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Vancouver, incubo fino in fondo disastro anche per la Kostner

da Redazione

Se disastro deve essere, disastro sia. Fino in fondo. Alle Olimpiadi di Vancouver si sperava in Carolina Kostner più che altro perché non c’erano tanti santi in giro, ormai, a cui votarsi. Ma anche Carolina ha tradito le attese. Ha fatto peggio che a Torino, peggio che mai. Neanche nei suoi incubi peggiori si sarebbe immaginata un’esibizione così, con cadute, errori e incertezze. Alla fine è addirittura 16esima. Va male per le azzurre anche nel gigante femminile, ora l’ultima fermata è lo slalom maschile.

Dall’amarezza si sta lentamente cadendo nella depressione acuta. I Giochi Invernali di Vancouver si stanno rivelando così avari di soddisfazioni per i colori azzurri da rischiare di passare alla storia come un incredibile flop. A tre giornate dalla fine, i podi italiani restano quattro (un argento e tre bronzi), di ori non si parla praticamente più, visto l’andazzo dei nostri tra neve e ghiaccio.
Il disastro maggiore di tutti, più di quanto di brutto fatto vedere sulle piste da sci, più della delusione “storica” del fondo, arriva da Carolina Kostner. Che è riuscita nell’impresa di fare peggio di Torino, peggio dello short program (dove era solo settima), peggio di quanto avrebbe potuto vedere nei propri incubi peggiori. Carolina scende in pista con i buoni propositi di rimonta annunciati dopo il programma corto. Ma in volto è tesa e si vede. E dopo pochi passi arriva subito il primo errore. Non sarà l’unico, ne arriverà anche qualche altro, e sulle note di Bach e Vivaldi si consuma l’ennesimo dramma olimpico di Carolina Kostner, poche settimane fa a Tallinn campionessa europea per la terza volta in carriera, ma incapace di sbocciare fuori dal Vecchio Continente. E così, a quattro anni dal nono posto di Torino, la 23enne bolzanina riesce a chiudere addirittura 16esima con 151.90, appena 88.88 nel libero. A fine esibizione scuote la testa, si mette le mani tra i capelli e quando le dicono il risultato fa spallucce come se si volesse scusare. "E’ impossibile che cado in tutti i primi salti e poi, quando sono più stanca, riesco a fare bene", prova a sorridere. Ma la delusione sul suo volto e nel tono di voce è tangibile. "E’ difficile spiegare – continua, riferendosi alla prova offerta al Pacific Coliseum – perché ero preparatissima, avevo voglia di gareggiare, di fare bene, ero contentissima di essere qui". Ma dopo Torino e i Mondiali di Los Angeles, ecco un altro fallimento. "Ma sento che non posso arrendermi – assicura Carolina -. Lo dico per me, perché me lo merito, e per la gente. Il mio momento deve venire. Un’atleta diventa forte vivendo grandi sconfitte e viste tutte le sconfitte che ho subito finora, il futuro deve essere brillante. Arrendersi non serve a nulla". Le lacrime cominciano a venir giù, perché "fa male vivere una situazione del genere, inchinarsi davanti allo stadio non è facile", confessa la Kostner, che prova a guardare avanti. "Ho della gente fantastica attorno a me, il mio staff mi aiuterà a superare questo momento – prosegue -. Adesso mi prenderò qualche giorno di pausa e poi tornerò al lavoro, l’importante è rialzarsi e andare avanti. Stasera si mangia al McDonald’s, poi torno a Los Angeles e mi preparo per i Mondiali".
In pista, dice, "ho combattuto fino alla fine, ho finito forte, dopo ogni errore ho cancellato tutto per pensare solo a sfidare me stessa". E da questo momento, uno dei più bassi della sua carriera, vuole ripartire. "Se non ci fosse la gioia di pattinare non sarei qui ma tra il pubblico – spiega la giovane bolzanina – Ma io sono una pattinatrice, non una spettatrice, è la mia vita, la mia passione, è un giorno andato male ma vado avanti". E senza guardarsi indietro. "Ho preso le decisioni che ho preso perché voglio andare bene", assicura l’allieva di Frank Carroll e Christa Fassi. Per lei arriva anche una parola di consolazione del presidente del Coni, Gianni Petrucci. "Grande delusione, grande tristezza, mi dispiace per l’atleta – le parole del numero uno dello sport italiano, accorso anche al Pacific Coliseum per stare vicino alla stella azzurra -. Ci aspettavamo grandi cose da lei, è la campionessa europea, nessuno poteva mettere in dubbio le sue capacità. Tanto più è l’attesa, tanto più è la delusione ma non posso rimproverarle nulla, ce l’ha messa tutta. Purtroppo sono i punteggi a dare i risultati, è la dura legge di un’Olimpiade e dobbiamo rispettarla". Ben altre lacrime sono quelle di Yu-Na Kim, iridata a Los Angeles e oggi campionessa olimpica. La sua esibizione sulla musica di Gershwin si merita la standing ovation e il più alto punteggio dei giudici, 150.6 (228.56 totale), un oro strameritato per la 19enne sudcoreana, che si è preparata per questo appuntamento proprio in Canada. Alle sue spalle la giapponese Mao Asada, sul tetto del mondo a Goteborg nel 2008 e stasera argento (205.50), mentre sul gradino più basso del podio sale la beniamina di casa, Joannie Rochette (202.64). La vicecampionessa del mondo torna in pista con il dolore per la morte della madre ancora nel cuore, ma non sbaglia nulla e a fine performance, mentre il pubblico le tributa un unico e lungo applauso, manda un bacio verso il cielo, verso chi le è rimasta vicino anche da lassù.

