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Vancouver, bilancio finale deludente per gli azzurri

da Redazione

Bilancio deludente per l’Italia ai Giochi di Vancouver: di fatto si è chiusa l’era d’oro. Torino è lontana anni luce, e per la prima volta dopo ben 22 anni gli azzurri non vanno in doppia cifra nel medagliere. Il bottino finale per l’Italia parla di un oro, un argento e tre bronzi.
Vai allo speciale sui Giochi di Vancouver.

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L’era d’oro si è chiusa a Vancouver. L’Italia esce ridimensionata dalle Olimpiadi in terra canadese. Lontani i fasti di Torino e lontani anche i pronostici della vigilia. Cinque sole medaglie, un oro, un argento e tre bronzi, e altrettanti quarti posti sono le specchio di un’avventura a cinque cerchi che ha il gusto amaro della delusioni. Dopo 22 anni, cioè dall’altra edizione canadese di Calgary ’88, l’Italia non va in doppia cifra nel medagliere. Ritrova una preziosa medaglia d’oro nello sci alpino, in slalom, che mancava dal 2002 ma prende coscienza che in molte discipline è arrivato il momento di attuare un robusto ricambio generazionale.
La delusione maggiore è arrivata dalla pista lunga con Enrico Fabris in testa. Il confronto con quattro anni fa è impietoso: due ori e un bronzo contro un pugno di mosche. Il pattinatore di Asiago non è mai stato della partita né nei 5.000 (bronzo) né nei suoi 1.500. La prova a squadre poi, dove gli azzurri difendevano l’oro, è stata solamente la riprova del cattivo momento degli uomini dai pattini veloci.
Nello short track c’è solo il bronzo di Arianna Fontana nei 500. Dietro di lei il vuoto, sia a livello tecnico che umano visto che la 19enne ha ammesso di essere "sola" all’interno del movimento.
Sotto le aspettative anche il fondo che ha conquistato solamente un argento con Pietro Piller Cottrer nella 15 km. Una medaglia comunque importante difronte alla lampante chiusura di un ciclo fatto di podi continui sia in campo maschile che femminile. Per "Caterpiller" si tratta della quinta medaglia a cinque cerchi, dopo l’oro e un argento nella staffetta a Torino 2006 e Salt Lake 2002 e un bronzo nella 30 km inseguimento sempre a Torino. A secco tutti gli altri. La squadra femminile ha collezionato due medaglie di legno in staffetta e nella team sprint. Per una Sabina Valbusa che lascia ecco accendersi la stella di Silvia Rupil, l’unica nota positiva nel fondo che guarda al futuro.
Deludente anche il risultato finale dello sci alpino, salvato in extremis dalla bancorotta di risultati dall’oro di Giuliano Razzoli nello slalom. Il resto della squadra non è stato all’altezza, fatta eccezione per Werner Heel e la giovane Johanna Schnarf, quest’ultima convocata all’ultimo per sostituire l’infortunata Elena Fanchini, ai piedi del podio nel Super-G.
Si è invece confermato campione vero Armin Zoeggeler che a 36 anni è riuscito a conquistare un prezioso bronzo. Per il carabiniere di Merano è stata la quinta medaglia in cinque edizioni olimpiche a cui ha preso parte. Da Lillehammer 1994 a Vancouver 2010 l’azzurro non è mai sceso dal podio: 2 ori, 1 argento, 2 bronzi il suo bottino a cui vanno aggiunti 5 ori ai mondiali e 9 Coppe del Mondo compresa l’ultima edizione prima dell’appuntamento canadese. Un po’ di amarezza anche nello slittino però si è registrata per la sostenziale modificata apportata alla pista dopo la tragica morte del georgiano Nodar Kumaritashvili nel giorno della cerimonia di apertura, che sicuramente non ha influito positivamente sulla performance del "cannibale". Tanta rabbia invece per la medaglia mancata da per 72 millesimi dagli italiani Christian Oberstolz e Patrick Gruber nello slittino doppio.
I numeri dicono che l’età media dei medagliati azzurri è di 27 contro i 30,47 di Torino. Sicuramente la nota positiva arriva dalla combinata nordica dove il ventenne Alessandro Pittin ha vinto uno storico bronzo che colma un vuoto nel medagliere azzurro in una disciplina presente ai Giochi invernali fin dalla prima edizione del 1924 a Chamonix.

"BILANCIO IN CHIAROSCURO" PER GIANNI PETRUCCI E RAFFAELE PAGNOZZI:
Olimpiadi "in chiaroscuro, deludenti, da cinque e mezzo", è stato il bilancio del persidente del Coni Gianni Petrucci e del campo missione e segretario generale Raffaele Pagnozzi. Nessuna rivoluzione ai vertici delle federazioni sport invernali e del ghiaccio, ma per il dopo Vancouver la parola d’ordine è sinergia e scelte condivise soprattutto con il Coni. In vista di Soci vedrà applicate alle Olimpiadi invernali le regole delle estive: la commissione sulla preparazione olimpica verificherà il lavoro e la conformità dei programmi all’obiettivo primario che deve essere sempre l’Olimpiade. Poi vengono i Mondiali e alla fine la coppa del mondo. Il comitato olimpico dirà la sua anche sulla scelta dei direttori tecnici delle nazionali, e sebbene il made in Italy resti di grande qualità, non è escluso che si peschi all’estero per fare il salto di qualità in alcune discipline. Avanti anche con la ricerca scientifica e il lavoro in tandem con la Ferrari. Ed anche i finanziamenti saranno in base ai programmi e sui risultati che si raggiungono. Bisognerà guardare con più attenzione a discipline che attraggono i giovani e piacciono al Cio, come lo snowboard e il freestyle A Vancouver si è voltato pagina. Molti degli atleti che a Torino hanno dato grandi soddisfazioni ormai hanno chiuso il loro ciclo. Si tratta di una una generazione che passa alla storia, ora si deve guardare a Sochi 2014.

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