In questi giorni sono tornate ad aleggiare nell’aria due paroline che da tempo non si pronunciavano sul Titano: sciopero generale.
Due parole tornate prepotentemente a galla alla vigilia delle festività natalizie, all’improvviso, come se con una prova di forza (vera o presunta) il sindacato possa cambiare la realtà, spingere alle corde l’avversario (magari quello vero, la crisi del sistema), ridare slancio alla propria azione, e di conseguenza risolvere magicamente la situazione. Il fatto è che negli ultimi mesi il cambiamento in atto ha già iniziato a mutare la realtà sammarinese: la crisi economica, lo scudo fiscale, il giro di vite in campo finanziario, i rapporti con l’Italia. L’economia del Titano ha subito un colpo durissimo, come ha spiegato il Segretario alle Finanze Gabriele Gatti presentando il Bilancio 2010. E ben poco è stato fatto per cercare di andare oltre all’emergenza. Proprio in questi giorni gli esperti del Fondo Monetario Internazionale hanno “visitato” San Marino. Non una visita di piacere, ma uno screening della finanza e dell’economia della Repubblica. Ed ha fatto appello – tanto per far venire i capelli dritti al sindacato – a fornire più flessibilità ad un mercato del lavoro troppo ingessato per competere con l’Italia e con il resto del mondo. Una maggiore flessibilità, soprattutto per quanto riguarda gli orari di lavoro (che non significa concedere assoluta mano libera agli imprenditori) è lo strumento che è stato chiesto a gran voce dall’ANIS al tavolo tripartito. E a guardare indietro di qualche mese, proprio questo è stato uno dei punti su cui lo stesso tavolo è collassato, dando la certezza che la mediazione messa in campo non poteva che essere al ribasso. Poi oggi – fra l’altro proprio nei giorni del San Marino Forum, uno dei pochi momenti in cui si è provato a fare un discorso serio e a più ampio respiro – si è tornato a parlare di sciopero generale. È la vecchia logica della rivendicazione, l’unica strada che viene seguita quando proprio non si riesce a fare proposte. Gli imprenditori vogliono salvare le proprie aziende, e con esse i posti di lavoro. È per questo che chiedono di lasciare da parte i proclami e gli slogan e invocano concretezza. Servono risorse finanziarie vere per il rilancio del sistema, per gli ammortizzatori sociali, per il mantenimento e la creazione di posti lavoro, insomma, per far crescere la competitività delle imprese. E poi se gli imprenditori ritengono inconcepibile, irresponsabile, proprio oggi pensare di aumentare il costo del lavoro – perché di fatto è di questo che si parla – con che coraggio qualcuno può alzare la mano e dire che non hanno ragione?
Loris Pironi