LE ALTRE DELUSIONI: FONDO E GIGANTE FEMMINILE…
Un’altra mazzata alle ambizioni tricolori arriva dalla staffetta 4×5 femminile: non che Arianna Follis Marianna Longa, Silvia Rupil e Sabina Valbusa (in quest’ordine in gara) fossero obbligate a vincere dal pronostico, però la loro gara, per almeno tre quarti, aveva fatto sperare nell’impresa. E invece niente. La Follis parte spedita e lancia con il quinto posto la Longa, la Rupil resta seconda quando è il momento di passare il testimone alla Valbusa, che però soffre i suoi 38 anni (era alla settima Olimpiade) e la freschezza delle avversarie. La sua sciata si trasforma in un lento calvario. Vince la Norvegia della ‘cannibale’ Bjorgen, seguono Germana e Finlandia. E poi l’Italia, in ginocchio e delusa, che si mette al collo la quinta medaglia di legno in questa edizione maledetta dopo quelle degli sciatori Warner Heel e Johanna Schnarf (in superG), degli slittinisti Christian Oberstolz e Patrick Gruber e della team sprint femminile di fondo. Una maledizione, che allunga il suo mantello anche sul gigante femminile, spalmato in due giorni dopo il rinvio per nebbia di ieri della seconda manche. Manuela Moelgg al giro di boa è ottava e in piena lotta per il titolo: la 28enne di Brunico scende invece con il freno tirato, senza quella verve che, ad esempio, mette tra i pali larghi la tedesca Viktoria Rebensburg. Che, settima dopo il primo round, si divora la neve con la rabbia della sua età, riportando in Germania l’oro della specialità 54 anni dopo Ossi Reichert e diventando, con i suoi 20 anni e 143 giorni, la seconda tedesca più giovane a conquistare un titolo a cinque cerchi dopo la diciannovenne Heidi Biebl, oro nel 1960 in discesa libera. Alle sue spalle, con un gap di soli 4 centesimi, la bella slovena Tina Maze e a 14 l’austriaca Elisabeth Goergl, che aveva chiuso la prima manche al comando. Moelgg sprofonda al 17esimo posto con un ritardo dalla vincitrice di 1"55 di ritardo, Federica Brignone è 18esima a 1"57, Nicole Gius 20esima a 1"76 e Denise Karbon è 23esima a 2"26 con il miglior tempo nella seconda frazione, dato che non consola granché.
Il direttore tecnico azzurro Much Mair non accetta alibi: "E’ la peggior gara della stagione e sinceramente non riesco a spiegarmi tutte le ragioni. E’ chiaro che le condizioni non erano le migliori, però nessuna nelle quindici è un po’ pesante. Mi aspettavo una reazione un po’ più decisa. Sono stati molti gli errori e su questo tipo di tracciato si pagano enormemente. Pensiamo allo slalom di domani, cercando di dimostrare il vero valore di queste ragazze". L’unica nota lieta di giornata, per l’Italia, arriva dalla Gundersen di combinata nordica: Alessandro Pittin, già bronzo nell’individuale, è bravo a risalire dalla 13esima posizione del salto alla settima dopo il fondo, finendo a 40"7 dall’americano Bill Demong, oro sul connazionale Johnny Spillane (argento) e sull’austriaco Bernhard Gruber (bronzo). Più indietro Armin Bauer (21esimo) e Giuseppe Michielli (23esimo).

