetto di legge fondamentale come quello sanitario non si è riusciti ad avere una maggioranza bipartitica. Quando i repubblicani avevano espugnato a sorpresa la fortezza dello Stato più progressista del New England, il Massachussets, conquistando con Scott Brown il seggio senatoriale dello scomparso Ted Kennedy, sembrava che anche il tentativo di Obama dovesse fallire. Era la grande scommessa della sua presidenza, il propulsore della sua decisione di tentare l’ascesa alla Casa Bianca. La sua presidenza, dopo le enormi aspettative provocate dalla sua elezione, sarebbe stata ridimensionata al solo fatto storico, ma limitato, di primo nero nella Stanza Ovale. Troppo poco per lasciare il segno sull’America dei prossimi decenni. L’amministrazione Obama viene senza dubbio da un periodo di appannamento. La scommessa sarà ora quella di dare una nuova iniezione di fiducia, di speranza a tutto l’elettorato, ai cittadini americani, e soprattutto l’approvazione dovrà servire a recuperare credibilità nella capacità della politica di governare il cambiamento, oltre i populismi, oltre le retoriche suicide di un potere americano onnipotente, e guardare negli occhi della crisi senza paura camminando verso di essa con il passo del “we can”, e quello della realpolitik di Nancy Pelosi che ha evitato di trasformare la riforma in un “Kiddie Care” (cure per bambini). Una grande lezione per le stanche classi politiche dei paesi avanzati, anche quelle dei Piccoli Paesi: sognare un altro, nuovo futuro con realismo e determinazione. “Questa sera abbiamo superato il peso della politica, mentre tutti gli specialisti affermavano che questo non sarebbe stato più possibile”, ha commentato Obama pochi minuti dopo l’approvazione del progetto di legge alla Camera. “Non ci siamo arresi al cinismo, alla sfiducia, alla paura. Abbiamo provato che restiamo un popolo capace di grandi cose”.

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