Home FixingFixing “P.I.G.S.” o “G.I.P.S.I.”: sono sempre euro-problem

“P.I.G.S.” o “G.I.P.S.I.”: sono sempre euro-problem

da Redazione

Quanto è alto il rischio d’insolvenza per Portogallo, Italia, Grecia e Spagna, i paesi più indebitati dell’euro, noti con l’acronimo dispregiativo di P.I.G.S., cioè “maiali”. Poi, è arrivata anche l’Irlanda, ed oggi si trova spesso l’altro acronimo G.I.P.S.I.

Come finirà? Recenti esperienze non aiutano: nella crisi valutaria europea del 1992, gli attacchi alle divise “deboli” fecero uscire lira, sterlina, peseta e corona svedese dalle parità fisse. Tuttavia, fu proprio per effetto della conseguente svalutazione che questi paesi riuscirono a sollevarsi dalla recessione. Oggi questa strada non è più percorribile perché il debito degli stati è denominato in euro. Meglio allora confrontarsi con le crisi d’insolvenza dei Paesi emergenti. Per semplificare, si possono catalogare le crisi in tre diverse tipologie: crisi di solvibilità (caratterizzate da un elevato rapporto tra debito estero e Pil, come pure da un elevato rapporto tra debito pubblico verso l’estero ed entrate fiscali); crisi di liquidità, che spesso discendono dalla concentrazione dei rimborsi nel breve termine (e con un elevato rapporto tra necessità di finanziamento a breve, debito a breve e partite correnti, rispetto alle riserve ufficiali); e crisi “macro-tasso di cambio”, precedute dalla caduta verticale della crescita e da un cambio sopravvalutato. Gli indicatori di vulnerabilità per i Gipsi nel 2009 erano preoccupanti, a cominciare dall’Irlanda che presentava problemi di solvibilità, liquidità e recessione con cambio sopravvalutato. Inoltre, il suo debito estero era nove volte il Pil, quello pubblico (sull’estero) era oltre il doppio delle entrate, le riserve della Banca d’Irlanda coprivano solo una 460a parte del debito a breve ed il Pil era sceso del 7,5%. Per una volta, l’Italia è il caso meno grave, anche se va detto che, se valessero per i Gipsi gli stessi criteri che sono stati adottati per giudicare la vulnerabilità dei paesi emergenti, tutti sarebbero da classificare a rischio di default, con una probabilità di crisi pari al 47% nel 2010. Ai Paesi europei, però, i mercati applicano criteri di tolleranza diversi. L’appartenenza all’euro, l’accesso ai mercati finanziari e alle linee di credito intergovernative, l’appartenenza delle banche centrali nazionali all’euro-sistema, l’assenza di recenti episodi di default, sono i fattori che, per ora, meglio spiegano il diverso trattamento. Resta un dubbio: fino a quando?

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