MILLER PIGLIATUTTO CI RIPROVA: CON SLALOM TENTA RECORD
Nello slalom speciale di domani Bode Miller tenterà di battere un nuovo record: dovesse salire sul podio, sarebbe l’unico atleta ad aver conquistato medaglie olimpiche in tutte le discipline dello sci alpino. A 32 anni – tre titoli mondiali, 32 vittorie in Coppa del mondo, due coppe conquistate – Bode Miller non ha più niente da dimostrare. Ma in questa sua ultima olimpiade ha una opportunità straordinaria. Negli Usa lo sci alpino è sport di seconda fila, conta solo se sei un gran personaggio e soprattutto conta solo quello che fai alle Olimpiadi. Ebbene, a Vancouver Bode ha già oscurato l’amica Lindsey Vonn vincendo tre medaglie in quattro gare: oro in supercombinata, argento in supergigante e bronzo in discesa. E’ uscito in gigante ma in questa disciplina, come anche in supercombinata, aveva vinto l’argento alle Olimpiadi americane di Salt Lake City, nel 2002. Nel suo palmare manca ancora una medaglia in slalom speciale. E sarebbe record. Ma proprio lo speciale è diventato per Miller disciplina ostica da quando si è trasformato in eccelso velocista. In Coppa del mondo ne ha vinti cinque, ultima volta nel dicembre 2004 al Sestriere. Sul podio l’ultima volta è salito a Levi due stagioni fa: secondo posto. Per il resto – per la sua sciata velocissima ma scomposta, sempre al limite – ha collezionato negli ultimi anni soprattutto inforcate e uscite di scena premature. Negli ultimi cinque anni, su 49 slalom speciali disputati è uscito ben 35 volte. Molto meglio gli è andata negli slalom di supercombinata, che sono però di una sola manche. Ma questa Olimpiade è per Bode una occasione unica. E dunque si può star certi che ci proverà con tutte le sue forze. Lo slalom di sabato sarà un grande spettacolo anche per questo.

