Home NotizieAttualità La guerra (fredda) del gas a breve termine è scongiurata

La guerra (fredda) del gas a breve termine è scongiurata

da Redazione

La Russia punta a ritrovare una nuova egemonia puntando sulle risorse energetiche. La dipendenza dal profondo est sarà attenuata con nuovi gasdotti e rigassificatori. Un quarto degli approvvigionamenti dell’Ue viene da là, con una punta del 100% in Bulgaria. E nel mix della produzione di energia, il gas conta sempre di più.

Abbiamo tirato un po’ tutti un sospiro di sollievo. Gennaio non ci ha portato una nuova “guerra del gas” fra Russia e Ucraina, con il solito codazzo di abitazioni gelide in Bulgaria, guai in Ungheria e preoccupazioni in Italia. I rumori che si sentivano dall’Est, Kyiv o Mosca, erano tuono senza pioggia finale. Ma la possibilità di intemperie non è scongiurata: ha le sue radici nella situazione dell’approvvigionamento energetico europeo, nella politica estera russa e in quella interna dell’Ucraina. L’Europa dipende in misura eccessiva dal gas russo e da quello dell’Asia Centrale, che passa attraverso la rete russa di gasdotti. Un quarto degli approvvigionamenti dell’Unione Europea viene da là, con una punta del 100% in Bulgaria. E nel mix della produzione di energia, il gas conta sempre di più. Nonostante lo sviluppo delle energie dolci, questa fonte non rinnovabile ma abbondante diventa la scelta più frequente di chi vuole diversificare. Praticamente tutte le consegne di gas russo e centrasiatico all’Europa arrivano attraverso l’Ucraina o la Bielorussia. Se succede qualcosa in questi due Paesi, l’approvvigionamento è a rischio. Per due volte, nel 2006 e nel 2009, lo scontro sui prezzi fra Mosca e Kyiv ha creato il caos negli approvvigionamenti dell’Ue e di alcuni Paesi confinanti. La dipendenza sarà attenuata dalla costruzione di nuovi gasdotti: come Nord Stream, sul fondo del Baltico, South Stream che attraverserà il mar Nero e Nabucco che porterà il gas centrasiatico attraverso la Turchia. I primi due schivano l’Ucraina e la Bielorussia, il secondo anche la Russia, sebbene in Georgia il suo tracciato passi a pochi chilometri dalle zone secessioniste presidiate dalle truppe russe. In alternativa ai gasdotti, i Paesi del sud possono attrezzarsi con rigassificatori per ricevere gas liquefatto trasportato per nave. Ma oggi né i gasdotti né i rigassificatori sono completati. La Russia di Putin per parte sua è tornata a farsi sentire nel concerto geopolitico. L’obiettivo a breve termine è costruire una sfera di influenza russa nell’area della vecchia Urss. Mosca intende poi avere buoni rapporti con l’America Latina (a cominciare dal Venezuela di Chávez) e accrescere la propria autorità nell’Unione Europea, conquistando all’impresa para-statale Gazprom la possibilità di distribuire prodotti petroliferi e gas sul territorio europeo. Una tappa importante di tale progettato recupero di influenza è la “riconquista” dell’Ucraina. Quest’ultima dipende in larga misura dalla Russia per i propri consumi energetici, e negli ultimi due anni ha attraversato una gravissima crisi politica ed economica. Le istituzioni statali ucraine funzionano poco e male, impedite fra l’altro dalla contrapposizione fra la populista Julija Tymošenko, capo del governo, e il liberista Viktor JušÄenko, presidente. L’altro campo è guidato da Viktor Janukovyč, già candidato a presidente nel 2004. Tymošenko e Janukovyč, secondo le previsioni, saranno i candidati più votati alle prossime elezioni presidenziali del 17 gennaio, e il secondo dovrebbe poi vincere il ballottaggio. Mentre Tymošenko rappresenta le regioni occidentali del Paese, quelle dove effettivamente si parla ucraino, Janukovyč ha un maggiore séguito nell’Est e in Crimea, dove si parla russo. I tre quarti degli ucraini usano abitualmente il russo nella loro vita quotidiana, e fra questi i due terzi di coloro che si dichiarano di madrelingua ucraina. Ciononostante, il russo non è lingua ufficiale neppure nelle zone dove è parlato dalla quasi totalità. Il Partito delle Regioni di Janukovyč vuole che diventi la seconda lingua ufficiale. Sul piano internazionale, è per una maggiore cooperazione con la Russia, mentre gli avversari inclinano di più verso l’Europa e sopra tutto gli Stati Uniti. Dopo alcuni anni di rapida crescita dell’economia, a partire dal 2008 l’Ucraina si è scontrata con la crisi globale. Le esportazioni si sono imballate perché man mano che il Paese cessa di pagare per il gas i prezzi di favore praticati dalla Russia, la sua industria siderurgica perde competitività. Nell’intero 2009, si stima che il prodotto interno lordo ucraino sia sceso del 14%. Con il 2010 i prezzi del gas sono allineati a quelli che paga l’Europa. È su questo sfondo che bisogna proiettare i ripetuti scontri fra Mosca e Kyiv. Ad ogni inizio anno bisogna ridiscutere il prezzo del gas e quello del trasporto, e per di più l’Ucraina si presenta sistematicamente insolvente verso il fornitore russo. Mosca taglia le forniture, e Kyiv all’istante mette le mani sul gas diretto all’Europa, cosa che può avere come conseguenza il blocco completo delle consegne da parte di Gazprom: visto che il gas comunque ai clienti europei non arriva, Gazprom cessa di pomparlo nella pipeline. Sicché molti, in Europa, si ritrovano al gelo. Non per quest’anno: ma, forse, per il prossimo.

Paolo Brera

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