SLALOM ULTIMO APPELLO: AZZURRI SOTTO PRESSIONE
Arriva il giorno dello slalom speciale uomini, ultima gara dello sci alpino ed ultimo appello per gli azzurri in questa Olimpiade che sta mandando in depressione anche i tifosi più sfegatati: adesso o mai più. L’Italia domani manderà in pista l’emiliano Giuliano Razzoli, eroe padano tra le porte strette, gli altoatesini Manfred Moelgg e Patrick Thaler, oltre al trentino Cristian Deville. Quest’ultimo si è ritrovato in squadra grazie al ritiro forzato per infortunio di Giorgio Rocca che, nei panni del padre nobile e veterano dello slalom, ha fatto gli auguri a tutti. Il clima di attesa è fortissimo, tanto che il ct Claudio Ravetto nella conferenza stampa di presentazione della squadra invita a non parlare delle gare – e delle delusioni – passate. Gli slalomisti non c’entrano e dunque neppure vanno caricati di responsabilità non loro e soprattutto di attese eccessive. Insomma, non bisogna metterli troppo sotto pressione perché l’equilibrio psicotecnico di uno slalomista – per il quale il minimo errore può essere fatale e l’inforcata è sempre in agguato – è delicatissimo. Ed allora si aspetta domani confidando nella bravura e nella saggezza dell’allenatore francese Jacques Theolier, che oltralpe è stato un vero fabbricatore di talenti tra le porte strette, arrivato in Italia solo da pochi mesi. ”Sono stato chiamato proprio per questa gara del 27 febbraio”, dice sereno. E spiega subito la sua filosofia: ”Non complichiamoci le cose con tanti discorsi. Io so solo che la neve è bianca e che noi ci siamo preparati molto bene. Faremo sicuramente bella figura. Basta che i ragazzi in gara si divertano sciando”. Detto così, pare tutto facile. Perché non basta avere materiali buoni, non basta avere un buon allenamento alle spalle, non basta il bel tempo né la pista giusta. Ci vuole quel quid in più che sinora è davvero mancato. A proposito di pista: è la parte finale della Dave Murray, un primo muro seguito da un breve piano e poi il lungo muro finale. ”E’ la pista per noi, assomiglia molto a quella di Zagabria”, dice Ravetto, che ama la concretezza e conosce bene i suoi ragazzi, sa dove rendono meglio e dove rendono meno. Evocare Zagabria non è un caso. Proprio sulla pista nei pressi della capitale croata Razzoli ha vinto poco più di un mese fa e Moelgg è arrivato terzo. I due – conferma Ravetto – sono le nostre punte, capaci di giocarsela ad armi pari con i temutissimi austriaci e con i francesi. Thaler e Deville, invece, possono far bene se imbroccano la giornata giusta. Per Razzoli, classe 1984, campione padano-appenninico di Villa Minuzzo in quel di Reggio Emilia, questo slalom è inoltre molto evocativo. L’esser emiliano richiama subito il suo conterraneo Alberto Tomba, ultimo sciatore italiano a vincere una medaglia olimpica. Fu un argento proprio in slalom speciale, a Lillehammer il 28 febbraio del 1994. Una vita fa. Razzoli aveva 10 anni. E’ ora che finalmente arrivi una nuova medaglia, magari ancora da un emiliano.

I MEDICI CIO ESIGONO PIU’ CONTROLLI ANTIDOPING
I controlli antidoping vanno aumentati in tutto il mondo. La richiesta arriva direttamente dai medici del Cio, che tramite il presidente della Commissione Medica, Arne Ljungqvist, giudicano "insufficienti" i circa 300mila test effettuati ogni anno. Se nel futuro sarà necessario intensificare i controlli, i Giochi di Vancouver sembrano aver superato la prova. In Canada ad esclusione della giocatrice di hockey sul ghiaccio russa, Svetlana Terenteva, che tuttavia sembra abbia assunto solo uno spray nasale contro il raffreddore, non sono stati registrati casi di atleti trovati positivi. Un risultato che lo stesso Ljungqvist giudica come "un’importante passo in avanti da parte delle federazioni nella lotta al doping".

ROGGE, CIO RESPONSABILE MORALE PER MORTE KUMARITASHVILI
Il Cio si assume la ”responsabilità morale” per la morte di Nodar Kumaritashvili, lo slittinista georgiano che ha perso la vita sulla pista di Whistler alle Olimpiadi di Vancouver 2010. Lo dice il presidente del Comitato olimpico internazionale, Jacques Rogge. ”C’è un’ombra sui Giochi, non si può negare”, dice il belga. A Sochi 2014, nelle Olimpiadi in programma tra 4 anni, bisognerà ridurre i rischi legati alla velocità della pista. ”Abbiamo chiesto a Sochi di realizzare una pista sicura. L’incolumità e la sicurezza sono le nostre priorità assolute”, dice Rogge. ”Al di là di tutto, il Cio, con la Federazione internazionale dello slittino e con gli organizzatori, è corresponsabile per l’incidente. Tutti lo siamo. Il progetto della pista compete alla Federazione che è responsabile anche dello svolgimento della gara. Gli organizzatori si occupano della costruzione dell’impianto, il Cio ha la responsabilità morale che non ci siano rischi inutili”, osserva, prima di ipotizzare criteri più selettivi per l’ammissione degli atleti alle gare. ”Esamineremo con attenzione le capacità degli atleti. A volte, loro devono proteggersi da se stessi”, dice ancora Rogge, che attende una relazione finale della Federazione internazionale dello slittino sulla morte di Kumaritashvili. Eventuali provvedimenti del Cio sono legati anche all’esito dell’inchiesta avviata dalle autorità canadesi. La tragedia rimane una macchia indelebile ma non impedisce a Rogge di esprimere soddisfazione per il lavoro degli organizzatori. ”L’ambiente è fantastico, gli atleti sono molto contenti. Così come i comitati olimpici, gli sponsor e le televisioni. Per questo sono soddisfatto anche io”, dice.

 

TOCCA AL LEOPARDO DELLE NEVI. IL SOGNO GHANESE: SENZA SPONSOR, VIVE CON AIUTI GENTE DI WHISTLER
Kwame Nkrumah-Acheampong, 36 anni, africano del Ghana nato a Glasgow e residente a Milton Keynes, nel Buckinghamshire, in Inghilterra, la sua medaglia olimpica l’ha già vinta: a Vancouver, dopo aver sfilato per la prima volta nella storia con la bandiera ghanese ad un’Olimpiade invernale, è diventato l’idolo di Whistler e tutto il paesino candadese sarà con lui quando, domani, diventerà ufficialmente il primo ghanese a scendere in uno slalom speciale a cinque cerchi. Nkrumah-Acheampong, giunto a Whistler il giorno successivo alla cerimonia inaugurale dei Giochi, ha conquistato il villaggio che ospita le prove di sci alpino. Il paesino lo ha praticamente adottato. Anche perché dal punto di vista finanziario l’atleta ghanese ne aveva bisogno: pochi giorni dopo essere arrivato in Canada il suo unico sponsor lo ha mollato e se ne è andato a Vancouver, in città, con la famiglia. Lui è rimasto in montagna ad allenarsi, senza sapere bene come avrebbe fatto a coprire il resto delle spese. ”Ma molta gente di qui mi ha dato spontaneamente una mano – ha detto Nkrumah-Acheampong -. Qui in Canada ho incontrato un surplus d’amore che non mi aspettavo. Ci comprano da mangiare, ce lo portano a casa, ci chiedono se abbiamo bisogno di qualcosa. Il Canada è fantastico”. A Whistler gli hanno prestato lo chalet in cui vive e durante i giorni di avvicinamento allo slalom sono stati sempre più numerosi i tifosi che hanno seguito le sue discese di allenamento. ”Sono cose che fanno bene al cuore. Avere questa attenzione mi ha tolto un po’ di pressione, perché non avrei saputo come fare a pagare le spese. La nostra federazione non ha il budget di quella austriaca”. Datosi allo sci solo sei anni fa, quando aveva 30 anni, Kwame nella vita faceva il portiere d’albergo a Milton Keynes. Ma si è dimostrato così bravo nello slalom da riuscire a conquistare un posto alle Olimpiadi. E un soprannome: the ‘snow leopard’, ‘il leopardo delle nevi’. Cosa significa lo sci per una persona come lei? ”E’ una sfida. Voglio provare me stesso contro le forze della natura”, ha risposto Kwame, il cui obiettivo olimpico è uno solo: ”Arrivare davanti ad altri Paesi che non hanno la neve”. ”Quando sei lassù, in cima alla pista e guardi a valle – ha spiegato -, ogni volta senti che quella discesa è una sfida a te stesso. E’ una sensazione unica e fantastica”. Quanto a Whistler e ai suoi abitanti, Nkrumah-Acheampong ha un solo commento: ”Qui è come essere in paradiso”. Domani, quando si presenterà al cancelletto di partenza, saranno tutti con lui.

SIGARI E ALCOL, CIO INDAGA SU FESTA HOCKEY CANADA
Il Comitato olimpico internazionale ha aperto un’inchiesta sui festeggiamenti ‘estremi’ della Nazionale canadese di hockey che ha vinto l’oro ai Giochi di Vancouver. A quanto pare, le atlete hanno celebrato esibendo sigari e bottiglie di champagne sul ghiaccio, subito dopo il vittoria per 2-0 nella finale con gli Stati Uniti. ”Bere alcol non è ciò che si vuole vedere in un impianto olimpico”, dice Gilbert Felli, direttore esecutivo del Cio. Ma la censura alla bottiglia stappata dopo un podio toglierebbe una parte del gusto della vittoria.

VANCOUVER: GLI AZZURRI IN GARA SABATO E DOMENICA
SABATO 27 FEBBRAIO Sci Alpino – Slalom U – 1/a manche (19.00) – (Cristian Deville, Manfred Moelgg , Giuliano Razzoli, Patrick Thaler). Whistler Creekside. Snowboard – PGS – U – qualificazioni – (19.00) – (Meinhard Erlacher , Roland Fischnaller , Aaron March).Cypress Mountain. Snowboard – PGS – U – eliminatorie – (19.34) – (ev. Meinhard Erlacher , Roland Fischnaller , Aaron March).Cypress Mountain. Sci di Fondo – 30 Km. mass start TC – D – Finale – (20.45) – (formazione da definire). Whistler Olympic Park. Snowboard – PGS – U – ottavi – (21.15) – (ev. Meinhard Erlacher, Roland Fischnaller , Aaron March).Cypress Mountain. Pattinaggio di velocita’ – Staffetta a inseguimento U finale D o C – (21.51/21.57) – (Matteo Anesi, Enrico Fabris, Luca Stefani). Richmond Olympic Oval. Snowboard – PGS – U – quarti – (21.51) – (ev. Meinhard Erlacher, Roland Fischnaller, Aaron March).Cypress Mountain. Bob a 4 – U – 3/a discesa (22.00) – (Simone Bertazzo, Samuele Romanini, Danilo Santarsiero, Mirko Turri). The Whistler Sliding Center. Snowboard – PGS – U – semifinali – (22.09) – (ev. Meinhard Erlacher , Roland Fischnaller , Aaron March). Cypress Mountain. Snowboard – PGS – U – Finale – (22.31) – (ev. Meinhard Erlacher, Roland Fischnaller, Aaron March).Cypress Mountain. Sci Alpino – Slalom U – 2/a manche – Finale – (22.45) – (Cristian Deville, Manfred Moelgg, Giuliano Razzoli, Patrick Thaler). Whistler Creekside. Pattinaggio di velocit… – Staffetta a inseguimento U finale B e A – (22.49/22.55) – (ev. Matteo Anesi, Enrico Fabris, Luca Stefani). Richmond Olympic Oval. Bob a 4 – U – 4/a discesa – Finale – (23.15) – (Simone Bertazzo, Samuele Romanini, Danilo Santarsiero, Mirko Turri). The Whistler Sliding Center. Pattinaggio di Figura – Gala’ – (01.30) – Pacific Coliseum.

DOMENICA 28 FEBBRAIO Sci di fondo – 50 km Mass start Tc – U – (18.30-22.15) – Whistler Olympic Park (formazione da definire).

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